10:22 am, 30 Ottobre 25 calendario

Nuove frontiere per la tutela del lavoro con il decreto «tutela e sicurezza»

Di: Redazione Metrotoday
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Nel quadro della legislazione italiana sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro si apre una nuova, decisiva pagina. Con il recente varo del decreto‑legge sul lavoro e sulla sicurezza — promosso dal governo e approvato dal Consiglio dei Ministri — vengono introdotte novità rilevanti su più fronti: controlli più stringenti, adempimenti rafforzati, strumenti digitali, incentivi per le imprese e tutele estese per i lavoratori e i loro familiari.

Il provvedimento non si limita a un aggiornamento tecnico, ma ambisce — secondo le intenzioni ufficiali — a una svolta culturale nella prevenzione, nella formazione e nella responsabilità delle imprese.

Permane l’emergenza sicurezza

Non è un caso che il decreto arrivi proprio ora. Negli ultimi anni, l’Italia ha registrato numeri che continuano a provocare allarme: gli infortuni su lavoro e le cosiddette “morti bianche” sono rimasti una voce drammatica nel bilancio delle condizioni del mondo produttivo. Accanto a ciò, le segnalazioni di imprese che operano in subappalto, con condizioni di sicurezza ridotte, e un sistema di vigilanza che talvolta mostra limiti, hanno sollecitato un intervento legislativo.

Nel contempo, è cambiata la natura del lavoro: maggiore incidenza dello smart‑working, più flessibilità, e la frequentazione da parte di studenti in alternanza scuola‑lavoro di ambienti produttivi che necessitano di regole precise. Il decreto si colloca dunque in un momento in cui la tradizionale normativa andava adeguata alle nuove condizioni operative e ai mutati rischi.

Il palinsesto normativo della sicurezza sul lavoro in Italia ha una lunga storia. Il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, noto come “Testo Unico” sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, è stata la pietra miliare delle norme vigenti fino ad oggi.

Tuttavia, nel corso degli anni, si è capito che non bastava aggiornare le norme: serviva una riflessione più ampia sulla cultura della prevenzione, la formazione, l’uso delle tecnologie, la tracciabilità e la responsabilità dei soggetti coinvolti (datori di lavoro, dirigenti, preposti, lavoratori).

Il nuovo decreto si inserisce in questo percorso: non è un semplice emendamento tecnico, ma un passo verso una “gestione integrata” della sicurezza. Tra le norme recenti che già preparavano il terreno, figurano quelle che hanno richiesto una revisione del Documento di Valutazione dei Rischi, l’estensione del concetto di rischio anche alle molestie, lo sviluppo della formazione obbligatoria per figure chiave.

Ecco i punti di maggiore rilievo del provvedimento, che meritano attenzione sia da parte delle imprese sia da parte dei lavoratori:

Incentivi e premialità per chi investe in sicurezza

Le imprese che adottano modelli organizzativi più avanzati, sistemi di gestione della sicurezza sul lavoro (SGSL) e partecipano a programmi di formazione strutturati potranno accedere a incentivi dedicati. Questo mira a trasformare la sicurezza da costo obbligato a investimento strategico.

Inoltre, vi è un fondo destinato alle misure di tutela per i familiari dei lavoratori deceduti in servizio: borse di studio annuali, indennizzi aggiornati, estensione della copertura assicurativa, a testimoniare che la tutela non si esaurisce con la norma, ma si estende alla ricaduta sociale.

Controlli più severi e strumenti digitali

Sono state potenziate le attività ispettive: in particolare nel caso di subappalto e appalto, dove il rischio che la catena dei lavori generi condizioni di maggiore vulnerabilità è rilevante.

Fra le misure digitali figura l’uso della tessera digitale obbligatoria nei cantieri (badge con codice univoco, fotografia, generalità del lavoratore, data assunzione e datore di lavoro), l’integrazione con la piattaforma nazionale di inclusione sociale e lavorativa (SIISL) e la maggiore tracciabilità delle competenze e dei corsi obbligatori.

Questo passaggio rappresenta una novità di rilievo, perché introduce una maggiore trasparenza e monitoraggio continuo della formazione e della presenza lavorativa nei contesti critici.

Nuovi adempimenti formativi e ampliamento del concetto di rischio

Il decreto prevede che le attività formative per figure chiave (preposti, dirigenti, addetti alla sicurezza) siano più selettive e obbligatorie in presenza. Si va verso l’obbligo del badge formativo e l’integrazione nel DVR delle nuove dimensioni del rischio: non solo fisico, ma anche psicologico, da molestie, da stress lavoro‑correlato, da smart‑working.

Le imprese dovranno adeguare i loro documenti di valutazione dei rischi non solo in funzione di macchine e attrezzature, ma anche di condizioni organizzative, modalità flessibili di lavoro, percorsi di alternanza scuola‑lavoro.

Tutele estese a studenti, docenti e percorsi PCTO

Un aspetto che non sempre emerge in prima battuta è che il decreto dedica attenzione anche ai giovani che svolgono alternanza scuola‑lavoro (PCTO) e ai percorsi formativi sul lavoro: le imprese che ospitano studenti dovranno garantire una copertura assicurativa appropriata, evitare attività ad alto rischio e assicurare che percorsi formativi non diventino contesti di pericolo mascherato da esperienza.

È un passo importante perché riconosce il confine sottile tra formazione e lavoro e mette la tutela del minore in primo piano.

Sfide operative

Da un lato, l’adozione sistematica delle misure contenute nel decreto dovrebbe portare a una riduzione degli incidenti, una migliore cultura della sicurezza, minor ricorso al lavoro irregolare e una più forte responsabilità degli attori produttivi. Le imprese che investiranno sulla prevenzione potranno ridurre costi legati a infortuni, sanzioni e interruzioni di produzione. I lavoratori, dal canto loro, beneficeranno di ambienti più sicuri e tutele più solide.

Dall’altro lato, le sfide non mancano. Le imprese di piccola dimensione, spesso con risorse limitate, rischiano di trovarsi in difficoltà a sostenere l’onere degli adempimenti e della formazione. Il rischio che si generino “due velocità” tra imprese grandi e strutturate e realtà micro o artigiane è reale. Inoltre, occorre tempo perché la cultura della sicurezza si diffonda pienamente e perché gli strumenti digitali trovino piena operatività e interoperabilità.

Un altro nodo è la formazione: richiedere corsi in presenza e badge digitali non basta se la qualità della formazione non è adeguata e se non viene valutata l’efficacia di quanto insegnato. Analogamente, la sorveglianza ispettiva deve essere rafforzata con organici e strumenti adeguati per evitare che le nuove disposizioni restino lettera morta.

Storie reali

Un’impresa edile di medie dimensioni in cui il subappalto era diventato una fonte di rischio: lavoratori non sempre adeguatamente formati, badge cartacei facili da contraffare, controlli saltuari. Con l’introduzione della tessera digitale obbligatoria e della tracciabilità dei contratti, l’azienda ha annunciato di voler adottare anche un registro digitale delle presenze nei cantieri e un sistema di formazione continua per i preposti. Il decreto dà un orizzonte giuridico e normativo a questi passi che molte imprese stavano già intraprendendo.

Un altro caso: una studentessa che svolge alternanza scuola‑lavoro in un laboratorio industriale. In passato aveva lamentato che non le era stato spiegato bene il rischio e che la convenzione prevedeva attività “non rischiose” sulla carta ma che in realtà comportavano macchinari non presidiati. Con la nuova normativa, l’impresa ospitante dovrà dichiarare che le attività non sono ad alto rischio, e la scuola dovrà verificare che la copertura assicurativa sia integrata anche per il tragitto casa‑lavoro. Questo tipo di garanzia estesa è una novità positiva nella tutela dei minori che entrano nella dimensione lavorativa.

Per le piccole e medie imprese (PMI) il decreto rappresenta un’occasione ma anche un momento di impegno.

Opportunità: partecipare ai programmi di incentivo può portare a un rafforzamento della competitività interna, a una riduzione degli incidenti e delle sanzioni, a valorizzazione interna dei dipendenti che vedono la sicurezza come valore e non solo come obbligo.

Adempimenti: è necessario aggiornare il DVR, organizzare modalità formative in presenza, dotarsi del sistema di badge digitale (nei casi previsti), assicurare la tracciabilità della formazione, monitorare i subappalti e le catene produttive, garantire copertura anche per studenti in PCTO, adeguarsi agli strumenti digitali di vigilanza.

Le imprese che non si adegueranno rischiano non solo sanzioni maggiorate, ma anche una perdita di reputazione interna ed esterna: sempre più spesso le politiche di sicurezza diventano parte integrante dei requisiti di affidamento nei bandi e nelle catene di fornitura.

Il decreto segna un punto di svolta, ma solo se sarà applicato con rigore e accompagnato da una cultura diffusa della prevenzione. Alcune sfide restano aperte: misurare l’efficacia della formazione, evitare che gli strumenti digitali diventino “carta digitale” senza sostanza, risolvere le disuguaglianze tra imprese per dimensione e risorse, integrare il nuovo contesto del lavoro flessibile e dello smart working con i rischi specifici che ne derivano.

Inoltre, l’efficacia dipenderà molto dalla rapidità con cui saranno emanati i decreti attuativi, dalle risorse che saranno assegnate alle attività ispettive, dalla interoperabilità dei sistemi informativi e dalla capacità delle imprese di fare sistema con fornitori, lavoratori, scuola e istituzioni.

Il decreto sulla sicurezza del lavoro rappresenta un momento importante: mette al centro non solo la norma, ma la responsabilità condivisa, la trasparenza, la formazione, la digitalizzazione, la tutela sociale. Per le imprese significa un banco di prova: adeguarsi non più per scelta o convenienza, ma per obbligo e sostenibilità del modello stesso di business. Per i lavoratori significa potersi aspettare un ambiente di lavoro più protetto, non solo fisicamente ma anche sotto il profilo psicologico e organizzativo.

30 Ottobre 2025 ( modificato il 29 Ottobre 2025 | 23:29 )
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