Muore in moto a 18 anni Evan Oscar Delogu, fratello di Andrea Delogu
Un pomeriggio qualunque, una strada tranquilla sul litorale riminese, un’uscita in sella alla moto: tutto normale finché, in pochi istanti, la corsa si è trasformata in tragedia. A perdere la vita è stato Evan Oscar Delogu, appena 18 anni, figlio di Walter Delogu e fratello della nota conduttrice, attrice e autrice Andrea Delogu. L’incidente è avvenuto mercoledì 29 ottobre 2025, intorno alle 15.40, lungo via Vittor Pisani a Bellaria-Igea Marina.
La dinamica dell’incidente
Stando alle prime ricostruzioni della polizia locale, il giovane stava guidando la sua moto — una Benelli 750 — in un tratto rettilineo e solitamente poco critico della via Vittor Pisani, che costeggia un parco cittadino.
Per ragioni ancora da accertare, ha perso il controllo del mezzo, schiantandosi contro un palo della luce e, subito dopo, contro un secondo palo al margine della carreggiata.
I soccorsi del 118 sono intervenuti tempestivamente, ma ogni tentativo di rianimazione è risultato vano: Evan è morto sul colpo.
Il sindaco di Bellaria-Igea Marina, Filippo Giorgetti, ha definito la vicenda «un disastro» e ha descritto quel tratto come «una strada liscia, dritta, senza innesti laterali, apparentemente senza insidie» — proprio per questo motivo la tragedia appare tanto più incomprensibile.

La notizia ha rapidamente varcato i confini locali, toccando il mondo dello spettacolo e i social network. Il padre, Walter Delogu, ha affidato al web un messaggio struggente: «Il cuore a volte batte anche se è morto… Grazie a tutti per la vostra vicinanza… Voglio che si ricordi così il nostro bambino… Addio Evan… Il tuo papà e la tua mamma».
Per Andrea Delogu, per la sua famiglia, è un dolore improvviso che non lascia tempo ai preparativi: nella costante esposizione mediatica della sorella — nota al pubblico per impegni televisivi e radios, tra cui la partecipazione recentemente al programma “Ballando con le stelle” — la tragedia richiama la dimensione privata e intima del lutto. Nei giorni precedenti l’incidente, Andrea aveva pubblicato un post affettuoso per Evan: «Mio fratello è il più bello del mondo… Punto. Rimini e moto e pure mamma in moto».
Non emerge un ritratto completo del giovane, ma le tracce nei messaggi e nelle testimonianze lasciano intravedere un ragazzo solare, appassionato di moto e di vita in libertà. Il padre è noto per essere stato per molti anni l’autista di Vincenzo Muccioli e alla Comunità di San Patrignano: una vita vissuta a contatto con storie forti e impegnative, dunque quella di Evan si inserisce in un contesto familiare non banale.
La moto, una Benelli 750, denota una scelta di mezzo non banale per un ragazzo che aveva appena compiuto 18 anni: segno di una passione che andava oltre lo scooter e la semplice mobilità quotidiana.
La morte di Evan richiama purtroppo un fenomeno ricorrente: i giovani, le due ruote, il desiderio di autonomia e velocità, e la fatalità che può scattare quando un attimo diventa decisivo. Il tratto di strada su cui è avvenuto l’incidente, descritto come rettilineo e apparentemente sicuro, segnala come anche luoghi «tranquilli» possano trasformarsi in scenario di tragedia quando intervengono perdita di controllo, velocità, forse distrazione o condizioni impercettibili ma letali.
Secondo i dati nazionali sugli incidenti stradali, il rischio dei conducenti under 25 è significativamente superiore alla media, specialmente su moto e scooter: la combinazione età-mezzo-contesto rappresenta un fattore di fragilità. In questo caso specifico, non risultano coinvolti altri veicoli, dunque l’ipotesi più accreditata è la perdita autonoma di controllo. Un dato che impone una riflessione sullo stato delle strade, sulla formazione dei giovani motociclisti, sul ruolo del casco (nel caso era indossato) e — più in generale — sul rapporto tra desiderio di espressione giovanile e consapevolezza del rischio.
Visibilità mediatica
Quando a essere travolto dalla tragedia è il familiare di una figura pubblica, come nel caso di Andrea Delogu, la dimensione privata del lutto si mescola – inevitabilmente – con l’attenzione mediatica. La famiglia Delogu si trova dunque a piangere un ragazzo come chiunque altro, ma con una visibilità che non consente l’anonimato. Questo genera un doppio strato di dolore: quello personale, e quello esposto al pubblico.
La scelta di Walter di condividere un messaggio pubblico segnala un desiderio di trasparenza ma anche di commemorazione: «Voglio che si ricordi così il nostro bambino» — affermazione che va oltre la cronaca per diventare un invito a conservare il ricordo, a dare un nome, un volto, una storia. In un contesto dove spesso le vittime di incidenti stradali sono numeri anonimi, la personalizzazione del lutto richiama l’urgenza di non dimenticare.

La notizia ha scosso la comunità di Bellaria-Igea Marina, che si è stretta attorno alla famiglia. Il sindaco ha espresso affetto e sconcerto; gli operatori della polizia locale hanno avviato il dossier tecnico. Ma oltre alla burocrazia dei rilievi e del sequestro della moto — previsto come da prassi — resta il bisogno di memoria, di sostegno, di riflessione. Per la famiglia, per gli amici, per tutti i giovani che prendono in mano una moto e entrano nell’asfalto con una fiducia che dovrebbe essere accompagnata dalla prudenza.

La morte di Evan è un grido. Perché la vita a 18 anni è un futuro che non si tocca, un sogno che si ferma. Il ricordo — come ha chiesto Walter — deve essere «così»: un ragazzo, un fratello, un figlio, un sorriso. Il resto rimane da scrivere
In un Paese che conta troppe morti sui veicoli a due ruote, ogni storia come questa dovrebbe spingere alla prevenzione, all’educazione, all’assunzione di responsabilità — collettiva e individuale. La moto non è solo libertà: è anche responsabilità, attenzione, consapevolezza. Evan lo sapeva, amava quello che faceva. Ma l’attimo è bastato a spegnere tutto.
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