2:00 pm, 22 Settembre 25 calendario

Addio al sabato a scuola e la realtà che cambia

Di: Redazione Metrotoday
condividi

A settembre 2025 le scuole italiane riaprono in un clima diverso. Tra le novità più discusse: nelle linee guida emanate dal Ministero dell’Istruzione il sabato non è più menzionato esplicitamente come giorno da destinare alle lezioni, al netto dell’autonomia scolastica. Questo dettaglio, apparentemente formale, rappresenta un punto di svolta per chi da anni invoca la “settimana corta”, ossia una riorganizzazione settimanale del tempo scuola su cinque giorni anziché sei.

Le modifiche nelle linee guida

    In una bozza iniziale delle linee guida per il rientro a scuola si parlava di “estensione del tempo scuola settimanale alla giornata del sabato, ove non già prevista dalle recenti innovazioni ordinamentali”. Questa formulazione lasciava aperta la porta a un ritorno generalizzato delle lezioni al sabato.

    Nella versione definitiva, tale riferimento diretto è stato eliminato. Al suo posto è stata inserita la formula più generica: “una diversa modulazione settimanale del tempo scuola, su delibera degli Organi collegiali competenti”. Così viene ribadito il principio che le scelte su orari e giorni di lezione spettano, in ultima analisi, all’autonomia delle singole scuole.

Prese di posizione

    Antonello Giannelli, presidente dell’ANP (Associazione Nazionale Presidi), ha espresso soddisfazione per l’eliminazione del riferimento obbligatorio al sabato, ritenendo che lasciare la decisione alle istituzioni scolastiche sia più rispettoso delle specificità territoriali e organizzative.

    Il sindaco di Benevento, Clemente Mastella, ha rilanciato la proposta di norma nazionale che sancisca lo stop alle lezioni il sabato per tutte le scuole, affermando che è una battaglia che dura da quarant’anni. Un’idea che mira non solo a modificare l’organizzazione scolastica, ma a dare sollievo anche alle famiglie e al personale della scuola.

La situazione attuale

    Molte scuole hanno già adottato forme di “settimana corta” su base volontaria, con delibere del Collegio dei Docenti e del Consiglio d’Istituto, eliminando o riducendo l’uso del sabato come giorno di lezione.

    Anche a livello locale, in alcune realtà comunali e scolastiche, si registrano proposte e accordi che prevedono modifiche permanenti all’offerta oraria settimanale, con il sabato libero o limitato.

Le radici del dibattito

Il tema non è nascosto, è dibattuto da decenni. Qui alcuni passaggi storici che aiutano a capire come si è arrivati fin qui:

    La scuola tradizionale a sei giorni

    Per buona parte del Novecento, e fino a tempi relativamente recenti, le scuole italiane prevedevano lezioni anche il sabato. Era la norma: sei giorni alla settimana, tempi scuola che includevano sabato mattina in molti ordini di scuola.

    Autonomia scolastica e sperimentazioni locali

    Con il processo di autonomia scolastica (a partire dagli anni ’90‑2000) molte scuole si sono mosse in modo indipendente per sperimentare forme alternative di orario: la settimana corta, orari a modulo, rientri pomeridiani, l’eliminazione del sabato per certe classi o plessi. Spesso con pro e contro, a seconda delle risorse, della logistica, dei trasporti e delle famiglie.

    Le crisi energetiche, i costi, la sostenibilità

    Nel corso degli ultimi anni le spese di gestione degli istituti scolastici sono diventate un argomento cruciale. Riscaldamento, energia elettrica, illuminazione: alcune proposte – non sempre condivise da tutti – hanno indicato il sabato come variabile da tagliare per risparmiare. Tuttavia, il Ministero ha più volte fatto sapere che la decisione sull’uso del sabato non sarà presa principalmente per motivi di risparmio energetico, ma in base a considerazioni didattiche e organizzative.

        Parlamento, atti legislativi e proposte di legge

    Nel corso degli anni sono state presentate più volte al Parlamento proposte di legge per una settimana scolastica obbligatoriamente su cinque giorni, spesso rimaste ferme o bloccate. Mastella ne cita una risalente a 40 anni fa, che aveva ottenuto anche un buon numero di adesioni parlamentari, ma che non è mai diventata norma nazionale pienamente applicata.

Cosa guadagna e cosa rischia la scuola

    Migliore equilibrio per studenti e famiglie

    Il sabato libero consente un doppio fine settimana “vero”, utile per il recupero, lo studio, il riposo, le attività extrascolastiche, la vita familiare. Potrebbe migliorare la qualità della vita degli studenti, alleggerendo i carichi studenteschi e lo stress settimanale.

    Riorganizzazione didattica più concentrata

    In cinque giorni si potrebbe pensare a orari più intensi, attività laboratoriali, didattica innovativa, maggiore flessibilità, magari anche meno “spezzettamenti” o ore corte. L’idea è di avere un tempo scuola più “intenzionale”, non solo più lungo.

    Benefici indiretti su costi di gestione, trasporti scolastici, uso degli edifici: meno ore in più durante la settimana e possibile razionalizzazione delle risorse. Anche se, come si vedrà, queste ricadute non sono sempre chiare o immediate.

    Ore “spezzate”, orari più lunghi nei giorni feriali

    Eliminare il sabato significa che le ore che venivano distribuite anche quel giorno dovranno essere assorbite nei restanti giorni. Ciò può tradursi in giornate più lunghe, con rischio di affaticamento per studenti e insegnanti, specialmente ove non ci siano interventi strutturati per pause, ricreazioni, rientri pomeridiani o compresenze efficaci.

    Difficoltà per le famiglie

    Per molte famiglie, soprattutto dove entrambi i genitori lavorano, il sabato rappresenta un giorno in cui organizzare servizi extra‑scolastici, attività sportive, assistenza, impegni collettivi. Cambiare questa parte della settimana può generare disagi: servizi doposcuola, trasporti, accompagnamenti.

    Disparità territoriali

    Le scuole nelle aree rurali o periferiche, con meno risorse, con trasporti difficili, con carenza di personale, potrebbero trovarsi svantaggiate nel passare a una settimana corta. Alcune scuole sperimentano già moduli orari differenziati o settimane su cinque giorni, ma i contesti migliori rispondono più agevolmente ai problemi logistici.

    Qualità didattica

    Se l’orario viene compresso ma la didattica non ripensata in modo organico, c’è il rischio che la perdita sia solo formale: meno tempo per approfondimenti, meno spazio per attività integrative, con un impatto sulla qualità dell’insegnamento. Ci sono scuole che segnalano difficoltà nel far quadrare orari e docenti, garantire mensa, rientri, attività formative, attività pomeridiane.

    Normativa sui docenti

    L’orario dei docenti è disciplinato da contratti (CCNL scuola) che prevedono determinati monte ore, distribuzione oraria, obblighi che non possono essere ridotti unilateralmente. Modifiche a livello di calendario, orari e giorni richiedono rispetto delle competenze degli organi collegiali e della normativa vigente.

   Scenari possibili

Alla luce delle novità e dei vincoli, si delineano alcuni scenari realistici.

Autonomia scolastica piena Ogni singola scuola, tramite Collegio Docenti e Consiglio d’Istituto, decide se mantenere lezioni anche il sabato o meno; modulazione su cinque giorni; rientri pomeridiani; orari differenziati Differenze tra scuole (urbane / rurali), tra regioni; possibili disuguaglianze; necessità di negoziazione con famiglie e gestione logistica

Norma nazionale uniforme Proposta di legge che imponga settimana su cinque giorni per tutte le scuole, con parametri condivisi per monte ore, orari giornalieri, attività integrative Richiede risorse (trasporti, supporto, docenti, mense), coinvolgimento di enti locali; tempi lunghi di attuazione; possibili opposizioni politiche e sindacali

Sperimentazioni e modelli ibridi Alcune scuole usano la settimana corta, altre mantengono il sabato ma con orari ridotti; percorsi pilota; classi o indirizzi che sperimentano Possibilità di valutare impatto, raccogliere dati; meno rischi; gradualità; permette adattamento degli orari senza shock

Mantenimento dello status quo Solo piccoli aggiustamenti locali, oppure obbligo del sabato per alcune tipologie, nessuna riforma nazionale Soddisfa chi vuole continuità, ma lascia intatti molti disagi segnalati; può alimentare conflitti e aspettative non soddisfatte

Chi ha già sperimentato la settimana corta

    Savigliano (Piemonte): alcuni Istituti comprensivi hanno abolito le lezioni del sabato, passando a settimana su cinque giorni per le primarie a tempo ordinario, con un solo rientro pomeridiano.

    Liceo Marconi (Parma): ha attuato una riorganizzazione che elimina il sabato come giorno di lezione, mantenendo però rientri pomeridiani mensili. Gli orari sono stati ricalibrati per evitare spostamenti fuori fascia e problemi con il trasporto pubblico.

    Accordi locali come al Liceo Mariotti (Perugia) che hanno valutato la settimana corta per alcune classi e indirizzi, ma non per tutti. Ci sono state reazioni, fra cui manifestazioni contrarie da parte di genitori che temono un peggioramento del servizio educativo.

Cosa dice la legge

    L’autonomia scolastica garantisce alle singole istituzioni scolastiche la facoltà di modulare l’orario settimanale, dentro certi limiti: monte ore previsto, distribuzione minima in cinque giorni.

    Il CCNL della scuola stabilisce che l’orario di insegnamento dei docenti debba essere distribuito su almeno cinque giornate settimanali. Non è previsto che un docente lavori su quattro soli giorni (salvo casi eccezionali e regolamentati) e l’articolazione su sei giorni è ancora legittima se compatibile con le condizioni locali.

    Le recenti linee guida ministeriali hanno esplicitamente tolto ogni obbligo implicito verso le lezioni del sabato nella normativa nazionale, ribadendo che spetta agli organi collegiali locali decidere la modulazione settimanale.

Il dibattito è vivace e non privo di polarizzazione.

    Genitori e studenti: molti accolgono positivamente l’idea di sabati liberi, come momento di svago, di recupero o anche per ridurre lo stress accumulato durante la settimana. Altri sono preoccupati che questo comporti giornate scolastiche molto dense, con conseguente fatica fisica e mentale, specie per i più giovani.

    Docenti: alcuni favorevoli per maggiore qualità della didattica e miglior equilibrio vita‑scuola; altri cauti, per le difficoltà logistiche, le ore “spezzate”, la gestione del trasporto, la disponibilità del personale nei giorni con rientri intensi.

    Enti locali e trasporti: dove i trasporti scolastici sono poco elastici, dove il personale è carente, dove la mensa non può operare su orari allungati, l’eliminazione del sabato può essere complicata.

    Budget scolastico: molte scuole lamentano che risorse insufficienti rendono difficile anche solo mantenere il servizio attuale; chiedono che ogni modifica sia accompagnata da un adeguato supporto finanziario e infrastrutturale.

Questioni aperte

    Equità territoriale: come evitare che scuole ben dotate e in aree urbane passino subito alla settimana corta mentre altre restano a sei giorni, creando disuguaglianze?

    Monitoraggio degli effetti: serve un sistema per valutare impatti su rendimento, benessere studentesco, abbandono scolastico, partecipazione, oltre che su costi reali/risparmi nei bilanci scolastici.

    Orientamento normativo chiaro: se il Ministero deciderà di promuovere una riforma nazionale, occorre che le regole siano chiare su monte ore, orari giornalieri massimi, necessità di garantire attività integrative, l’equilibrio didattico.

    Supporto logistico e infrastrutturale: trasporti, mense, attività pomeridiane, strutture che operano anche nel sabato, servizi di assistenza, ecc. tutto deve essere riorganizzato.

La settimana corta

Guardando avanti, alcune tendenze sembrano emergere con forza:

    – Il principio dell’autonomia scolastica sarà sempre più centrale: le modifiche saranno, in larga misura, decise “dal basso”, cioè dalle scuole, dai collegi docenti, dai consigli d’istituto, in base ai bisogni locali.

    – Potrebbero moltiplicarsi le sperimentazioni: modelli ibridi in cui alcune classi o indirizzi adottano la settimana su cinque giorni, altre mantengono il sabato, con periodi di valutazione degli effetti.

    – Il Parlamento potrebbe rilanciare la proposta di legge che imponga una settimana corta uniforme, ma questo richiederà consenso, risorse e mediazioni.

    – È probabile che il tema del sabato a scuola diventi parte integrante del dibattito più generale sulla qualità dell’istruzione, sul benessere studentesco, sul contrasto allo stress scolastico, sull’innovazione didattica, non solo un tema “d’ufficio solare”.

    – Anche il contesto europeo offrirà riferimenti: in molti Paesi la settimana scolastica è su cinque giorni; fare paragoni con modelli funzionanti, con tempi scuola, carichi orari, pause, modalità di insegnamento, può essere utile.

Siamo a un punto di svolta. L’eliminazione del riferimento inevitabile al sabato come giorno di lezione nelle linee guida del Ministero non è solo un dettaglio, è il segno che il dibattito sulla settimana scolastica sta cambiando pelle: da proposta più o meno ideale a scelta concreta, da “opzione” locale a possibilità nazionale, se ci saranno visione, volontà politica, risorse adeguate.

Ma il successo di qualunque cambiamento dipenderà dalla capacità di coniugare tre elementi:

    Coerenza didattica – che il tempo scuola non sia solo ridotto o spostato, ma ripensato in termini di qualità.

    Equità – che ogni studente, ogni scuola, ogni territorio possa accedere alle stesse opportunità, senza che differenze infrastrutturali o economiche diventino discriminanti.

    Partecipazione reale – coinvolgere famiglie, studenti, insegnanti, enti locali nelle decisioni, ascoltare le criticità, sperimentare, valutare e adattare.

22 Settembre 2025 ( modificato il 20 Settembre 2025 | 14:12 )
© RIPRODUZIONE RISERVATA