12:01 pm, 26 Ottobre 25 calendario

My Daughter’s Hair, miglior film ad Alice nella Città

Di: Francesca Puzzo
condividi

Un riconoscimento che non è solo premio, ma dichiarazione di intenti. Alla 23ª edizione del festival Alice nella Città – sezione autonoma e parallela alla Festa del Cinema di Roma dedicata a giovani, nuove voci e cinema indipendente – il film iraniano My Daughter’s Hair (titolo originale Raha) del regista Hesam Farahmand è stato incoronato miglior film.

La giuria — composta da 35 giovani spettatori tra i 16 e i 19 anni — lo ha scelto motivando che si tratta di «una storia di differenze sociali e instabilità economica, in cui non esiste una morale netta e definita, ed ogni gesto d’amore ha un prezzo da pagare».

Ecco dunque un film che, pur uscendo da un contesto nazionale – l’Iran contemporaneo –, parla con forza al pubblico internazionale, e in particolare ai giovani.

Uno sguardo sociale

My Daughter’s Hair ruota attorno a una famiglia in bilico: Tohid, padre interpretato da Shahab Hosseini acquista un portatile usato con i soldi guadagnati vendendo i capelli della figlia. Quel gesto apparentemente prag­matico si trasforma in detonatore di tensioni sociali, economiche e familiari, quando il bene acquistato diventa motivo di confronto con una famiglia più agiata.

Il film descrive un’immagine metaforica dell’Iran: l’economia instabile, l’insicurezza del lavoro, la disuguaglianza che non è solo economica ma esistenziale. E lo fa attraverso uno sguardo sobrio, che evita facili risposte o moralismi.

Il rapporto tra lavoro, risorse disponibili, desiderio di istruzione e mobilità sociale è reso concreto dal gesto apparentemente semplice del padre: comprare un computer per la figlia. Ma quel gesto è anche epilogo e inizio di fratture. Il cinema iraniano negli ultimi anni ha dimostrato una straordinaria capacità di rendere universali piccole storie di vulnerabilità — questo film è in linea con quella tradizione, ma con un taglio nuovo.

Si tratta dell’opera prima di Hesam Farahmand, che sceglie un tono sommesso, visivo, con inquadrature che tendono a lasciare spazio al non-detto e al micro-gesto. Questo tipo di cinema richiede fiducia nel pubblico e fiducia nello spettatore giovane – elemento che ben si accorda con la giuria scelta da Alice nella Città.

Anche se ambientato in Iran, molti temi parlano alle nuove generazioni di ogni paese: l’accesso all’istruzione, la tecnologia come strumento di emancipazione, l’insicurezza economica, e persino la vendita dei propri “beni” (qui simbolicamente i capelli) come gesto di speranza o di disperazione. La motivazione della giuria lo cita chiaramente.

Il cinema iraniano ha vissuto negli ultimi due decenni una stagione d’oro grazie a registi come Asghar Farhadi. Attori come Shahab Hosseini (qui protagonista) sono diventati simboli di un cinema che, pur sottoposto a censura e restrizioni, riesce a parlare al mondo intero.

My Daughter’s Hair si inserisce in questa scia, ma con un elemento di rottura: è più intimo, quasi domestico, e spinge verso la frontiera del sociale più che del politico. Non ci sono grandi gesti epici, ma le pieghe ordinarie della vita che si deformano. È significativo che sia stato un festival dedicato alle giovani generazioni a premiarlo: un segnale che questo tipo di cinema trova ascolto anche tra chi forse è meno abituato al linguaggio “d’autore”.

La scelta della giuria di Alice nella Città giovani che premiano un film che li interroga sul loro futuro – racconta qualcosa della volontà del festival: creare uno spazio non solo di intrattenimento, ma di riflessione. In questa edizione, in cui sono stati coinvolti oltre 10 000 studenti in proiezioni e attività correlate, il messaggio è chiaro: il cinema per giovani può essere anche cinema con i giovani.

Tra gli altri premiati

Migliore Opera Prima: Anemone di Ronan Day‑Lewis

Premio del Pubblico (Panorama Italia): 2 Cuori e 2 Capanne di Massimiliano Bruno

Menzione speciale: La piccola Amélie di Liane-Cho Han e Maïlys Vallade

Il premio a My Daughter’s Hair dunque si inserisce in un’edizione che ha scelto film con sguardi diversi, originali, trasversali.

Per le piattaforme di distribuzione e i festival: film come My Daughter’s Hair dimostrano che il mercato “giovane” non è solo animazione o grandi marchi, ma c’è spazio per storie che interrogano, che mettono in moto riflessioni.

La vittoria di My Daughter’s Hair al festival Alice nella Città è dunque doppia: da un lato un riconoscimento artistico-critico per un film che racconta con delicatezza e forza le contraddizioni della nostra epoca; dall’altro un segnale generazionale: giovani spettatori che scelgono il cinema che li interroga, non solo li intrattiene.

In un’epoca in cui il linguaggio audiovisivo è sempre più dominante — e spesso dominato da franchise, remake, format globalizzati — la scelta di premiare un’opera di debutto iraniana è anche un invito: tornare a cercare vocazioni, identità, punti di vista originali.

26 Ottobre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA