2:49 pm, 29 Ottobre 25 calendario

Addio a James Senese simbolo del “Napule’s Power”

Di: Salvatore Puzzo
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È scomparso  all’età di 80 anni a Napoli il celebre sassofonista, cantante e compositore James Senese, figura chiave del panorama musicale italiano e simbolo del cosiddetto “Napule’s Power”. Le sue condizioni di salute, già precarie da qualche mese per una grave infezione polmonare, hanno purtroppo condotto al decesso.

La notizia ha suscitato profondo cordoglio nel mondo della musica, della cultura e della città che lo ha visto nascere, crescere e diventare leggenda. La direzione dell’ospedale Ospedale Antonio Cardarelli di Napoli aveva reso noto che Senese era ricoverato in terapia intensiva in condizioni “critiche” a causa di una polmonite da infezione severa. Il ricovero era avvenuto lo scorso 24 settembre .

Già in aprile dello stesso anno l’artista aveva subito un intervento d’urgenza per un’ernia strozzata presso l’ospedale napoletano “Vecchio Pellegrini”.

Quanto è accaduto conclude prematuramente un lungo percorso artistico, umano, che per oltre mezzo secolo ha attraversato Napoli, l’Italia e il mondo.

Le origini: figlio “a metà” di due mondi

Gaetano “James” Senese nacque a Napoli il 6 gennaio 1945, figlio di un militare statunitense afroamericano, James Smith, e di Anna Senese, napoletana. Il padre lasciò l’Italia dopo diciotto mesi e non fece più ritorno.

Cresciuto in un quartiere popolare di Napoli, Senese assimilò fin da bambino le sonorità dello swing, del boogie‑woogie, del rhythm & blues che circolavano negli anni del dopoguerra tra le basi americane e i vicoli napoletani. A circa dodici anni iniziò a suonare il sax, scelto anche come “voce” di una doppia appartenenza, di un’identità complessa.

In lui convivono, in modo emblematico, le radici mediterranee e l’eredità africana: questo “né qui né là” diventerà anche metafora della sua musica e della sua scelta di resistenza culturale.

Dagli esordi alla leggenda

Negli anni Sessanta Senese compì i primi passi nel mondo della musica con i gruppi The Showmen e Showmen 2, partecipando anche al Cantagiro 1968.

Nel 1974 diede vita, assieme a Franco Del Prete, al gruppo Napoli Centrale, che sarebbe diventato pietra miliare del jazz‑rock italiano, con un’impronta fortemente radicata nella scena napoletana e nel fermento sociale e culturale del tempo.

La sua carriera da leader solista partì negli anni Ottanta, ma è negli anni Novanta e successivi che la sua figura spicca per la collaborazione con grandi artisti — tra cui Pino Daniele — e per una presenza capillare nei festival, nei club, nei dischi che miscelavano jazz, soul, funk, tradizione partenopea.

In una recente intervista dichiarava che la musica lo aveva salvato: «Grazie alla musica non mi sono più difeso con i cazzotti, ma con le note del mio sax».

Le battaglie, l’identità, l’impegno

La musica di Senese non fu solo virtuosismo o sperimentazione: fu anche impegno. Nei suoi testi, nelle sue esibizioni, si rifletteva la condizione di un figlio di Napoli, con origini miste, tra periferia, rabbia sociale, orgoglio. È stato definito “nero a metà”, per eccellenza, nella sua capacità di attraversare i confini e parlare una lingua doppia: la lingua del jazz, del funk, del soul e quella del vicolo, della tarantella, del canto popolare.

La sua casa, come ricordava, era la strada, e la strada gli aveva insegnato che la musica è democratica, “poco importa il colore della pelle, la lingua, il ceto sociale”.

Il movimento Napule’s Power — definizione coniata da Renato Marengo che vide Senese tra i protagonisti a   far data dagli anni ’70— fu anche questo: una rinascita culturale, un’esplosione creativa che mise assieme generi, clan musicali, sperimentazioni urbane. Senese fu il pad­ri­s­ne­l­l­’epopea: basti pensare che Napoli Centrale suonava al Teatro San Carlo di Napoli insieme a Roberto De Simone, nel Requiem per Pasolini.

Il 2025 si era aperto con qualche spavento per il sassofonista: ad aprile fu sottoposto a un intervento d’urgenza per un’ernia strozzata. Era partito un nuovo tour (“Chest’è ’a terra mia”) per celebrare i suoi 80 anni, ma l’imprevisto medico lo costrinse a fermarsi qualche tempo.

Poi, il 24 settembre, un ricovero dichiarato per una grave polmonite all’ospedale Cardarelli di Napoli. Le condizioni vennero definite critiche, la prognosi riservata.

Nonostante gli sforzi del personale sanitario e la mobilitazione dell’affetto pubblico, ieri la notizia della sua scomparsa, ufficialmente per complicanze di una polmonite.

La musica che resta

Con la sua partenza, il panorama musicale italiano perde un pilastro. Senese ha inciso decine di dischi — da Napoli Centrale ai suoi lavori solisti — e ha incuriosito generazioni, portando il sax in quelle vie che lo stesso strumento raramente aveva calcato.

Le note che uscivano dal suo sax non erano puramente strumenti: erano urla di libertà, macigni di speranza, racconti di riscatto. Le sue performance dal vivo, la forza della sua voce, il groove delle band che guidava sono diventati storia.

E oggi più che mai risulta chiaro quanto la sua vicenda personale — un figlio della guerra, un ragazzo di periferia, un cantante‑sassofonista che divenne leader — sia specchio di un’Italia che cambia, che combatte, che cerca dignità attraverso la creatività.

Il saluto della città e del mondo della musica

La notizia della sua morte ha provocato immediati messaggi di cordoglio. Da Napoli, dove la sua figura era radicata come poche altre, fino all’intero panorama musicale italiano, l’abbraccio virtuale è stato massiccio. Parole semplici, come “grazie per il talento, la dedizione, la passione”, sono state utilizzate per descriverlo.

Ricorderemo la sua energia sul palco, la sua presenza inconfondibile, la capacità di far suonare i vicoli della città come se fossero palchi. Ricorderemo il sax che gridava, respirava, viveva, come lui.

Il testimone che Senese lascia è significativo e auspicabile: non solo nei dischi, nelle edizioni rimasterizzate, nei concerti‑tributo, ma soprattutto nell’idea che un artista può essere molto di più di un virtuoso: può essere voce di comunità, narratore di quartieri, ponte tra culture.

Le nuove generazioni e i nuovi musicisti avranno il compito di portare avanti quella lezione: il suono può essere rivoluzione, la musica può essere verità, il palco può essere impegno.

James Senese non è stato semplicemente un grande musicista; è stato un simbolo — della Napoli viva, della musica libera, dell’identità molteplice. La sua scomparsa segna la fine di un’epoca, ma anche l’apertura di una memoria da custodire.

29 Ottobre 2025 ( modificato il 30 Ottobre 2025 | 12:18 )
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