Usa, via libera all’Ucraina per attacchi con missili a lungo raggio: svolta o bluff?

Un’importante notizia ha scosso il panorama del conflitto tra Ucraina e Russia, con possibili effetti sullo scenario militare e diplomatico europeo. Secondo un’inchiesta del The Wall Street Journal, l’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump avrebbe revocato una restrizione chiave che impediva a Kiev di usare alcuni missili occidentali a lungo raggio — in particolare quelli forniti da Paesi alleati — per colpire obiettivi all’interno del territorio russo.
Subito dopo la diffusione della notizia, però, lo stesso Trump è intervenuto sui social dichiarando che si trattava di una “fake news” e che gli Stati Uniti “non avevano nulla a che fare con quei missili, ovunque provengano, né con quello che l’Ucraina ne fa”.
Alla luce di queste contraddizioni, risulta fondamentale esplorare la portata reale della decisione, contestualizzarla nella storia del conflitto, analizzare le poste in gioco e provare a comprendere quali scenari possano aprirsi da qui in avanti.
Secondo il WSJ, funzionari statunitensi hanno dichiarato che il via libera riguarda missili occidentali di “origine non-U.S.” — come i britannici Storm Shadow/SCALP — che fino a oggi Kiev poteva ricevere ma non poteva utilizzare per attacchi oltre la linea di contatto o dentro la Russia. L’applicazione effettiva della rimozione della restrizione sarebbe già avvenuta a seguito dell’attacco ucraino contro un impianto russo nella regione di Brjansk.
Il meccanismo: finora gli Stati Uniti, pur non fornendo direttamente quei missili (o almeno non tutti), controllavano i dati di targeting utilizzati anche da piattaforme alleate. Rimuovendo la restrizione, si apre la possibilità che l’Ucraina li impieghi in modo autonomo, senza vincoli formali-limite sull’area geografica.
Tuttavia, resta un punto essenziale: non è chiaro se la rimozione riguardi anche missili statunitensi con gittata ancora più elevata, come i Tomahawk, che gli ucraini hanno più volte chiesto. Secondo articoli recenti, gli Stati Uniti valuterebbero ancora la fornitura di Tomahawk — ma senza impegno ufficiale.
Da una parte, a Kiev è trapelata una certa soddisfazione: se confermata, la decisione amplifica la capacità operativa ucraina, consentendo, dicono i vertici militari, di “colpire più in profondità” e colpire infrastrutture e linee di rifornimento russe che finora erano relativamente al sicuro.
Dall’altra, Mosca ha reagito duramente: il portavoce del Cremlino ha definito l’ipotesi come un “salto qualitativo della partecipazione occidentale al conflitto” e ha richiamato all’uso del deterrente nucleare come ultima risorsa.
Nel frattempo, la tensione politica interna negli Stati Uniti è subito emersa: Trump, smentendo la notizia, apre la questione della credibilità delle fonti e dell’effettiva esistenza della revoca. Il caos informativo e la mancanza di conferme ufficiali rendono lo scenario più opaco.
La lunga battaglia sui limiti di gittata
Per comprendere appieno questa decisione, occorre tornare indietro nel tempo e ricordare come i limiti all’uso dei missili a lungo raggio siano diventati uno dei nodi strategici della guerra:
All’inizio dell’invasione russa (febbraio 2022) l’Ucraina era dotata di sistemi forniti dagli alleati, ma non era autorizzata a colpire all’interno della Russia. Gli Stati Uniti in particolare avevano imposto restrizioni finalizzate a evitare un’escalation diretta con Mosca.
Nel corso del 2023-24, l’Ucraina ha lentamente ottenuto via libera per l’uso dei sistemi statunitensi ATACMS — missili tattici con gittata circa 300 km — ma inizialmente con vincoli sulla zona di impiego.
Il 27 maggio 2025, i governi di Usa, Uk, Francia e Germania annunciarono la rimozione dei limiti di gittata sui sistemi consegnati a Kiev. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz affermò esplicitamente che “non ci sono più restrizioni di gittata”.
Quindi l’annuncio di ieri va letta come un passaggio ulteriore — o quantomeno come una chiarificazione operativa — di una progressiva liberalizzazione dell’uso delle armi da parte dell’Ucraina.
Si tratta presumibilmente di un segnale strategico verso Mosca. Gestire la guerra secondo regole finora molto contenute ha limitato il potenziale di attacco ucraino. Aprire a un uso più libero delle armi costituisce un avvertimento implicito a Mosca: “gli schemi cambiano”.
La dipendenza dalle fonti di targeting, dallo scambio di dati da parte degli USA o alleati, resta un fattore critico: se Washington dovesse scegliere di limitare l’accesso a tali dati, la libertà d’azione ucraina si ridurrebbe.
Il rischio di escalation è reale: colpire all’interno del territorio russo azioni strategiche può innescare reazioni forti, e Mosca non ha escluso l’uso di risposte che vadano oltre il teatro ucraino.
La credibilità stessa della notizia è messa in dubbio dalla smentita degli Stati Uniti: se non verranno pubblicate linee guida chiare o trasparenza sull’efficacia della revoca, il cambiamento potrebbe restare sulla carta.
Dal punto di vista psicologico e politico, una simile mossa dà a Kiev un messaggio forte: non più solo in difesa, ma con margine di offensiva più ampia.
Tuttavia, la condizione “fare attenzione a non provocare una guerra totale” rimane: sia da parte degli alleati occidentali sia da parte dell’Ucraina.
Il futuro delle sanzioni: parallelamente all’annuncio dell’allentamento delle restrizioni sui missili, gli USA preparano nuove sanzioni contro Mosca, in vista di ulteriori escalation.
La notizia rappresenta — se confermata — una potenziale svolta significativa nell’equilibrio di potere nel conflitto Ucraina-Russia: l’Ucraina ottiene una maggiore libertà nell’uso delle armi a lungo raggio, il che può trasformare la dinamica operativa e strategica sul campo. Tuttavia, rimangono molti “se” e “ma”. Le smentite ufficiali, le ambiguità, i limiti tecnici e politici indicano che siamo probabilmente all’inizio di una fase di ridefinizione, non a un capovolgimento immediato.
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