9:35 am, 30 Ottobre 25 calendario

Il ponte che non c’è: la Corte dei Conti blocca l’iter sullo Stretto

Di: Redazione Metrotoday
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La notizia è arrivata come un colpo secco in una vicenda che dura da decenni: la Sezione centrale di controllo di legittimità della Corte dei Conti ha deciso di non concedere il visto di legittimità alla delibera che avrebbe dovuto sbloccare il progetto del ponte sullo Stretto di Messina. La decisione — comunicata al termine della camera di consiglio — interrompe, almeno temporaneamente, il cammino amministrativo di un’opera che, più di molte altre, è diventata negli anni simbolo politico e terreno di scontro.

Tecnicamente, il provvedimento riguarda la mancata ammissione al visto e alla conseguente registrazione della delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess) che aveva approvato il progetto definitivo e l’assegnazione di risorse per il collegamento stabile tra Sicilia e Calabria. Nella nota ufficiale si indica che le motivazioni sono in corso di redazione e saranno rese pubbliche con apposita deliberazione entro trenta giorni: un dettaglio che alimenta attese e speculazioni su quali profili giuridici e contabili abbiano effettivamente determinato il rifiuto.

L’effetto immediato è pratico: senza il visto non può esserci la registrazione dell’atto e quel passaggio amministrativo resta disattivato. Per i sostenitori dell’iniziativa — che vedono nel ponte una svolta infrastrutturale capace di rilanciare collegamenti, economia e logistica del Mezzogiorno — si tratta di una battuta d’arresto gravissima. Per gli oppositori, e per una parte consistente del dibattito tecnico, la decisione è la conferma di dubbi che da tempo circolano sull’effettiva sostenibilità economica, ambientale e tecnica di un’opera così complessa.

Cosa significa «no al visto»

Il visto di legittimità rilasciato dalla Corte dei Conti è un passaggio formale ma decisivo per atti che coinvolgono risorse pubbliche. Negarlo non vuol dire annullare il progetto in maniera definitiva, ma pone ostacoli concreti e obbliga l’esecutivo a rivedere atti, chiarire aspetti tecnici o legali, o in alcuni casi a rinunciare al percorso così come era stato impostato. La Corte non ha ancora pubblicato le motivazioni, ma il rifiuto segue un filo logico di esercizio del controllo sugli atti delle amministrazioni che incidono sui conti pubblici.

Dietro l’annuncio ufficiale si muovono reazioni politiche forti: dalla versione ufficiale del governo è subito partito un giudizio di natura politica sul pronunciamento, con toni di forte critica verso la magistratura contabile. Firme importanti dello schieramento governativo hanno parlato di ingerenza e di decisione che danneggia l’interesse nazionale. Sul fronte opposto, chi da anni solleva questioni tecniche e ambientali vede nel no un atto di responsabilità: il punto non è tanto bloccare l’opera per partito preso, quanto garantire che se e quando si spenderanno risorse pubbliche lo si faccia con tutte le garanzie del caso.

Un progetto che supera le generazioni

Il Ponte sullo Stretto non è una proposta nuova: è un progetto che da decenni si presenta all’attenzione pubblica come promessa, tema politico e specchio delle contraddizioni italiane nelle grandi opere. Ha attraversato epoche e maggioranze, suscitando entusiasmi e perplessità nella stessa misura. Tecnici e urbanisti hanno per lungo tempo discusso della fattibilità, della sicurezza sismica dell’area, dell’impatto sugli ecosistemi marini e sulla navigazione, aggiungendo livelli di complessità a un progetto che da subito ha avuto una valenza anche simbolica oltre che ingegneristica.

Nei passaggi più recenti, l’opera aveva ricevuto dallo Stato segnali di spinta: l’approvazione di atti e l’allocazione di risorse nelle scelte di governo avevano fatto sperare i sostenitori in una svolta definitiva. Parallelamente, società coinvolte nel mondo delle costruzioni e gruppi industriali hanno mostrato interesse operativo, preparandosi ad affrontare le fasi successive dell’iter. Ma dalla finanza pubblica fino al controllo amministrativo, la costruzione di consenso tecnico-amministrativo non è mai stata completa.

Le questioni aperte: conti, rischi e ambiente

Al centro della controversia stanno diversi piani di criticità. Sul fronte economico, la dimensione dell’investimento pubblico — sia in termini di spesa diretta sia di eventuali garanzie e oneri a carico dello Stato — solleva interrogativi sulla compatibilità con altri fabbisogni pubblici e con obiettivi di sostenibilità fiscale. Sul piano tecnico, l’area dello Stretto è notoriamente complessa da un punto di vista geologico e sismico; la configurazione del progetto, la scelta dei materiali, gli approcci ingegneristici e le misure di mitigazione sono elementi che richiedono analisi rigorose e aggiornate.

C’è poi il tema ambientale e paesaggistico: la costruzione di una grande infrastruttura in un mare caratterizzato da flussi marittimi, correnti e habitat delicati impone valutazioni d’impatto puntuali, monitoraggi e possibili misure compensative. Ogni margine interpretativo sulle procedure di valutazione può trasformarsi in terreno di contenzioso, amministrativo o giudiziario, aggiungendo ritardi e costi.

Impatto politico

L’effetto politico è immediato e polarizzante. L’opera, diventata emblema di scelte di governo, converte il rifiuto del visto in un capitolo centrale del dibattito politico nazionale: accuse di ingerenza, richieste di chiarimenti, appelli alla responsabilità istituzionale si alternano a dichiarazioni che promettono di non fermare l’iniziativa. Sullo sfondo, partiti e leader provano a trasformare l’episodio in arma di comunicazione: per alcuni prova di forza a difesa di scelte impopolari ma «necessarie», per altri conferma della necessità di trasparenza e prudenza nella gestione delle risorse pubbliche.

A breve termine, resta da vedere se il governo impugnerà la decisione, presenterà atti integrativi per rispondere ai rilievi, o rivedrà il progetto nei punti critici segnalati dalla Corte. Le motivazioni, quando pubblicate, saranno determinanti per capire l’ampiezza e la natura dei rilievi: questioni formali, profili contabili, lacune documentali o valutazioni più profonde sui presupposti economici e tecnici.

Il Ponte sullo Stretto non è solo un dossier di governo: è anche un racconto di territori che da anni convivono con l’idea di un possibile collegamento fisso. Comunità di Sicilia e Calabria si sono alternate tra attese di rilancio economico e paure di trasformazioni non volute. Le imprese del settore hanno guardato all’opera come a un’occasione di lavoro e investimento, mentre associazioni e comitati locali si sono spesso mobilitati per chiedere garanzie o opporsi a progetti giudicati invasivi.

Il blocco della Corte dei Conti riapre dunque una partita che non è solo istituzionale ma sociale: come verranno gestite le aspettative dei territori, come si concilieranno sviluppo e tutela, quali modalità di partecipazione e confronto saranno messe in campo per ricomporre interessi diversi saranno domande decisive per il futuro.

Il calendario politico e amministrativo ora è scandito dall’attesa delle motivazioni ufficiali. Entro trenta giorni la Corte pubblicherà le ragioni del suo rifiuto: sarà quel documento, tecnico-legale, a dire se il progetto potrà essere corretto e ripresentato, se serviranno integrazioni o se il percorso dovrà cambiare passo. È plausibile che seguano passaggi di chiarimento tra ministeri, approfondimenti tecnici e, eventualmente, nuove decisioni politiche.

30 Ottobre 2025
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