Alla caccia delle azioni italiane «SuperToro»
Perché le partecipate statali italiane potrebbero ancora sorprendere
Il nuovo piano di Giancarlo Giorgetti scatena il rally delle “quotate di Stato”
In queste settimane l’attenzione del mercato italiano si è spostata con decisione sulle cosiddette “quotate di Stato”: quelle società, spesso controllate in parte dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) o da soggetti pubblici quali la Cassa Depositi e Prestiti (CDP), che operano in settori strategici del Paese (energia, infrastrutture, servizi postali, difesa). Il motivo del riflettore puntato su questi asset ha un nome: “SuperToro”. Così sono state classificate quelle aziende che hanno fatto registrare performance straordinarie in Borsa e che, secondo analisti e commentatori, hanno ancora margine per ulteriori progressi.
Il perno di questo rinnovato interesse è il ministro Giorgetti che ha delineato un orizzonte di «riordino delle partecipazioni dello Stato», non semplicemente nell’ottica delle privatizzazioni tout court, ma come leva industriale, di crescita e valorizzazione. Questo quadro ha dato nuovo slancio ai titoli delle maggiori partecipate, richiamando l’attenzione di investitori istituzionali e retail.

Le performance recenti
Le società quotate controllate o partecipate dallo Stato italiano hanno vissuto negli ultimi anni una vera e propria stagione d’oro: secondo una ricostruzione aggiornata, il valore aggregato della capitalizzazione delle principali nove aziende ha guadagnato circa +75 % tra ottobre 2022 e ottobre 2025, passando da circa 154 miliardi a 271 miliardi. Il ritorno totale medio (TSR, cioè la somma di rendimento + dividendi) si attesta intorno al +219 %. Tra i protagonisti: Leonardo S.p.A. (+549%), Fincantieri S.p.A. (+491%) e anche Enel S.p.A. che da sola rappresenta una delle maggiori componenti del portafoglio delle partecipate.
In parallelo, un report aggiornato segnalava che al 1º luglio 2025 le 13 società partecipate quotate rappresentavano circa il 28,5 % della capitalizzazione totale del listino italiano.
Questi numeri raccontano due cose: primo, che il riassetto del “modello partecipate” ha generato valore; secondo, che il potenziale di crescita sembra non esaurito.
Nel novero delle società segnalate come “quotate di Stato che possono salire ancora” emergono alcuni nomi con forza e caratteristiche interessanti:
Enel: regina delle partecipate, con una capitalizzazione che pesa oltre il 9 % del listino. La quota dello Stato (via CDP) è modesta rispetto al totale, ma il titolo resta al centro delle attenzioni per la leadership nel settore energia e transizione ecologica.
Poste Italiane: altra protagonista, grazie alla capillarità territoriale, al risparmio postale e alla trasformazione digitale in corso. Il ministro ha più volte evidenziato il ruolo sociale della società, come presidio nelle aree “abbandonate” dalle banche.
Eni, Terna, Snam, Italgas, STMicroelectronics, Leonardo: tutti titoli che beneficiano della dimensione strategica nazionale, di trend favorevoli (transizione energetica, difesa, semiconduttori) e di una visibilità copiosa da parte degli analisti.
Interesse politico-istituzionale: lo Stato via MEF/CDP ha dichiarato che non vuole semplicemente privatizzare per raccogliere cassa, ma valorizzare gli asset industriali, aumentare il loro rilievo strategico e una gestione più efficiente.

Miglioramento dei conti e crescita settoriale: molte di queste società operano in settori che beneficiano della transizione energetica, della digitalizzazione, dell’economia della difesa e delle infrastrutture. Ciò significa che crescita e margini possono migliorare.
Rapporto risk/reward favorevole: dato che la fase di rilancio è già iniziata, per molti titoli il mercato valuta che buona parte dei rischi principali (governance, indebitamento, citazioni negative) sia stata “scoperta”. L’idea è che la risalita possa avere ancora margini.
Effetti di rotazione del portafoglio: gli investitori globali cercano asset “value” in Europa, e le partecipate italiane stanno emergendo come alternative interessanti, in contesti dove crescita globale è debole.
Calendario degli eventi e visibilità: la possibilità di cambiamenti regolatori, piani industriali nazionali e IPO o aumento di flottante possono generare “punti di svolta” utili.
La stagione delle partecipate statali in Borsa italiana non è stata sempre brillante. Negli anni precedenti la pandemia c’erano aziende in difficoltà, progetti industriali sospesi, indebitamenti elevati. Le analisi sui bilanci delle partecipate 2017-2021 avevano evidenziato margini sotto pressione, debiti elevati, performance differenziata per azienda.
Il passaggio a una fase di rilancio è iniziato con la combinazione di diverse mosse: privatizzazioni parziali, maggiore trasparenza, governance più efficiente, strategia industriale focalizzata su crescita e infrastrutture. Il recente “boom” riflette in parte il recupero di questo ritardo, ma anche un contesto internazionale che ha premiato asset “strategici”.

Le partecipate diventano ora protagoniste
La narrazione che le partecipate dello Stato siano “pezzi di un debito pubblico” da privatizzare è superata. Quel che si vede oggi è un cambiamento di paradigma: sono diventate aziende che possono generare valore privato e pubblico, che possono dare ritorno agli azionisti (Stato incluso) e contribuire a una strategia economica nazionale.
Le “quotate di Stato che possono salire ancora” sono, in questo senso, una delle storie più significative del 2025 per l’investitore italiano. Non sono un investimento facile, né senza rischi; ma hanno alle spalle asset, visibilità, e dimensioni importanti.
Chi decide di puntarci lo fa con consapevolezza: non è un titolo “pop” da cavalcare domani, ma un pezzo di un mosaico più ampio che vede l’Italia, il suo sistema economico, le sue infrastrutture e i suoi servizi rimettersi in gioco.
E se davvero la chiameremo “SuperToro”, sarà perché quel toro riuscirà a caricare ancora. Ma per cavalcarlo serve sella, tempo e occhi aperti.
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