Il giallo dello scontrino che riapre il caso Garlasco
Un testimone chiave rompe il silenzio e smentisce un elemento cruciale dell’alibi presentato da Andrea Sempio, coinvolto da anni nell’intricata vicenda del delitto della studentessa Chiara Poggi, consumatosi a Garlasco nel 2007. Lo scenario torna ad assumere contorni nuovi e più complessi, mentre la difesa preferisce mantenere il riserbo: l’avvocato evita commenti ufficiali e la tensione investigativa torna ad acuirsi.
Era la mattina del 13 agosto 2007 quando Chiara Poggi venne uccisa all’interno dell’abitazione di famiglia a Garlasco. L’indagine, poi diventata uno dei casi – e più discussi in Italia – ha attraversato sentenze di condanna, assoluzioni, nuove perizie e continui rilanci mediatici. In questo contesto, l’alibi di Sempio era stato costruito anche attraverso uno scontrino del parcheggio di Vigevano: quel documento, secondo la ricostruzione difensiva, attestava la presenza dell’imputato nel luogo e orario dichiarati, e dunque la sua assenza dal luogo del delitto.
Nei giorni scorsi, però, un testimone ha dichiarato che “lo scontrino non era di Sempio”. Questa affermazione – se confermata – mina un pilastro dell’impianto difensivo e riapre la partita investigativa. Il testimone sostiene di aver visto il parcheggio in cui sarebbe stato emesso lo scontrino, e che la data, l’orario o il veicolo indicato non combaciano con quanto sostenuto dall’imputato.
Il sostituto procuratore incaricato ha richiesto nuove verifiche sul sistema di videosorveglianza del parcheggio, sugli accessi dell’area e sugli orari registrati.
La difesa, dal canto suo, ha mantenuto il silenzio: l’avvocato ha dichiarato «no comment» circa la dichiarazione del testimone, rimandando possibili repliche.
Sul fronte mediatico e dell’opinione pubblica, il caso ritorna sotto i riflettori: molti commentatori parlano di «colpo di scena» e si domandano se l’intera linea di difesa sarà ridisegnata.

L’alibi
Nel corso degli anni, l’alibi di Sempio ha costituito un nodo centrale. Secondo la ricostruzione difensiva, durante la mattina del delitto Sempio si sarebbe recato a Vigevano, avrebbe posteggiato l’auto, avrebbe acquistato un biglietto o ricevuto uno scontrino dal parcheggio e ciò lo avrebbe collocato lontano dall’abitazione di Poggi.
Tuttavia, fin da antica data, parte dell’accusa e alcuni esperti investigativi avevano sollevato dubbi: l’orario dello scontrino, la durata della permanenza nel parcheggio, la coerenza con i tabulati telefonici e la logistica del tragitto presentavano incongruenze. In un dossier del 2025, gli inquirenti avevano riaperto l’ipotesi che l’orario effettivo del delitto potesse essere anticipato rispetto a quanto inizialmente dichiarato, circostanza che avrebbe reso l’alibi decisamente più fragile.
Il nuovo testimone e la svolta
Il testimone ha riferito di aver visto il veicolo parcheggiato nel sito indicato, ma in un orario remoto rispetto a quello indicato da Sempio. Ha affermato inoltre che lo scontrino – di cui la difesa ha mostrato copia – conteneva un veicolo con targhe diverse da quelle dell’auto dell’imputato. Se ciò venisse verificato, significherebbe che l’imputato non è stato quel giorno nel parcheggio al momento indicato o che lo scontrino non attesta la sua presenza.
La Procura ha già disposto la richiesta di acquisizione degli accessi elettronici al parcheggio, dei log di transito dei veicoli e delle immagini delle telecamere comunali e private della zona. È possibile che venga chiesta una nuova perizia sul documento stesso e sulla possibile manipolazione o errata interpretazione.

La vicenda assume importanza soprattutto nel contesto dell’iter giudiziario. Stasi era stato condannato in primo grado, poi assolto in appello, e la Corte di Cassazione aveva disposto il rinvio per un nuovo processo per omicidio volontario. Ogni elemento a carico o a discarico è perciò cruciale: una smentita dell’alibi rappresenta un potenziale elemento aggravante, o quanto meno riduce le possibilità difensive.
In passato, altri elementi – come tracce di sangue, reperti ematici, analisi forensi e testimonianze – avevano già animato la contesa. Quest’ultimo sviluppo sullo scontrino può dunque segnare una riapertura materiale del caso, una ridefinizione delle prove, e magari l’emergere di nuovi percorsi investigativi.
Il caso Garlasco è diventato negli anni una sorta di paradigma dell’attenzione mediatica sui processi complessi, sulle perizie scientifiche e sul rapporto tra verità giudiziaria e opinione pubblica. Una smentita così recente di un alibi presentato dal 2007 ha un forte effetto simbolico: riporta con forza in primo piano l’idea che in processi così dilatati nel tempo, non tutto è mai davvero chiuso.
In termini di sistema, apre anche una riflessione sull’efficacia delle prove in casi di vecchia data: scontrini, telecamere, testimonianze, documentazioni digitali. Dietro ogni alibi ci sono elementi tecnici che possono deteriorarsi, manipolarsi, venire re-interpretati. L’esito di questa vicenda sarà anche un banco di prova per la tenuta del modello processuale italiano in contesti tanto complessi.
Se l’alibi crollasse e venissero confermate nuove prove, il caso potrebbe entrare in una fase decisiva: una nuova istruttoria, una possibilità di appello, forse un terreno di negoziazione giudiziaria o plebiscito mediatico. Il risultato sarà seguito da vicino non solo dagli addetti ai lavori, ma anche dal grande pubblico, che ha fatto del delitto di Garlasco uno dei simboli della cronaca nera italiana.

Il testimone che dichiara che “lo scontrino non era di Sempio” non è solo una battuta di processo, ma potenzialmente una chiave che apre serrature rimaste chiuse per anni. Il tempo, la tecnologia, le dichiarazioni — tutti elementi in movimento — riaprono un capitolo che molti avevano dato come concluso. In un percorso tanto lungo e tortuoso come quello del caso Poggi ogni dettaglio può inclinare la bilancia della verità.
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