Terremoto in Irpinia: la notte della paura a Montefredane
Epicentro vicino ad Avellino, magnitudo 4.0 — Allerta, verifiche e ricordi di un territorio che non dimentica
Una scossa luminosa nella notte ha risvegliato l’Irpinia: alle 21:49 di sabato sera una scossa di magnitudo 4.0, con ipocentro riportato intorno ai 14 chilometri di profondità, è stata avvertita distintamente in tutto il capoluogo Avellino e nelle province limitrofe. Per alcuni minuti le strade si sono riempite di persone con il volto ancora incredulo, famiglie uscite dalle case con animali e coperte, telefoni intasati da chiamate e messaggi. Le prime verifiche notturne della Protezione Civile e dei vigili del fuoco non hanno segnalato vittime; le verifiche materiali, però, sono appena all’inizio e la paura resta viva nelle comunità.
Il sisma ha trovato l’epicentro nell’area del comune di Montefredane, piccolo borgo collinare a pochi chilometri da Avellino. La scossa è stata avvertita anche nelle province di Napoli, Salerno e Benevento; la sua intensità — sebbene non paragonabile a eventi storici che hanno segnato la memoria della regione — ha avuto il merito di ricordare quanto il territorio sia sismicamente attivo e quanto la memoria collettiva delle grandi tragedie del passato sia ancora vicina.
Nei minuti successivi all’evento, i centralini dei soccorsi hanno registrato numerose segnalazioni: piastrelle cadute, crepe in intonaci, qualche lesione a edifici privati. Il sindaco di Montefredane ha attivato un presidio comunale e predisposto due punti di accoglienza per i residenti che non si sentivano sicuri a rientrare nelle proprie abitazioni. Per precauzione, le scuole del capoluogo sono state temporaneamente chiuse il giorno successivo per consentire tutte le verifiche strutturali e dare modo ai tecnici di completare i sopralluoghi.

La reazione della popolazione è stata immediata e contenuta: a differenza delle immagini di panico collettivo che spesso accompagnano disastri maggiori, questa volta si è visto un mix di paura e pragmatismo. Molti hanno passato la notte in auto o in piccoli gruppi nelle piazze, confidando nella solidarietà di vicini e amici: gesti semplici — caffè caldo offerto da bar aperti fino a tardi, coperte distribuite dai volontari — che raccontano la capacità di una comunità di rispondere all’imprevisto.
Dietro la notizia del singolo evento si staglia un quadro più ampio: nelle ultime settimane la zona ha registrato uno sciame sismico, con scosse minori ripetute che, sommate, contribuiscono a generare disagio e incertezza. Gli esperti ricordano che la Campania e l’intera fascia appenninica meridionale sono caratterizzate da una complessa sismicità storica: dall’Irpinia del 1980, che lasciò ferite profonde e inestinguibili nella memoria collettiva, alle sequenze sismiche più antiche del secolo scorso, la terra qui è sensibile e la prevenzione rimane una priorità.
La scossa di sabato ha riacceso un dibattito che per anni ha oscillato tra sottovalutazione e emergenza: l’urgenza di mettere in sicurezza il patrimonio edilizio, in particolare gli edifici residenziali e le scuole, la necessità di una pianificazione più rigorosa e di un sistema di comunicazione del rischio che funzioni davvero sul territorio. Negli ultimi decenni sono stati compiuti progressi tecnologici e di monitoraggio — la rete sismica nazionale e i modelli di calcolo consentono oggi una ricostruzione rapida dell’evento — ma la sfida più grande resta culturale: trasformare la consapevolezza in azioni concrete, dalle ristrutturazioni antisismiche agli esercizi di protezione civile nelle scuole.

A Montefredane, come in molti centri dell’Irpinia, il patrimonio storico e artistico convive con una struttura urbana costruita spesso in epoche in cui la prevenzione sismica era pressoché assente. Le antiche chiese, i palazzi nobiliari, i borghi arroccati sono la cartina di tornasole di un territorio ricco di storia ma fragile. Le prime ispezioni hanno evidenziato alcune lesioni in pareti non portanti e microfessurazioni, motivi per i quali le autorità locali raccomandano calma e prudenza: molte verifiche richiederanno tempo e specialisti per stabilire eventuali interventi strutturali.
Dal punto di vista economico e sociale, l’Irpinia conosce un doppio binario: da una parte la vocazione agricola e un tessuto di piccole imprese; dall’altra una demografia che segnala spopolamento e difficoltà nel mantenere servizi locali. Ogni evento sismico rischia così di impattare non solo sugli edifici ma anche sulle prospettive di vita quotidiana — scuole chiuse, attività sospese, difficoltà logistiche — con ricadute che si sommano alle sfide già in corso.
Gli esperti invitano alla prudenza ma anche a non cedere alla catastrofismo: una scossa di magnitudo 4.0, per quanto percepibile e capace di spaventare, raramente provoca crolli generalizzati. Il rischio maggiore è spesso legato a elementi non strutturali — come colori che cadono, lampadari, serramenti — che possono comunque causare feriti in contesti domestici o pubblici. Per questo le campagne di informazione domestica — come sapere dove ripararsi, come spegnere il gas in sicurezza, come organizzare un kit di emergenza — restano strumenti essenziali.

La notte di Montefredane diventa così una pagina di racconto collettivo: non solo il resoconto tecnico di un evento registrato dagli strumenti, ma la storia di persone che si sono mosse, di un’amministrazione che ha risposto con centri di accoglienza, di volontari che hanno lavorato senza sosta. E, inevitabilmente, anche la riprova che la memoria storica dell’Irpinia — segnata dal terremoto del 1980 e da altri eventi che hanno lasciato segni profondi — continua a determinare reazioni, comportamenti e priorità.
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