“Rivoluzione in aula: come cambia l’Esame di Stato (o meglio, l’Esame di Maturità)
Colloquio obbligatorio, nuovo nome e valutazione a 360 gradi
Il governo annuncia una riforma radicale della prova finale del ciclo superiore: dal prossimo anno non sarà più solo un esame sulle discipline, ma una verifica della “maturità” e del percorso formativo dello studente.
Una svolta che scuote il mondo della scuola italiana: il dossier presentato dal Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito, mette in campo una riforma dell’esame finale delle scuole superiori che punta a ridisegnare non solo il format, ma anche la finalità dell’istituzione d’esame. L’intento è dichiarato: «Basta con l’esame di Stato troppo freddo, riportiamo la maturità al centro del ciclo scolastico».
Il cambio non riguarda solo il nome — si torna all’etichetta storica di Esame di Maturità — ma anche la struttura: il colloquio orale diventerà obbligatorio, la prova sarà più multidisciplinare e mirata a valutare la persona oltre che la conoscenza, e la sanzione per chi boicotta sarà la bocciatura.
A dare il via alla riforma è stato un decreto, atteso dal Consiglio dei Ministri, che fissa tempi e modalità per attuare le modifiche a partire già dal ciclo 2025‑26.

Denominazione: Il termine “Esame di Stato” verrà gradualmente abbandonato e sostituito da “Esame di Maturità”. La motivazione ufficiale: l’espressione precedente era «troppo fredda» e non rappresentava pienamente un passaggio formativo centrato sulla crescita dello studente.
Colloquio orale obbligatorio: Una delle novità più significative è che il colloquio orale non sarà più opzionale o poco rilevante: chi non parteciperà – salvo motivi seriamente giustificati – rischierà la bocciatura. Un’assoluta novità che spinge verso un esame “totalizzante”.
Colloquio multidisciplinare e percorso personale: Il colloquio cambierà forma: non solo domande sulle singole discipline dell’ultimo anno, ma una vera e propria prova che tiene conto del percorso scolastico, delle esperienze di alternanza scuola‑lavoro (PCTO), dell’educazione civica, delle competenze trasversali, dell’autonomia e della consapevolezza dello studente.
Ambito rigoroso contro il boicottaggio: La riforma risponde anche a episodi recenti in cui studenti, spronati anche da motivazioni legate alla protesta o al disagio, hanno deciso di non sostenere l’orale pur avendo i crediti necessari per essere promossi. Ora, questo non sarà più tollerato: “Chi boicotta l’orale sarà bocciato”, ha ribadito il ministro.
Prove scritte e struttura essenziale invariata, ma con modifiche: Non saltano le prove scritte — si prevede che restino almeno la prima prova di italiano e una seconda prova di indirizzo — ma l’intero sistema si focalizzerà maggiormente sulla valutazione del percorso.
Contesti di transizione: L’anno 2025 rappresenta una fase di transizione: l’esame tradizionale si terrà ancora (con le modalità note), ma già per il 2026 sono previste le nuove regole adottive pienamente.
Negli ultimi anni, molte riflessioni e critiche si sono accumulate intorno all’esame finale superiore in Italia. Alcuni temi ricorrenti: l’esame viene percepito più come rito burocratico che vera verifica della maturazione dello studente; casi di studenti che hanno conquistato il diploma senza sostenere l’orale o con un orale poco significativo; un divario tra competenze acquisite e valutazione finale; e la crescente esigenza di far emergere competenze trasversali e cittadinanza attiva.

In particolare, l’osservazione del ministro Valditara è che l’esame deve tornare a essere un passaggio simbolico e formativo: «La scuola non è solo imparare discipline, è formarsi come persona adulta, autonoma e responsabile».
Gli episodi citati del “boicottaggio” degli orali da parte di alcuni studenti in Veneto e Toscana hanno accelerato la decisione: se anche pochi, tali fenomeni sono visti come sintomatici di un malessere più ampio nel sistema scolastico.
In aggiunta, c’è un contesto internazionale e comparativo: molti Paesi europei — e non solo — stanno rivedendo gli esami finali per renderli meno “strumentali” e più integrati nel percorso educativo. In Italia si sente quindi l’urgenza di non restare “appesi” ad un esame che non rispecchi pienamente le esigenze del XXI secolo.
La riforma ha suscitato un mix di attese, speranze e preoccupazioni. Tra gli studenti e le famiglie c’è curiosità per un modello che promette “meno stress” da prova finale, ma anche timore per una maggiore rigidità nell’orale.
Una delle critiche più articolate sostiene che la scuola avrebbe bisogno più di risorse e supporti (didattici, psicologici, infrastrutturali) che di ulteriore “pressione” valutativa, e che la riforma rischia di concentrare sull’esame un peso che dovrebbe essere distribuito durante l’intero triennio.
Il ruolo dell’orale
L’orale dell’esame di maturità ha spesso costituito il momento più temuto dagli studenti: entrare nella commissione, sostenere un colloquio che non sempre rispecchiava il proprio percorso, e chiudere un capitolo scolastico. Ora quel momento viene valorizzato e reso obbligatorio, con l’intento di trasformarlo in una vera e verifica della maturazione individuale.
Un aspetto significativo: il colloquio non sarà più una semplice “interrogazione finale”, ma si arricchisce di elementi: l’autovalutazione dello studente, la presentazione dei percorsi svolti (alternanza scuola‑lavoro, progetti, esperienze extracurriculari), un confronto con la commissione su competenze trasversali e orientamento futuro.
Per lo studente significa che la preparazione non può limitarsi al ripasso disciplinare dell’ultimo anno, ma dovrà essere costante nei tre anni del biennio. Le scuole, a loro volta, dovranno supportare l’esperienza formativa integrata, per evitare che il “cosa cambi all’orale” resti solo una formula.
La decisione di sanzionare chi non partecipa all’orale appare come risposta a occasionali episodi di protesta, ma solleva interrogativi sul come distinguere tra chi rifiuta per scelta, chi non partecipa per fragilità psicologica o per mancata preparazione. È un tema che scuole e associazioni studentesche continuano a sottolineare: serve accompagnamento, non solo coercizione.
La speranza del ministero è di ottenere una scuola che «non limiti la sua azione alla preparazione disciplinare, ma educhi al pensiero critico, alla cittadinanza, all’autonomia responsabile».
Tuttavia, per rendere concreta una riforma di tale portata serviranno tempo, risorse e una gestione attenta per evitare che la transizione generi caos: dalla definizione dei criteri di valutazione, alla formazione delle commissioni, alla comunicazione verso le famiglie e gli studenti.
Per la sessione 2025 dell’esame (che ancora segue le regole tradizionali) sono circa 524.415 gli studenti coinvolti. Di questi, oltre 268.000 provengono dai licei, circa 169.000 dagli istituti tecnici e 86.000 dagli istituti professionali.
Questo significa che qualsiasi modifica interessa una platea ampia e diversificata: scuole urbane e rurali, studenti con percorsi differenti, contesti territoriali molto vari. Spetta quindi al sistema scolastico nazionale accompagnare la transizione con equità e supporto.
Criticità
- Rischio “due velocità”: è prevedibile un divario tra scuole con più risorse e quelle messe in difficoltà, che potrebbe amplificarsi se la valutazione pone peso sulle esperienze extracurriculari o sulle opportunità di alternanza scuola‑lavoro.
- Ansia da prestazione: rendere l’orale obbligatorio e punire chi non partecipa può generare stress aggiuntivo in una fascia di studenti che vive già un momento delicato tra fine ciclo e orientamento.
- Formazione e uniformità delle valutazioni: le commissioni dovranno essere capaci di valutare non solo contenuti disciplinari, ma percorsi formativi e trasversali. Serve coerenza nazionale nelle griglie di valutazione.
- Comunicazione e trasparenza: studenti e famiglie devono sapere chiaramente cosa si intende per “maturazione”, come verrà misurata e quali criteri verranno applicati.
- Supporto alle scuole: occorre investire in formazione docente, strumenti didattici, ambienti di apprendimento che valorizzino competenze e orientamento, non solo memoria e ripetizione.

La riforma dell’esame finale delle scuole superiori in Italia rappresenta un momento significativo: più che cambiare una prova, si intende cambiare la visione dell’istruzione superiore, passando da una logica dell’apprendimento disciplinare alla dimensione della formazione integrale della persona.
Per gli studenti l’invito è chiaro: prepararsi non solo per un esame, ma per un momento di passaggio. Per i docenti e le istituzioni, la sfida è accompagnare quel passaggio con strumenti, criteri e fiducia.
Che l’Esame di Maturità – nuovo o rivisto – diventi davvero un “rito” di crescita e non solo un atto burocratico, dipenderà dalla capacità del sistema scolastico di tenere insieme rigore, equità e visione formativa.
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