6:56 pm, 26 Ottobre 25 calendario

Il colpo al cuore del Musée du Louvre svaligiato, catturati i sospetti fuggitivi

Di: Redazione Metrotoday
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È una storia degna di un thriller, eppure vera. Una rapina in piena luce del giorno, ai danni del museo più visitato del mondo, con la fuga di preziosi gioielli della Corona francese e un inseguimento internazionale fra Francia, Algeria e Mali. Ad aprire nuovi capitoli dell’intreccio sono gli arresti di due sospetti: uomini di circa trent’anni, entrambi originari della periferia parigina di Seine-Saint-Denis, di cui uno fermato all’aeroporto di Parigi-Charles de Gaulle mentre saliva su un volo verso l’Algeria, l’altro bloccato poco dopo nella regione parigina. Le autorità spiegano che stavano «abbandonando il territorio francese» e che il piano di fuga prevedeva rotte verso l’Africa occidentale.

Ma questo colpo – avvenuto al mattino del 19 ottobre 2025 nella Galerie d’Apollo del Louvre – non è solo un furto: è uno schiaffo all’immagine di un’istituzione culturale simbolo della Francia, un allarme per la sicurezza dei beni culturali e un banco di prova per la giustizia transnazionale. Ecco come si è arrivati fino a qui, cosa sappiamo finora e cosa potrebbe accadere nei prossimi giorni.

Un blitz fulmineo e audace

Sono circa le 9:30 di una domenica mattina quando un gruppo di almeno quattro individui, secondo le ricostruzioni investigative, entra in azione nell’ala del Louvre dedicata alla Galerie d’Apollo, quel corridoio sontuoso affacciato sulla Senna dove sono esposti i gioielli reali. Hanno a disposizione un camion-movers dotato di piattaforma elevatrice e scala telescopica montata sul retro: dalla strada più discreta accedono ad un balcone al primo piano. Una volta sul posto indossano giubbotti ad alta visibilità, simulando lavori di manutenzione, e in poco meno di sette minuti – due operatori penetrano nella sala, tagliano vetri e lastre, raccolgono pezzi, e scappano su scooter attesi fuori. È un’azione studiata nei dettagli, che lascia dietro di sé caschi, vestiti, impronte digitali e tracce di DNA.

Il bottino? Otto gioielli dell’antica Corona di Francia – stimate circa 88 milioni di euro (oltre 100 milioni di dollari) – tra cui una collana di smeraldi e diamanti che Napoleone I donò a Maria Luisa, moglie imperiale, e un diadema con 212 perle e quasi 2.000 diamanti appartenuto all’imperatrice Eugenia. Uno dei pezzi cade durante la fuga: il diadema viene rinvenuto danneggiato poco lontano. Aumenta quindi la drammaticità del fatto e l’allarme per il destino delle altre gemme.

Il golpe al museo è ovviamente immediatamente percepito come un’umiliazione nazionale: politici e media francesi lanciano l’allarme sulla sicurezza delle istituzioni culturali e sollevano interrogativi sul dispositivo di vigilanza del Louvre.

La prima grande svolta: due arresti e la fuga verso l’Africa

Dopo giorni di indagini che mobilitano oltre 100 agenti specializzati (fra la BRB – Brigata Repressione Banditismo – e l’OCBC – Ufficio Centrale Lotta Traffico di Beni Culturali), arriva la notizia degli arresti. Uno dei sospetti è bloccato sabato sera all’aeroporto di Parigi mentre sta per imbarcarsi verso l’Algeria; l’altro arresto segue poco dopo nella regione parigina, nella sua abitazione o nelle vicinanze della Seine-Saint-Denis. Entrambi risultano noti alle forze dell’ordine e implicati in furti complessi.

Corrono le indagini, le tracce repertate includono oltre 150 campioni di DNA, impronte, vestiti abbandonati al momento della fuga, filmati dalle telecamere delle strade circostanti. La pubblica accusa avverte però che non si può cantare vittoria: «È presto per dare dettagli», afferma la procuratrice di Parigi, e solleva una questione critica: la fuga verso l’Africa – Algeria e Mali – suggerisce un’organizzazione che va oltre il semplice colpo opportunistico.

Questi arresti sono un passo importante, ma non basta: i gioielli non sono ancora tutti recuperati, alcuni escono dal territorio nazionale, e restano sospesi scenari di riciclaggio, traffico internazionale e smembramento del bottino.

Dietro la rapidità dell’azione dei ladri ci sono vulnerabilità clamorose. Nel rapporto preliminare spunta una rivelazione: un terzo delle sale colpito nel Louvre non era coperto da videocamere al momento dell’irruzione. Non solo: quel giorno le guardie hanno segnalato una forte affluenza di visitatori e – secondo sindacati interni – una riduzione del personale di sorveglianza in alcune aree «meno visibili».

L’ingegnerizzazione del colpo è stata massima: il camion-piattaforma, la scala sul retro, la scelta del giorno e dell’orario, l’impiego di strumenti da taglio. Il fatto che abbiano mimetizzato l’azione da intervento di manutenzione evidenzia un’analisi preventiva del sito e delle abitudini del museo.

Il ministro della Giustizia lo definisce un fallimento «terribile» per l’immagine della Francia e invita a un «ritorno immediato» agli standard di vigilanza. Il direttore del museo stesso – già sentito al Senato – ammette che quel vetro era semplice e che il piano di modernizzazione della sicurezza, avviato ma non ancora completato, ha lasciato scoperti degli angoli vulnerabili.

L’episodio ha offuscato non solo l’orgoglio nazionale, ma riaperto un dibattito su quanto i beni culturali siano davvero protetti, con quali risorse e in che misura il mondo della cultura è esposto ai grandi furti internazionali.

Una storia che torna

Non è la prima volta che il Louvre subisce un furto, ma è certo tra i più clamorosi nella storia recente. Nel 1911 il celebre furto della Mona Lisa compì la leggenda stessa del dipinto: un dipendente mascherato rubò il capolavoro e lo portò in Italia, innescando la mitizzazione dell’icona. Quel colpo rimase per anni il simbolo della vulnerabilità dei musei. Oggi, questo nuovo attacco – in pieno giorno, con così tanta evidenza tecnica e mediatica – segnala che non si tratta solo di nostalgici dell’arte, ma di organizzazioni del crimine che sanno fare i conti in modo globale.

Negli ultimi anni i furti nei musei francesi erano cresciuti: alcune monete d’oro trafugate, intrusioni notturne, esposizioni temporanee scelte come obiettivi. Eppure il colpo al Louvre, nella sua economicità, nel suo impatto simbolico e nella sua visibilità internazionale, rimane un evento spartiacque: da una parte la percezione della cultura come bene sacro protetto, dall’altra la realtà di un patrimonio nazionale vulnerabile alle logiche della criminalità globale.

Le implicazioni culturali, economiche e politiche

Il furto non riguarda solo il valore delle gemme – stimato oltre 100 milioni di dollari – ma il significato simbolico dell’istituzione francese. Il Louvre è patrono della memoria nazionale e culturale. Quando l’azione va a segno in quella sede, tutto il sistema di tutela dell’arte entra in crisi.

Dal punto di vista economico, il danno è duplice: perdita dei valori oggetto, aumento dei costi assicurativi, necessità di rafforzare la sicurezza e magari modificare l’esperienza del visitatore. Politicamente, il governo si trova a rispondere davanti all’opinione pubblica: perché non era tutto già blindato? A che punto è il piano di modernizzazione della sorveglianza nei musei? In che modo verrà recuperata la fiducia?

Infine, c’è la componente transnazionale: la fuga verso l’Africa, lo spettro del traffico internazionale di beni culturali, il coinvolgimento di bande che operano su più fronti. Questo significa che il furto non è una questione solo francese, ma europea, globale, e richiede cooperazione tra polizie, dogane, organi internazionali.

Si aprono diverse fasi di questa inchiesta. In primo luogo, la custodia dei due arrestati: interrogatori, verifica delle tracce, possibili estensioni delle misure cautelari fino a 96 ore. In secondo luogo, le operazioni per recuperare i gioielli: ogni minuto è prezioso perché le pietre possono essere smontate, rifuse, disperse o esportate.

Sul fronte della sicurezza, il Louvre ha già temporaneamente trasferito parte della collezione in depositi blindati e annunciato che alcune aree resteranno chiuse fino a nuovo allarme. Il Ministro della Cultura ha dichiarato che verrà accelerato il piano nazionale per la tutela dei beni culturali.

A livello internazionale, è probabile che Interpol entri ufficialmente in campo, che vengano emessi avvisi di ricerca per i paesi d’origine dei sospetti e che si intensifichino i controlli alle frontiere, in particolare in Africa occidentale e nel Sahara. Le reti del crimine culturale, secondo gli investigatori, spesso trovano rifugio in quelle rotte.

Infine, c’è un aspetto legale e giudiziario: i sospetti rischiano accuse gravi – furto aggravato, associazione criminale, riciclaggio internazionale – e la saga potrebbe durare mesi. Nel frattempo, il museo e la Francia guardano in faccia un bivio: rafforzare la protezione o subire nuovi colpi.

Il furto al Louvre non è un fatto isolato. È un segnale che ha attraversato la cultura, il turismo, la sicurezza, la politica. Dalle scale esterne del museo ai cieli d’Africa, scorre un filo che unisce l’arte e la criminalità. L’arresto dei primi due sospetti è solo l’inizio di un percorso che richiede risposte forti, trasparenti e rapide.

26 Ottobre 2025
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