10:04 pm, 12 Settembre 25 calendario

Il video shock sull’autopsia di Chiara Poggi e il diffondersi di un dolore

Di: Redazione Metrotoday
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Una nuova polemica nel caso di Garlasco: è emerso che su Internet è stato messo in vendita un video contenente le immagini dell’autopsia di Chiara Poggi, la giovane vittima dell’omicidio avvenuto nel 2007. Il contenuto, che — secondo quanto riportato — sarebbe stato reso disponibile a pagamento da un soggetto privato, ha suscitato immediata indignazione, soprattutto perché ritenuto una strumentalizzazione del dolore e un’offesa grave alla dignità umana.

Il Garante per la Privacy è intervenuto, adottando un provvedimento d’urgenza per bloccare la diffusione del video e ha ammonito che qualsiasi ulteriore diffusione delle immagini è illecita e comporterà conseguenze legali. Ha precisato che si tratta di una lesione molto grave non solo nei confronti della memoria di Chiara Poggi, ma anche della dignità dei suoi familiari.

Norme, deontologia e precedenti: cosa dice la legge

Per inquadrare bene le implicazioni di quanto accaduto, è utile richiamare:

    Il diritto alla privacy, tutelato in Italia da varie norme (Codice della privacy, Regolamento europeo GDPR) che proteggono non solo i vivi ma, in certi contesti, anche il rispetto della memoria e della dignità delle persone decedute, se la divulgazione delle informazioni può offendere i familiari o la pubblica morale.

    Le norme deontologiche del giornalismo: non solo il diritto di informare, ma anche il dovere di rispettare la persona, evitare spettacolarizzazione o contenuti che creino danno (anche psicologico) alle vittime o ai familiari. Diffondere immagini dell’autopsia, specie se esplicite e non necessarie ai fini investigativi o processuali, è generalmente considerata una violazione di questi principi.

    La giurisprudenza e i precedenti: vi sono altri casi giudiziari italiani e internazionali in cui autorità di garanzia o giudici hanno bloccato la diffusione di immagini autoptiche o video sensibili, considerando che il “diritto di cronaca” ha limiti precisi, specialmente quando si tratta di immagini che non aggiungono informazioni utili al pubblico, ma che provocano offesa o danno.

Il contesto del caso Garlasco

Per capire l’impatto emotivo e sociale di questo episodio, è utile ripercorrere alcuni snodi chiave:

    Il delitto: Chiara Poggi, 26 anni, viene uccisa nella villetta dei suoi genitori a Garlasco (Pavia) il 13 agosto 2007. La vicenda si è trascinata per anni tra indagini, processi, perizie, revisioni, con Alberto Stasi condannato definitivamente per l’omicidio nel 2015.

 Nuovi elementi: nel corso degli ultimi anni sono emersi rilievi, reperti, comparazioni di DNA e impronte che vengono ora riesaminati, cosa che ha riaperto dibattiti tanto giudiziari quanto mediatici. È in questo clima di riaccertamento che la diffusione del video-autopsia appare particolarmente grave, perché rischia di deviare l’attenzione dalla ricerca della verità processuale verso lo spettacolo del dolore.

    Ruolo dei familiari: la famiglia Poggi ha sempre dichiarato di voler verità processuale, ma anche rispetto. Non ha mai richiesto che scene intime o esiti autoptici fossero divulgati pubblicamente, né che immagini sensibili venissero rese disponibili.

Implicazioni etiche, morali e sociali

Questo episodio solleva una serie di questioni che vanno oltre il diritto e la cronaca:

    Spettacolarizzazione del dolore: in una società dove tutto può essere diffuso, condiviso, venduto, fin dove si può spingere la visualizzazione di contenuti che mostrano la morte, il corpo, l’autopsia? E chi decide cosa è “utile”, cosa è “pubblico”, cosa è offensivo?

    Il confine tra informazione e voyeurismo: molte immagini sensibili non apportano nuove informazioni al pubblico se non il sensazionalismo; spesso non aiutano a capire meglio l’accaduto, ma servono solo a suscitare emozioni forti.

    La tutela della dignità della vittima e dei familiari: la memoria della vittima non è un oggetto pubblico da consumare. Anche dopo la morte, resta un diritto di protezione contro forme di esposizione non richieste, non autorizzate.

    Responsabilità degli editori / utenti / piattaforme: chi propaga queste immagini? Chi le vende? Qual è la responsabilità delle piattaforme che ospitano video o contenuti a pagamento? Come verificare che ciò che viene diffuso sia legittimo?

Reazioni e conseguenze

    Il Garante per la Privacy ha agito d’urgenza per bloccare il video, e ha lanciato un avviso che ulteriori diffusione sarà perseguita. Ciò potrebbe includere sanzioni, denunce, procedimenti di responsabilità civile e penale per chi ha prodotto, distribuito o ospitato il video.

    I mezzi di informazione sono stati richiamati: anche le testate giornalistiche devono astenersi dal diffondere parti del video o immagini correlate, anche se avessero acceso interesse pubblico, se il contenuto è offensivo o rischia di ledere la dignità.

    Possibile intervento giudiziario: potrebbe aprirsi un procedimento per diffamazione, violazione della privacy, uso illecito di immagini sensibili; la famiglia della vittima potrebbe chiedere risarcimento (sia morale che materiale), se dimostrato il danno.

    Reazioni dell’opinione pubblica: indignazione, richieste di maggior controllo su ciò che circola online, su come contenuti sensibili possono essere messi in vendita, spesso in canali poco regolati, frequentemente ignorati dalle piattaforme stesse.

Tuttavia, nella pratica, contrastare questo fenomeno non è semplice:

    Localizzazione del contenuto: il video potrebbe essere ospitato su server esteri, su piattaforme poco note o tramite account privati/pagamento, rendendo difficile l’accesso per le autorità italiane.

    Anonimato e criptazione: chi mette in vendita tali contenuti può usare sistemi che proteggono l’anonimato, rendendo difficile identificare il responsabile.

    Tempistiche: spesso il danno è già fatto nel momento in cui il contenuto viene diffuso, e anche dopo il blocco, copia, condivisione, diffusione via catene non controllabili (messaggistica, social chiusi) continuano.

    Equilibrio tra libertà di stampa e diritto delle vittime: se da un lato i giornalisti hanno il diritto/dovere di informare, dall’altro il rispetto della dignità è un limite che la legge sancisce ma che sul campo può finire trasgredito, specie sotto la pressione del clic, dell’audience, del profitto.

Prospettive legali e giudiziarie

Guardando avanti, cosa potrebbe succedere:

    Richieste di accertamento penale: per chi ha diffuso, per chi ha venduto il video, per chi l’ha distribuito. Potrebbero configurarsi reati come violazione della privacy, trattamento illecito di dati sensibili, diffusione di immagini violente o di cadavere, con possibili aggravanti.

    Azioni civili da parte dei familiari: danni morali, risarcimento per lesione della dignità, del decoro, del diritto al godimento della memoria privata.

    Normativa più stringente o interventi regolatori: forse più pressione per far varare leggi o regolamenti specifici per video crudi, autopsie, morti violente, per piattaforme che ospitano contenuti generati dall’utente.

    Maggiore enforcement del Garante privacy, con sanzioni effettive, e possibili interventi delle autorità giudiziarie che emanano ordini di rimozione non solo in Italia ma verso piattaforme estere, cooperando con autorità internazionali.

Questo episodio non è isolato: è sintomo di una tendenza più ampia, che mette in crisi il confine tra pubblico e privato, tra informazione e intrattenimento morboso. Mentre il quadro giudiziario su Chiara Poggi si muove con lentezza, basandosi su perizie attente, confronti, rilievi che devono essere supportati da prove affidabili, questo genere di diffusione evidenzia quanto possa essere distruttiva l’esposizione incontrollata di contenuti che non aggiungono valore investigativo ma solo danno psicologico e sociale.

Occorre chiedersi: che tipo di società siamo, se certe atrocità diventano spettacolo? E quanto siamo disposti a tollerarlo, anche come pubblico?

12 Settembre 2025
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