6:50 pm, 30 Ottobre 25 calendario

L’European Central Bank mantiene i tassi al 2%: “Prospettive incerte”, pur restando in buona posizione

Di: Redazione Metrotoday
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Per la terza riunione consecutiva, il consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ha deciso di lasciare invariati i tassi di interesse chiave: il tasso sui depositi resta al 2,00 %, quello sulle operazioni di rifinanziamento a 2,15 % e il tasso di sconto a 2,40 %.

Nel comunicato ufficiale e nella conferenza stampa successiva, la presidente Christine Lagarde ha sottolineato che la politica monetaria è in una “buona posizione”, ma ha tenuto a precisare che non si può parlare di un posizionamento fisso: “Saremo pronti a intervenire”, ha affermato.

L’azione della BCE si inserisce in un contesto complesso, segnato da due fattori principali: da una parte la stabilizzazione dell’inflazione attorno all’obiettivo del 2 %; dall’altra la continua incertezza sull’andamento economico e sui fattori esterni.

L’inflazione nell’area euro ha registrato nel mese di settembre un tasso di crescita su base annua pari al 2,2 %, in aumento rispetto al 2,0 % di agosto. L’inflazione al netto di alimentari ed energia si è attestata al 2,4 %.

L’economia ha mostrato una certa tenuta: nel terzo trimestre del 2025 il Pil dell’Eurozona è cresciuto dello 0,2 % rispetto al trimestre precedente e dell’1,3 % su base annua.

Tuttavia, la BCE segnala che il quadro resta segnato da rischi: la debolezza della domanda esterna, le tensioni commerciali globali, la guerra in Ucraina, la forza dell’euro e i costi dell’energia sono tutti elementi che potrebbero indebolire la ripresa”.

Infine, la BCE ribadisce la propria indipendenza e la scelta di un approccio “meeting by meeting”, senza pre-impegno su un percorso futuro dei tassi.

La lunga marcia verso il 2 %

Per capire appieno la scelta della BCE odierna, è importante ricordare il cammino che ha condotto la politica monetaria europea fino a questo punto.

Negli ultimi anni l’area euro ha affrontato due grandi shock: la pandemia di Covid‑19 e la crisi energetica correlata all’invasione russa dell’Ucraina. Negli anni 2021‑2022 l’inflazione nell’Eurozona ha toccato livelli a doppia cifra, costringendo la BCE ad un ciclo di tighten­ing (aumento dei tassi) senza precedenti nel dopoguerra.

Poi, a partire da metà 2024, la BCE ha iniziato una fase di riduzione dei tassi (“easing”) che ha visto un complessivo calo di circa 2 punti percentuali nel tasso sui depositi fra giugno 2024 e giugno 2025.

In quella fase la BCE aveva già fatto esplicita menzione che il prossimo obiettivo era stabilizzare l’inflazione attorno all’obiettivo e che “il ciclo potrebbe essere vicino al termine”.

Via a possibili aggiustamenti

L’odierna decisione della BCE – tassi fermi al 2 % – invia diversi segnali al mercato e all’opinione pubblica.

Segnale di tranquillità: la stabilità dei tassi indica che la BCE ritiene, almeno per il momento, che l’equilibrio raggiunto sia sostenibile. Con l’inflazione vicina all’obiettivo e l’economia ancora in crescita, non vi sono pressioni immediate per nuove manovre.

Riconoscimento dei rischi: tuttavia, non c’è alcun autocompiacimento. Il comunicato stesso indica chiaramente che l’outlook resta incerto e che la ripresa potrebbe essere frenata da fattori esterni.

L’approccio “data‑dependent” segnala che la BCE non si muoverà per inerzia, ma solo in risposta a nuovi dati economici. Il mercato interpreta la decisione come una pausa più che come una conclusione definitiva del ciclo. In effetti, secondo un recente sondaggio Reuters, una buona parte di economisti prevede che i tassi resteranno fermi fino al 2026.

Possibile “opzione per il taglio”: benché la BCE non abbia annunciato un taglio imminente, alcuni segnali suggeriscono che se l’economia dovesse indebolirsi sensibilmente o l’inflazione sottoperformasse, un taglio non è escluso.

Impatti su famiglie, imprese e mercati

La decisione della BCE ha ripercussioni concrete su vari attori economici:

Famiglie: i tassi fermi al 2 % mantengono stabile il costo del credito per mutui e prestiti bancari. Se da una parte ciò riduce la pressione immediata sui bilanci domestici, dall’altra significa che non si beneficia di nuovi sconti monetari.

Imprese: le imprese vedono condizioni di finanziamento che restano “moderate”, ma l’assenza di ulteriore riduzione dei tassi riduce il margine di manovra per chi contava su un allentamento. Le imprese esportatrici in particolare osservano con attenzione le dinamiche dei cambi e dei costi esterni.

Mercati finanziari: l’euro ha registrato un lieve indebolimento dopo la decisione, segnale che i mercati avevano già “prezzato” la conferma della pausa. I rendimenti dei titoli di stato dell’Eurozona sono rimasti sostanzialmente in linea con le attese.

Politica fiscale e strutturale: la BCE ha colto l’occasione per ribadire che la leva fiscale e le riforme strutturali restano fondamentali per rafforzare la crescita dell’area euro. In altre parole: la politica monetaria da sola non basta.

Le ombre sul futuro

Nonostante il quadro appare relativamente stabile, persistono alcune incognite che rendono la strada avanti ancora tortuosa.

Domanda esterna debole: l’industria dell’Eurozona è penalizzata da esportazioni in calo e da una domanda globale incerta. Le nuove esportazioni mostrano segni di indebolimento.

Forza dell’euro: un euro forte penalizza le esportazioni e può accentuare le pressioni deflazionistiche, che sarebbero un problema per la BCE.

Tensioni commerciali e geopolitiche: la guerra in Ucraina, le politiche dei dazi Usa‑Europa, i cambiamenti nei flussi energetici e nelle catene produttive rappresentano un freno potenziale alla ripresa.

Inflazione sotto‑break: benché l’inflazione sia vicina al 2 %, se dovesse scendere sotto tale soglia per un periodo prolungato, la BCE potrebbe essere costretta a ripensare la politica e valutare un taglio per evitare rischi di deflazione o stagnazione.

Neutralità del tasso: la BCE ritiene che il tasso attuale sia “vicino al livello neutro” — ossia quel livello che non stimola né frena l’economia. Ma stabilire il vero tasso neutro resta un esercizio complesso e pieno di incognite.

Il nostro Paese continua a fare i conti con una crescita debole, una produttività stagnante e un peso del debito pubblico elevato. In tale contesto, condizioni di finanziamento stabili sono una condizione necessaria, ma non sufficiente, per rilanciare gli investimenti.

Un tasso al 2 % mantiene un costo relativamente moderato per il debito sovrano italiano e favorisce la continuità di politiche di investimento e riforma.

L’assenza di nuove misure d’allentamento monetario significa che la pressione sulle riforme fiscali, sul rilancio degli investimenti e sulla competitività aumenta. In altre parole: la politica monetaria non può da sola colmare i ritardi strutturali.

I bonus, gli incentivi, le politiche di crescita nazionale devono connettersi con un contesto monetario favorevole ma stabile: la BCE oggi fornisce la base, non il motore.

La decisione della BCE di lasciare inalterati i tassi al 2 % rappresenta una scelta di prudenza: la politica monetaria è arrivata in un punto di equilibrio, dopo un lungo ciclo di rialzi e poi di tagli. L’inflazione è sotto controllo, l’economia tiene, ma la fragilità resta. La BCE segnala di essere «in una buona posizione», tuttavia non si dà per vinta: la stagione delle incertezze globali impone il mantenimento della guardia alta.

Per l’Italia e per la zona euro è un momento in cui la stabilità monetaria è garantita — ma non è un lasciapassare per la crescita. Le riforme strutturali, gli investimenti pubblici e privati e una politica fiscale efficace diventano cruciali.

 Se uno di questi indicatori dovesse deviare significativamente, la BCE potrebbe trovarsi pronta a intervenire.

30 Ottobre 2025
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