Colf e badanti, nuovo contratto 2025: famiglie sotto pressione
È una doppia faccia della stessa medaglia: per colf e badanti il rinnovo contrattuale firmato nelle ultime settimane porta aumenti retributivi e nuove tutele; per le famiglie che assumono, però, il conto mensile può salire in modo significativo. L’accordo — frutto di trattative tra sindacati e associazioni datoriali del settore domestico — aggiorna i minimi salariali, recupera parte dell’inflazione e introduce alcune misure di welfare specifiche per la genitorialità e la disabilità. Il risultato è una stima che oscilla: per molti nuclei familiari il caro-lavoro domestico potrà tradursi in un aggravio fino a qualche centinaio di euro al mese.
Il cuore dell’accordo
Il nuovo contratto prevede un incremento medio delle retribuzioni che al livello più rappresentativo del settore si traduce in un aumento «secco» di circa 100 euro lordi al mese, a cui si aggiunge il recupero dell’indice ISTAT per il periodo di adeguamento accumulato (una componente che nelle tabelle contrattuali viene conteggiata per riallineare il potere d’acquisto). Sommando gli elementi può emergere, nelle simulazioni più pesanti, un rincaro dei costi a carico delle famiglie che raggiunge e — in casi particolari — supera i 200 euro mensili. L’entrata in vigore delle maggiorazioni è calendarizzata nella seconda metà del 2025: alcune misure saranno operative dal 1° novembre, mentre altre decorrono già da gennaio per quanto riguarda le tabelle retributive aggiornate.

Per molte famiglie che già sostengono una voce di spesa consistente per il lavoro domestico, il nuovo quadro impone scelte: redistribuire il budget familiare, ridurre ore di assistenza, ricorrere a forme di condivisione del servizio (turni fra famiglie), o valutare, dove possibile, ricorsi a strutture alternative o a servizi pubblici integrativi.
Nuove tutele e riconoscimenti per i lavoratori
Sul versante dei lavoratori, il rinnovo contrattuale rappresenta una conquista importante. Oltre all’adeguamento salariale, il testo introduce tutele rafforzate su temi sensibili: diritti di maternità/paternità più chiari, misure specifiche per l’assistenza di persone con disabilità, e un più netto riconoscimento della professionalità dei caregiver che si occupano di assistenza continuativa. Per molti operatori domestici, compresi i numerosi lavoratori stranieri regolarmente impiegati, si tratta di un riconoscimento che riduce il delta tra lavoro domestico e altri settori del mercato del lavoro formale.

Il contesto demografico e occupazionale
È un settore fortemente caratterizzato dalla presenza di lavoratori migranti: in Italia la maggioranza delle badanti e una fetta consistente delle colf provengono dall’estero, con presenze significative da Romania, Ucraina, Filippine e altri paesi. Questo elemento ha reso il mercato domestico particolarmente sensibile alle dinamiche migratorie, economiche e normative: regolarizzazioni, ricongiungimenti familiari, politiche di contrasto al lavoro irregolare, e i flussi in entrata e uscita hanno sempre inciso sull’offerta di manodopera disponibile per le famiglie italiane.
Storie
In un condominio milanese una coppia di pensionati sta rivedendo l’impostazione dell’assistenza quotidiana per la madre non autosufficiente: «Con l’aumento che ci aspettiamo, dovremo decidere se ridurre le ore di assistenza diurna e coprire col volontariato di vicinato le fasce meno critiche» spiega uno dei figli. In un’altra città del Nord, una badante convivente — che lavora 12 ore al giorno e assiste una persona anziana con bisogni complessi — vede nella maggiorazione un sollievo economico ma anche la prospettiva di aspettative più chiare e tutele durante congedi e malattie. Questi racconti sintetizzano la contraddizione: più diritti e maggiore dignità per il lavoro domestico, insieme al peso delle spese che ricade sulle famiglie, spesso con redditi fissi o pensioni esigue.
Per attenuare l’impatto sui bilanci familiari, molte delle agevolazioni fiscali in vigore continuano a essere operative: detrazioni e deduzioni relative alle spese per il lavoro domestico e ai contributi previdenziali sono strumenti che mitigano parzialmente il rincaro. Tuttavia, la copertura non è totale e il beneficio fiscale dipende dal reddito del nucleo familiare e dalle modalità di assunzione (regolare vs irregolare). Sul fronte pubblico alcune realtà locali stanno già valutando misure passepartout, come sportelli di accompagnamento per l’assunzione regolare e banche del tempo per integrare servizi a domicilio.

Il nodo del lavoro irregolare
Un’ombra che accompagna la vita del settore è il lavoro sommerso. Stime ricorrenti indicano che, oltre ai lavoratori regolari, esiste una platea significativa di collaboratori domestici impiegati senza regolare contratto: per le famiglie è una leva di risparmio apparentemente immediata, ma con costi sociali elevati in termini di mancata contribuzione, assenza di tutele e possibile sfruttamento. Il rinnovo contrattuale e le politiche di monitoraggio potranno stimolare nuove regolarizzazioni — specie se accompagnate da campagne informative e dalla semplificazione amministrativa — ma non elimineranno da subito la piaga del sommerso.
Le risposte delle associazioni e dei sindacati
Le organizzazioni datoriali e i sindacati, pur salutando l’accordo per i progressi sui minimi e sulle tutele, sottolineano la necessità di azioni congiunte per non lasciare sole le famiglie più fragili. Gli appelli riguardano sia l’ampliamento degli strumenti di sostegno economico per le fasce deboli, sia iniziative per la formazione dei lavoratori domestici, con l’obiettivo di elevare la qualità dell’assistenza offerta e giustificare un salario dignitoso.

Un equilibrio da trovare
Il rinnovo del contratto nazionale del lavoro domestico fotografa un Paese che prova a riconoscere la dignità di un lavoro cruciale per il welfare informale: cura degli anziani, assistenza a persone con disabilità, supporto alle famiglie. Ma mentre si avanza sul piano dei diritti e delle retribuzioni, si apre una sfida di politica sociale ed economica più ampia: come sostenere le famiglie — soprattutto quelle con redditi limitati — nell’assumere personale qualificato e regolare, senza ricorrere al mercato sommerso.
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