Spie sexy” contro gli Stati Uniti: la nuova frontiera dell’intelligence
Tra honey-trap e guerra tecnologica
Nel linguaggio dei servizi segreti è chiamata sexpionage o “honey-trap”: l’uso di relazioni affettive, sessuali o romantiche per estrarre informazioni, influenzare decisioni o creare ricatti. Oggi questo spettro torna sulla prima pagina non come aneddoto da romanzo, ma come elemento strutturale di una strategia di competizione internazionale che vede, in misura crescente, Pechino e Mosca accusate di impiegare donne attraenti e operatori civili per avvicinare figure chiave del settore tecnologico statunitense. I reportage degli ultimi giorni parlano di “guerra asimmetrica” in cui la seduzione diventa arma — e tecnologia, denaro e relazioni sociali i teatri dello scontro.
L’allarme arriva da analisti di sicurezza e pezzi giornalistici che descrivono scenari sofisticati: agenti che operano sotto copertura come imprenditrici, recruiter di startup, investitrici o profili social da inclinare all’incontro, fino a relazioni consolidate — convivenze, matrimoni, perfino figli — usate come ponte di accesso a segreti industriali e brevetti sensibili. È un rinnovato “toolkit” di intelligence che mescola metodi tradizionali (il classico honey-trap dei tempi della Guerra Fredda) con strumenti digitali e network sociali che facilitano il contatto e la manipolazione.

Non film, ma strategia
Dietro l’apparenza sensazionale si nascondono ragioni concrete. Il valore economico e strategico dell’innovazione statunitense — nei semiconduttori, nell’intelligenza artificiale, nei materiali avanzati e nei settori aerospaziali — è enorme: la sottrazione di know-how può tradursi in vantaggi competitivi miliardari. Per alcuni governi, spiegano gli esperti, questa realtà giustifica l’adozione di strategie di penetrazione che non si limitano al cyber-hacking o al reclutamento interno, ma includono l’infiltrazione attraverso relazioni interpersonali costruite appositamente.
Non meno importante è il «filtro» culturale: gli analisti suggeriscono che alcuni paesi hanno una tradizione di mobilitazione sociale verso obiettivi statali, una visione che può rendere più fluida la transizione dalla sfera privata a quella della raccolta informazioni. Dall’altra parte, la cultura occidentale — più aperta, con una forte rete di eventi professionali, programmi di scambio e startup ecosistems — offre spazi naturali dove incrociare vite professionali e private. È qui che operano i cosiddetti “operatori civili”: non spie in uniforme, ma imprenditrici, ricercatrici, investitrici o influencer con sembianze di normalità.
Gli strumenti sono molteplici e ibridati. Alcuni dei più citati dagli osservatori:
Eventi e conferenze: fiere, pitch nights, incubatori diventano luoghi di approccio. Lì si moltiplicano occasioni per stringere contatti diretti con talenti e dirigenti.
Recruiting e venture capital: fondi apparentemente privati, incubatori o angel investor fungono da veicolo per relazioni e informazioni sui progetti.
Social media e dating app: profili curati costruiscono rapporti prima online e poi dal vivo; la tecnologia di geolocalizzazione e i metadati facilitano la selezione dei bersagli.
Relazioni a lungo termine: non solo incontri fugaci: in diversi casi denunciati la relazione è durata anni, diventando fonte costante di accesso.
Combinazione cyber-human: il fattore umano apre una porta che il cyber può sfruttare: accessi, password, spostamenti e persino documenti condivisi diventano prede.
Questa combinazione rende più difficile la mera difesa tecnica: non basta proteggere server e reti, occorre una cultura di consapevolezza personale e organizzativa.

Storie vecchie, tecnologie nuove
Il ricorso al fascino per ottenere informazioni è tutt’altro che nuovo. Il Novecento abbonda di episodi: agenti sovietici che componevano relazioni con diplomatici occidentali, casi di seduzione usata per ottenere codici o accesso. La novità attuale sta nell’estensione e nella professionalizzazione dell’approccio, e soprattutto nell’integrazione col mondo digitale. La logistica del contatto oggi è più fine: profiling massivo, microtargeting e l’uso di piattaforme professionali riducono il rischio dell’operatore e aumentano la probabilità di successo.
Gli anni recenti hanno registrato casi che hanno portato alla luce schemi simili: procedimenti giudiziari in Europa e indagini in Nord America hanno mostrato tentativi di honey-trap orchestrati anche via social network. Gli esperti di controspionaggio ricordano che questi metodi vengono applicati non solo per furto industriale, ma anche per raccogliere informazioni politiche, influenzare processi decisionali e creare reti di influenza.
Vulnerabilità del settore tech
La Silicon Valley e i poli tecnologici del mondo sono un terreno fertile per questo tipo di operazioni per più ragioni: talento giovane e internazionale, alta mobilità, culture lavorative che premiano networking e apertura, nonché frequenti interazioni con capitali esteri e collaborazioni accademiche. Inoltre, nelle aziende più piccole spesso mancano protocolli rigidi di sicurezza: start-up che mostrano prototipi, ricercatori che parlano di roadmap o CTO che partecipano a tavole rotonde possono diventare fonti involontarie.
La fragilità più evidente è umana: curiosità, ambizione, voglia di networking e — non ultima — dimensione privata. Un CEO che avvia una relazione può essere indotto, lentamente, a condividere dettagli non ancora diffusi; un ingegnere che si fidanza con una recruiter elegante potrebbe fornire involontariamente accesso a dispositivi o account. Per questo motivo la comunità della sicurezza americana ha intensificato gli avvisi su comportamenti a rischio.

Le autorità statunitensi e private rispondono con formazione, campagne di sensibilizzazione e procedure di sicurezza più stringenti. Le aziende invitano i dipendenti a segnalare contatti sospetti, a limitare la condivisione di dettagli sensibili e a separare la vita privata da quella lavorativa quando è a rischio proprietà intellettuale. Ma non sono misure semplici da standardizzare: la privacy individuale e la libertà di relazione pongono un confine etico delicato. Come bilanciare la protezione della sicurezza nazionale con i diritti personali?
Le risposte tecniche — autenticazione multifattore, monitoraggio delle comunicazioni corporate, limitazioni degli accessi ai progetti sensibili — sono parziali. Molto dipende dalla cultura d’impresa: creare ambienti in cui la segnalazione non sia stigmatizzata, in cui la formazione sul rischio umano sia parte della routine professionale, è tanto importante quanto aggiornare i firewall.
Il quadro geopolitico
La narrativa dell’impiego di “operatori civili” per spingere relazioni romantiche va di pari passo con accuse più generali di spionaggio economico e cyber-furto: attacchi informatici, inserimento in catene di fornitura, investimenti controllati. In alcune analisi la sinergia tra azioni cyber e azioni umane rappresenta la nuova modalità di competizione strategica: meno visibile della guerra convenzionale, più durevole nei guadagni che può generare.
Non è un caso che il tema stia assumendo coperture mediatiche ampie. Le accuse, tuttavia, restano in parte difficili da provare pubblicamente: le operazioni sono progettate per essere opache. Questo alimenta una guerra di narrazioni dove le intelligence, i governi e i media si scambiano accuse, conferme e ritrattazioni.

Nel passato recente alcuni casi hanno fatto scalpore: indagini giudiziarie in Europa hanno portato alla luce tentativi di compromissione di giornalisti e funzionari attraverso profile online e incontri preparati. In altri episodi, legami affettivi sono stati usati come leva per estorsione o trasferimento di informazioni. Ogni caso ha insegnato che l’effetto più dannoso non è sempre il singolo dato trafugato, ma la compromissione della fiducia interna, la rottura di rapporti e la paralisi decisionale che ne consegue.
Tra prudenza e realtà quotidiana
La vicenda delle “spie sexy” non è una favola spionistica né un invito alla paranoia. È piuttosto un richiamo alla realtà complessa del XXI secolo: la competizione tecnologica e industriale si gioca su molteplici livelli, alcuni dei quali toccano la sfera personale. Per le aziende e le istituzioni, la lezione è chiara: proteggere la ricerca e lo sviluppo significa oggi curare non solo il codice e le infrastrutture, ma anche le persone che li coltivano.
Per i professionisti del tech e dell’innovazione la raccomandazione è doppia: coltivare relazioni reali e sane, ma mantenere una consapevolezza da “igiene digitale” anche nella vita privata. E per le democrazie, che si basano su libertà personali e apertura, il vero compito sarà mantenere l’equilibrio tra protezione e privacy — senza trasformare il sospetto in prassi quotidiana.
La “guerra delle relazioni” esiste. Sapere come si conduce e come difendersi è oggi parte della difesa nazionale e industriale tanto quanto un buon sistema di sicurezza informatica.
© RIPRODUZIONE RISERVATA







