Accordo commerciale tra Stati Uniti e Corea del Sud: svolta o pausa strategica?
In una delle ultime tappe del suo viaggio in Asia, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato che è stato raggiunto un accordo commerciale con la Corea del Sud, ospite del summit del APEC 2025 a Gyeongju. La notizia, diffusa mentre la moneta sudcoreana registrava un rialzo (+0,54 % contro il dollaro) in attesa dell’annuncio, apre una nuova pagina nei rapporti economici tra Washington e Seul, ma lascia ancora molti nodi da sciogliere.
Da libera circolazione a tariffe reciproche
La relazione commerciale tra Stati Uniti e Corea del Sud affonda le radici nell’Accordo di Libero Scambio (KORUS FTA) firmato il 30 giugno 2007 e entrato in vigore nel 2012.
L’intesa prevedeva l’azzeramento o la notevole riduzione delle barriere tariffarie e normativo‑regolamentari, con l’obiettivo di intensificare scambi e investimenti tra le due economie. Tuttavia, l’attuazione incontrò varie resistenze — dai settori automobilistici agli agricoltori statunitensi — e rese evidente quanto fosse complicato trasformare un trattato in un rapporto bilanciato.
Con l’avvento del secondo mandato di Trump, lo scenario è mutato drasticamente: a inizio giugno 2025, l’amministrazione USA ha innalzato la posta in gioco annunciando tariffe “reciproche” fino al 25 % su importazioni da Paesi con forti surplus verso gli USA.
Per la Corea del Sud, ciò ha significato l’apertura di una trattativa ad alto rischio, in cui l’intesa precedente non bastava più.

L’accordo di luglio 2025: il “15 %” e i 350 miliardi
Nel corso dell’estate è emerso un primo accordo quadro: la Corea del Sud accetterebbe una tariffa del 15 % su alcuni beni in esportazione verso gli Stati Uniti — dai veicoli ai manufatti — in cambio di impegni di investimento in territorio statunitense pari a circa 350 miliardi di dollari.
La data chiave è stata il 31 luglio, momento in cui Trump ha annunciato che la tariffa USA sulle importazioni sudcoreane sarebbe scesa da 25 % a 15 % grazie all’accordo.
Tuttavia, già in quel frangente si segnalava che alcune questioni restavano irrisolte — in primo luogo la modalità con cui Seul avrebbe onorato l’impegno finanziario.
Svolta formale ma dettagli da definire
Durante l’incontro bilaterale a Gyeongju, Trump ha dichiarato: «We did, we did. We did reach a deal».
I dettagli però restano vaghi, in particolare sulla calendarizzazione effettiva della tariffa al 15 % e sull’implementazione concreta degli investimenti previsti. Come segnalato da Seul, la proposta di 350 miliardi come investimento diretto “cash” appare problematica: il governo sudcoreano valuta forme alternative come prestiti o garanzie.

Secondo le analisi del Congresso USA, e documenti ufficiali, i principali punti in gioco includono:
Abbassamento della tariffa statunitense sulle importazioni dalla Corea del Sud (in alcuni casi prevista al 15 %).
Congresso.gov
Impegno sudcoreano ad investimenti in settori strategici negli Stati Uniti (semiconduttori, batterie, biotecnologie) e acquisti energetici per circa 100 miliardi di dollari.
Un’applicazione riveduta delle tariffe USA sulla Corea del Sud, in un contesto di “tariffa reciproca” da parte statunitense, che trasformi le relazioni commerciali in un meccanismo di leva politica ed economica.

Le reazioni economiche immediate
L’annuncio ha avuto effetti quasi immediati sui mercati: il won sudcoreano si è rafforzato contro il dollaro, segno che gli operatori percepiscono un alleggerimento di rischio per l’economia esportatrice coreana.
Le aziende automobilistiche coreane – che rischiavano tariffe del 25 % per le loro esportazioni negli Stati Uniti – guardano ora con speranza, anche se la riduzione al 15 % non è ancora pienamente garantita.
Dal lato americano, l’affare rappresenta un successo propagandistico per l’agenda “America First 2.0” di Trump: vantare accordi con alleati e solidarietà economica mentre si insiste sulla leva delle tariffe.
Un’alleanza strategica in chiave geopolitica
Non si tratta solo di bilancio commerciale: Stati Uniti e Corea del Sud sono alleati militari storici. La rinegoziazione commerciale assume dunque una valenza strategica: Washington vuole rafforzare le sue supply chain (in semiconduttori, batterie, minerali critici) e Seul vuole garanzie di continuità nell’ombrello di difesa USA e l’accesso al mercato americano. L’accordo, quindi, si inserisce in un quadro più ampio di competizione regionale con la Cina, rilocalizzazione industriale e crescente politicizzazione del commercio.
Nel 2025, quindi, la strategia è diventata più sistemica: non solo “riformare un accordo”, ma usare minacce di tariffe generalizzate (fino al 25 %), negoziazioni dell’ultimo minuto e investimenti miliardari come contropartita

L’annuncio dell’accordo commerciale tra Stati Uniti e Corea del Sud segna un momento importante — forse un punto di svolta — nelle relazioni economiche bilaterali. Non si tratta soltanto di ridurre tariffe, ma di ridisegnare un contratto industriale e geopolitico tra due alleati che guardano con apprensione al futuro globalizzato. Ma l’istruttivo sta nei dettagli non ancora sottoscritti: l’efficacia del patto dipenderà da quanto verrà implementato, da come verrà monitorato e da quanto sarà percepito come “utile” da produttori e lavoratori di entrambe le sponde del Pacifico.
In un mondo dove il commercio è sempre più arma strategica, l’intesa appare come un “accordo ponte” — tra vecchio libero scambio e nuova epoca delle tariffe e degli investimenti incrociati.
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