6:17 pm, 22 Ottobre 25 calendario

Gaza, tregua fragile: la denuncia di violazioni da parte dell’artiglieria israeliana

Di: Redazione Metrotoday
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La tregua entrata in vigore nella Striscia di Gaza lo scorso 10 ottobre, mediata da Stati Uniti, Qatar ed Egitto, ha portato con sé un barlume di speranza dopo più di due anni di conflitto aperto tra Hamas e lo Stato di Israele. Tuttavia, nei giorni seguenti al cessate‑il‑fuoco, la pace dichiarata appare già incrinata. In particolare, l’emittente Al Jazeera ha denunciato che l’artiglieria israeliana avrebbe compiuto ripetute violazioni della tregua, coinvolgendo offensive sui civili e colpi d’artiglieria in aree residenziali. Il governo di Gaza e le organizzazioni internazionali indicano decine di attacchi registrati come violazioni sistematiche.

Un quadro di fragilità

Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, aveva definito la tregua «una speranza fragile» , evidenziando che, seppur benvenuta, non rappresentava la fine del conflitto bensì una pausa critica. L’accordo prevedeva lo scambio di ostaggi, l’apertura di corridoi umanitari, la graduale dismissione delle ostilità.

Tuttavia, sin dai primi giorni, gli avvertimenti di violazioni sono emersi in modo allarmante: la Gaza Media Office ha segnalato 47 violazioni documentate da parte israeliana dallo scorso 10 ottobre, con 38 morti e 143 feriti palestinesi.

Da parte sua, un centro per i diritti (GRC) ha riferito che in un solo fine‑settimana sono stati registrati 36 attacchi con artiglieria, droni e veicoli corazzati israeliani contro aree nella Striscia.

Artiglieria e obiettivi civili

La denuncia di Al Jazeera mette in luce che i mezzi impiegati non si limiterebbero a operazioni isolate, ma rispecchierebbero un modello: mezzi corazzati israeliani posizionati lungo i confini orientali, artiglieria che spara in quartieri densamente popolati, veicoli blindati e droni‑quadricotteri che aprono il fuoco direttamente sui civili.

Un episodio indicativo è quello risalente al 15 ottobre: secondo il rapporto, due palestinesi sono stati uccisi in un attacco d’artiglieria israeliana sul quartiere al‑Shujayiya a Gaza City, nonostante la tregua fosse già in vigore. Nel sud della Striscia, tra Khan Younis e Rafah, veicoli blindati e armati hanno aperto fuoco contro civili e convogli.

Da parte israeliana, invece, la posizione ufficiale rimane quella di «risposta» a presunte violazioni da parte di Hamas: ad esempio, il 19 ottobre le forze israeliane hanno affermato che combattenti di Hamas avrebbero attaccato truppe israeliane nella zona di Rafah, uccidendo due militari, provocando una risposta aerea israeliana.

Non si tratta del primo momento in cui una tregua tra Israele e Hamas mostra segni di cedimento. Dal precedente accordo del 19 gennaio 2025 vennero riportate oltre 1.000 violazioni israeliane, con attacchi d’artiglieria su aree civili e strutture dell’ONU tra cui scuole.

Nel contesto del conflitto israelo‑palestinese, la Striscia di Gaza è da tempo teatro di combattimenti asimmetrici: Israele dispone di superiorità aerea e artiglieria, Hamas è asserito in aree urbane densamente popolate, con tunnel e infrastrutture nascoste. La tregua di ottobre 2025 si presentava come un momento cruciale, ma con fragilità intrinseche: la ricostruzione statale della Striscia, la questione degli ostaggi, il ruolo dell’Egitto e del Qatar come mediatori, e le pressioni internazionali per entrare nella fase di disarmo di Hamas e costruzione di una governance alternativa sul territorio.

Più fattori concorrono a rendere questa tregua particolarmente vulnerabile:

    Ambiguità sulle zone di responsabilità e “linee rosse”: la definizione delle aree in cui le forze israeliane possono operare rimane contestata, in particolare nella zona di Rafah e nei pressi della linea di demarcazione.

    Ritardo nella restituzione degli ostaggi e dei resti dei deceduti israeliani: Israele ha legato l’apertura dei corridoi umanitari e della frontiera di Rafah all’avanzamento nel trasferimento di corpi da parte di Hamas. Questa leva ha innescato ulteriori tensioni.

    Pressione interna israeliana: il governo israeliano, sotto la guida del primo ministro Benjamin Netanyahu, vede con scetticismo una tregua duratura senza il disarmo di Hamas. Il 20 ottobre lo stesso Netanyahu ha dichiarato che Israele si impegna a disarmare Hamas e demilitarizzare Gaza.

    Crisi umanitaria e ricostruzione bloccata: la Striscia è devastata. Secondo un rapporto, più del 69 % delle infrastrutture è danneggiato; l’accesso all’acqua potabile è fortemente limitato. Il protrarsi della penuria alimenta il risentimento e la diffidenza verso le parti della tregua.

Gli Stati Uniti, che hanno svolto un ruolo cruciale nella negoziazione della tregua, hanno inviato un team speciale in Israele per coordinare la stabilizzazione del cessate‑il‑fuoco. Tra i mediatori ci sono anche Qatar ed Egitto. Il riemergere delle violazioni ha portato l’Unione Europea a discutere sanzioni mirate nei confronti di funzionari israeliani qualora le violazioni proseguano.

Da parte palestinese, il governo nella Striscia ha chiesto un intervento urgente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per fare pressione su Israele affinché rispetti i termini del cessate‑il‑fuoco.

Mentre i leader si confrontano a distanza, le storie quotidiane delle famiglie nella Striscia raccontano un’altra verità — quella della paura, del ritorno precario a case semi‑distrutte, dell’incertezza se domani ci sarà ancora un tetto sotto cui dormire.

Nel campo profughi di al‑Nuseirat, nel centro della Striscia, bambini e famiglie sfollate hanno ricevuto scatole d’emergenza dall’Organizzazione Mondiale per l’Alimentazione (WFP), ma la distruzione intorno è evidente: edifici ridotti in macerie, strade sigillate, un silenzio che pesa quanto il rumore dei tiri d’artiglieria.

Una madre racconta: «Pensavo di essere finalmente al sicuro, che la tregua avrebbe dato un respiro — invece sento ancora i colpi in lontananza e non so se domani potremo tornare». È la pazienza sospesa di chi non può ripartire da zero, perché lo zero è stato già vissuto e non può più attendere.

La tregua ha due possibili esiti: consolidarsi e aprire la strada a un accordo più ampio di ricostruzione e governance della Striscia, oppure sbriciolarsi e far ripartire il conflitto su basi altrettanto distruttive.

A una settimana dal suo inizio, la tregua nella Striscia di Gaza si trova davanti al cruciale test della sua credibilità. Le denunce di violazioni — in particolare quelle mosse all’artiglieria israeliana — non sono semplici incidenti isolati: sembrano una persistente linea di frattura che rischia di far precipitare nuovamente la Striscia nel conflitto totale.

Le prospettive di pace restano più che mai condizionate a tre condizioni: il rispetto immediato degli impegni presi, l’avvio concreto della ricostruzione, e la capacità della comunità internazionale di imporre sanzioni o incentivi a chi viola. 

22 Ottobre 2025
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