L’armonia eterea delle Nuvole di Gabriele Picco alla Gallery Hotel Art
Dal 20 marzo e fino a ottobre, gli spazi del Gallery Hotel Art ospiteranno l’artista bresciano Gabriele Picco, che per la prima volta si esibisce a Firenze con la mostra “Carrying a Cloud”, curata da Valentina Ciarallo.
La Lungarno Collection ritorna a “conversare” e a nutrirsi d’arte con un nuovo progetto che arricchisce la sua rete di collaborazioni. Fin dal 2000, il Gallery Hotel Art di Vicolo dell’Oro 5 promuove il dialogo creativo tra arte contemporanea, i residenti fiorentini e gli spazi dell’hotel frequentati dai suoi ospiti internazionali.

Gabriele Picco è un artista visivo e scrittore che nel suo percorso artistico versatile esplora i rapporti paradossali tra temi universali come la vita e la morte, il sogno e la realtà, soffermandosi sulle contraddizioni dell’essere umano e della società contemporanea. Uno dei motivi ricorrenti nelle sue opere è quello delle nuvole, un tema iconografico sempre presente nella storia dell’arte sin dai tempi di Giotto nel Trecento, in cui le nuvole assumono un significato simbolico e narrativo, per giungere alle visioni oniriche e surreali di René Magritte nel Novecento. Picco le reinventa sottolineandone l’ambiguità intrinseca che rappresentano: entità sospese tra il tangibile e l’effimero, tra il reale e l’immaginario, in un costante richiamo alla dimensione artistica pasoliniana evocata nel cortometraggio del 1967 “Che cosa sono le nuvole?”, a cui l’artista fa spesso riferimento. Le nuvole intese come allegorie della vita assumono quella dimensione poetica e surreale che l’artista traduce in schizzi, disegni, sculture e scrittura. Appaiono come forme mistiche, impalpabili ed evanescenti, dalle sagome insolite e inafferrabili, rimandando a un universo infinito di possibilità.

Le nuvole, associate al modello storico dell’automobile Fiat 500, un’icona senza tempo, assumono un ruolo particolare. L’auto del popolo, simbolo di accessibilità per tutti e rappresentante di un’epoca e uno stile di vita, si trasforma in una scultura gigante. Una Fiat 500 modello D color crema del 1964 trasporta su di sé, al posto delle valigie, una nuvola dalle dimensioni irreali. L’opera Nuvola evoca un’Italia nostalgica, speranzosa e fatta di sogni collettivi, un immaginario che appartiene al passato ma non così lontano. Declinata in diverse versioni, la Nuvola ha viaggiato per il mondo facendo tappa in piazze e luoghi iconici, diffondendo il fascino dell’Italia del boom economico. Le nuvole, come racconta l’artista, sono forse tra le prime immagini che impariamo a disegnare da bambini insieme alle casette e al sole, richiamando quella dimensione di leggerezza e spensieratezza che accompagna l’infanzia e che l’arte è in grado di restituire allo sguardo adulto.

Tra le molte varianti pittoriche realizzate, c’è la serie degli inediti “Cieli Bucati”. Qui, le nuvole si stagliano in orizzonti che mutano dalle tonalità del rosa, azzurro, viola dell’alba, al rosso fuoco del tramonto, vibrando sotto il passaggio della luce come nei dipinti en plein air di Monet. La tela, bucata e picchiettata, supera il limite dello spazio pittorico aprendo nuove dimensioni. Un piccolo volatile si posa sulla cornice (di vecchia manifattura recuperata dall’artista) creando un collegamento tra passato e presente. La serie dei “Cieli Bucati” richiama le costellazioni dei “buchi” di Lucio Fontana, verso quelle aperture di uno spazio ulteriore alla ricerca della terza dimensione, ma anche al romanzo dello stesso Gabriele Picco “Cosa ti cade dagli occhi” (2010), in cui un gabbiano scopre il tallone d’Achille del cielo: un punto fragile che, se colpito con il becco, potrebbe frantumarsi, aprendo un piccolo spiraglio sulla meraviglia dell’ignoto. Questo gesto simbolico rappresenta la capacità di trasformare la realtà e trovare quella crepa attraverso cui accedere a un mondo idealizzato.

Secondo Gabriele Picco, le nuvole non sono solo elementi fluttuanti ma devono essere anche addestrate. Da qui emerge il personaggio dell'”ammaestratore di nuvole”, un curioso protagonista del “teatro della vita” che viviamo quotidianamente. Come un direttore d’orchestra con il cilindro in testa, guida una sinfonia di sogni tra le nuvole per creare un’armonia eterea. In “Dipingi la tua vita sempre in una dimensione surreale”, appare un buffo personaggio, anch’esso proveniente da un teatrino dell’assurdo: la sua testa deforme diventa una tavolozza, utilizzata per colorare l’esistenza stessa. Forse un invito a dipingere la vita seguendo le proprie aspirazioni, improntando sogni e infinite possibilità.

Tra le opere meno recenti troviamo “Trasportatori di arcobaleno” e “Lo scalatore di carote” (2017) esposti per la prima volta. Ci troviamo di fronte a un immaginario in cui una bellezza impalpabile, come quella degli arcobaleni, diventa concreta: due piccoli uomini scelgono il luogo dove posizionare un ponte di colore. Sarebbe un antidoto alla noia? O forse il desiderio di guardare il mondo con stupore scalando una gigantesca carota.
L’esposizione, arricchita da una serie di disegni ironici ispirati alla cultura popolare dei cartoni animati e creati appositamente per l’occasione, si trasforma in uno spazio di riflessione sul concetto di eternità, esplorando una dimensione a noi non accessibile che diventa metafora per identificare l’esperienza di ogni individuo.
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