Trump autorizza operazioni segrete della CIA in Venezuela

Un passaggio che segna una svolta radicale nei rapporti tra Stati Uniti e Venezuela
Il presidente statunitense Donald Trump ha confermato di aver autorizzato operazioni clandestine della CIA sul territorio venezuelano. Con dichiarazioni nette, che abbandonano ogni pretesa diplomatica ed entrano nel campo dell’azione diretta, l’amministrazione USA intensifica la propria strategia contro il regime di Nicolás Maduro.
L’annuncio, dato in un contesto già pesantemente teso fra le due nazioni, mette in chiaro che il discorso sulla “pressione internazionale” lascia il posto a una “pressione attiva e militare”, almeno sul piano dei servizi segreti. Si apre così una nuova fase, potenzialmente più rischiosa e delicata, in quello che è già da anni un punto critico della geopolitica latinoamericana.
Parole che lasciano il segno
Trump, nel corso di un briefing alla Casa Bianca, ha ammesso che la CIA “ha il permesso” di operare segretamente in Venezuela, citando fra le motivazioni le accuse secondo cui Caracas starebbe rilasciando prigionieri verso il suolo americano e facilitando l’ingresso di stupefacenti negli Stati Uniti. Non ha però chiarito se le operazioni puntino direttamente contro Maduro o se comprendano obiettivi militari terrestri.
Secondo fonti ufficiali statunitensi, l’operazione non è limitata al mare o all’aviazione: Trump non ha escluso un coinvolgimento terrestre per colpire i “narcos” — un termine ricorrente nelle sue dichiarazioni sul Venezuela.
La difesa dell’amministrazione Trump si basa sulla tesi che l’attività di traffico di droga venezuelana e il presunto rilascio di detenuti in territorio statunitense giustifichino un’azione straordinaria di sicurezza nazionale. Tuttavia, le modalità operative, l’assenza di dettagli e la natura “segreta” delle azioni in corso hanno già suscitato dubbi e critiche sull’estensione dei poteri esecutivi e sul rispetto del diritto internazionale.
In parallelo con la conferma CIA, sono state condotte nei giorni scorsi almeno cinque operazioni navali/aree contro presunti traffici di droga legati al Venezuela. In un’operazione recente, il governo statunitense ha annunciato la distruzione di un’imbarcazione sospetta, con un bilancio ufficiale di sei morti; sommando le azioni condotte da settembre, le vittime totali sarebbero circa 27.
Secondo Trump e il segretario alla Difesa Pete Hegseth, tali strike rientrano nella definizione di un conflitto non internazionale con organizzazioni criminali designate come terroristiche. Questo paradigma legale viene usato per legittimare attacchi in acque internazionali senza dichiarazioni formali di guerra.
Caracas ha reagito con durezza: il governo venezuelano ha convocato un incontro straordinario presso l’ONU e denunciato che gli Stati Uniti stanno violando la sovranità nazionale con atti che ricordano le peggiori ingerenze imperiali. Maduro ha ordinato mobilitazione delle milizie, rafforzamento delle difese costiere e accuse di “guerra ibrida” contro Washington.
Durante un dibattito urgente al Consiglio di Sicurezza ONU, il Venezuela, appoggiandosi a Russia e Cina, ha invitato i paesi membri a bloccare la “militarizzazione unilaterale” e riaffermare i principi della Carta delle Nazioni Unite.
L’operazione dichiarata oggi non nasce dal nulla. All’interno del panorama latinoamericano, gli Stati Uniti hanno storicamente inscritto una lunga serie di interventi diplomatici, politici e militari nel Venezuela — e la CIA ha giocato un ruolo ricorrente in operazioni clandestine.
Un passato di ingerenze
Operazione Gideon (2020): un tentativo fallito di invasione da parte di mercenari e militari venezuelani in esilio volto alla cattura di Maduro. Fonti vicine ai protagonisti sostengono che alcune fasi del piano furono discusse con funzionari statunitensi e che la CIA avrebbe fornito appoggio logistico, anche se l’amministrazione USA ha negato responsabilità ufficiali.
Operazione Money Badger / “Tejón del Dinero”: un programma segreto della DEA che avrebbe spiato alti funzionari venezuelani dal 2013 in poi, senza informare le autorità di Caracas, esplorando collegamenti con il narcotraffico e il riciclaggio.
Attacchi informatici mirati: durante l’amministrazione Trump, secondo fonti investigative, la CIA avrebbe penetrato il sistema di pagamenti militari venezuelano, interrompendo la distribuzione degli stipendi alle forze armate per creare tensioni interne e favorire defezioni.
Queste operazioni — che combinano tecnica, intelligence e una rete di contatti nazionali — suggeriscono una lunga preparazione dietro l’attuale escalation dichiarata.
In America Latina, paesi come Cuba, Nicaragua e Bolivia si schierano con Caracas in chiave ideologica; altri, come Colombia e alcuni membri del Gruppo di Lima, guardano con cautela la reazione USA, preoccupati che un’escalation possa destabilizzare ulteriormente la regione. Analisti segnalano che l’effetto domino su flussi migratori, traffici e sicurezza potrebbe trascendere i confini venezuelani.
Rischi legali e internazionali
Autorizzare un’operazione segreta della CIA contro un paese sovrano solleva questioni giuridiche complesse.
In primo luogo, la violazione del principio di non intervento, sancito nella Carta delle Nazioni Unite. Non è chiaro se gli Stati Uniti abbiano notificato al Consiglio di Sicurezza né se abbiano invocato una clausola di legittima difesa.
In secondo luogo, l’impiego del diritto dei conflitti armati su forze criminali — definendole “terroriste” — è una dottrina controversa: molti osservatori ritengono che essa rischi di dilatare arbitrariamente il potere esecutivo e di ridurre il controllo legislativo e giudiziario.
In terzo luogo, le operazioni sono coperte dal segreto d’ufficio: né la Casa Bianca né la CIA hanno reso note le regole d’ingaggio o l’assetto del comando. In un perfetto equilibrio tra discrezione e trasparenza, molti fanno notare come l’atto di confessare che tali operazioni sono in corso, senza almeno una cornice giuridica nota, costituisca essa stessa una rottura degli equilibri istituzionali.
Il Congresso degli Stati Uniti, in particolare alcuni senatori democratici, ha già avviato richieste di informazioni e verifiche sull’uso di fondi e l’efficacia degli strike navali. Alcuni propongono una supervisione stringente per evitare che il governo vaghi verso una guerra non dichiarata.
La strada più probabile resta quella di conflitti asimmetrici, operazioni coperte e azioni militari limitate nel tempo e nello spazio, tese a minare la base militare e politica del regime, piuttosto che una invasione generalizzata. In questo senso, le operazioni CIA possono agire come spinta al collasso interno del governo, piuttosto che come attacco frontale.
Un fattore chiave è la coesione delle Forze Armate venezuelane. Se tali operazioni segrete dovessero generare defezioni o lacerazioni tra gli alti gradi militari, il regime potrebbe trovarsi travolto dall’interno. È qui che le operazioni informatiche, le intercettazioni e la pressione sul pagamento degli stipendi militari entrano in gioco: sono leve che agiscono sul nervo centrale del potere autoritario.
Parallelamente, la crisi economica — iperinflazione, crollo del petrolio, emergenza sociale — costituisce un fragore persistente che rende ogni manovra esterna più pericolosa: il popolo venezuelano è già esausto, e ogni stimolo esogeno può accendere proteste incontrollabili.
Reazioni in America Latina
Molti governi latinoamericani hanno espresso cautela. Pur criticando il regime venezuelano, alcuni escludono una “soluzione militare USA” come alternativa legittima. In particolare, l’osservazione che un conflitto aperto nell’area caraibica costituirebbe un precedente pericoloso in un continente segnato da fragili democrazie.
Nazioni come Colombia, Perù, Ecuador e Brasile, già gravati da ondate migratorie venezuelane, potrebbero essere tra i più colpiti da un’escalation. Le rotte dei rifugiati, i canali di traffico e le tensioni alle frontiere potrebbero esplodere in un effetto domino regionale.
Tra realismo e idealismo
Pur condividendo il giudizio severo verso il regime Maduro, molti analisti avvertono che il rischio di una “interventismo senza strategia” è altissimo. Le operazioni segrete devono essere calibrate con attenzione, pena il ritorno della “guerra a distanza” come strategia destabilizzante.
L’elemento chiave sarà il controllo civile e parlamentare negli Stati Uniti: garantire che le operazioni straordinarie rientrino in un contesto legale chiaro, con verifiche indipendenti e limiti di mandato.
Dall’altro lato, Caracas dovrà manovrare con estrema cautela: ogni risposta militare azzardata rischia di trasformare una guerra “ibrida” in una guerra vera. Maduro, per quanto restìo alla resa, è consapevole che se le trame interne cedessero, il regime potrebbe crollare.
L’autorizzazione dichiarata da Trump segna un punto di non ritorno nelle relazioni USA-Venezuela. Non è solo politica estera: è un confronto diretto con un governo autosufficiente che per oltre un decennio ha costruito il proprio potere sul rifiuto dell’ingerenza esterna.
Se la CIA entrerà davvero nel suolo venezuelano, non sarà più solo una guerra contro il narcotraffico o contro Maduro, ma una pietra tombale su qualunque illusione di indipendenza nel continente latino.
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