7:58 am, 21 Ottobre 25 calendario

“Affitti brevi” più tassati: dal 2026 la cedolare secca sale al 26 %

Di: Redazione Metrotoday
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Una stretta fiscale significativa attende chi in Italia guadagna con gli affitti brevi: secondo la bozza della legge di bilancio 2026 del governo,Una misura chla famosa “cedolare secca” per le locazioni di durata inferiore a 30 giorni salirà dal 21 % al 26 % per tutti gli immobili. e, se confermata, mette fine alla tutela “agevolata” fino ad oggi riservata al singolo appartamento e uniforma la tassazione indipendentemente dal numero delle unità locate.

La norma, inserita nell’articolo 7 della bozza, prevede che dal periodo d’imposta 2026 “venga soppressa la riduzione al 21 % dell’aliquota per i redditi derivanti da contratti di locazione breve relativi a una unità immobiliare selezionata dal contribuente” e che dunque tutte le locazioni brevi ricadano nell’aliquota del 26 %. Nello stesso contesto, anche le piattaforme di intermediazione (Airbnb, Booking e simili) avranno nuovi oneri in termini di ritenute da operare sui canoni.

La notizia ha fatto rapidamente scalpore: è scattata infatti una reazione veemente da parte di chi gestisce affitti brevi, associazioni di categoria e anche all’interno della maggioranza parlamentare si sono registrate divisioni. In buona sostanza: cosa cambia per proprietari e host? Quali conseguenze sul mercato immobiliare e turistico? E perché il governo ha operato questa scelta? Ecco il quadro completo.

 

Cosa si intende per “affitti brevi”

Nel panorama normativo italiano, per “locazioni brevi” si intendono contratti di locazione abitativa della durata non superiore a 30 giorni, stipulati da persone fisiche, direttamente o tramite intermediari, per immobili situati in Italia, compresa pertinenza, anche con gestione di servizi ausiliari (lenzuola, pulizia, Wi‑Fi) purché l’attività non assuma i caratteri dell’impresa. Era la legge 24 aprile 2017, n. 50 (legge “affitti brevi”), che ha introdotto specifiche norme su questi contratti.

Inizialmente, per stimolare l’emersione di redditi e contrastare l’evasione, era prevista per questi redditi la cedolare secca con aliquota agevolata al 21 % (anziché l’IRPEF con relative addizionali). In anni più recenti, l’ambito è diventato sempre più vivace: con la diffusione delle piattaforme digitali, le locazioni brevi sono cresciute in numero e volume, in particolare in città d’arte, zone turistiche e nei piccoli centri che puntavano su questa forma di reddito.

Negli anni la disciplina è stata rafforzata: per esempio, l’obbligo di codice identificativo nazionale (CIN), l’obbligo per le piattaforme di comunicare i redditi e, nel regime fiscale, l’estensione della cedolare secca al 26 % per i “plurilocatori” (chi ha più di un appartamento). In questo contesto, la nuova bozza di manovra 2026 segna una svolta: l’alleggerimento per la “prima casa affittata per breve” viene cancellato, e tutti i soggetti sono trattati alla stessa stregua.

In parole semplici: se finora un proprietario che affittava una sola abitazione brevemente poteva godere dell’aliquota 21 %, dal prossimo anno ciò non sarà più possibile: scatterà per tutti l’aliquota 26%. Questo adeguamento ha suscitato proteste e incertezze, perché incide non solo sul gettito fiscale ma sulla redditività dell’investimento immobiliare legato al turismo o al “bed & breakfast” digitale.

Host in allarme, coalizione in tensione

La reazione delle associazioni che rappresentano i gestori di affitti brevi è stata immediata. Il presidente dell’Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi (AIGAB) ha definito la misura “una stangata vera e propria sulle famiglie italiane”, ricordando che oltre 500 mila abitazioni in Italia competono nel segmento degli affitti brevi. Si teme che l’aumento dell’aliquota, unitamente a eventuali maggiori imposte locali (come la tassa di soggiorno), possa ridurre la redditività delle unità locate e generare disinvestimento o “ritorno” al mercato delle locazioni tradizionali.

Sul fronte politico interno, la misura ha generato tensioni all’interno della maggioranza di governo: il partito Forza Italia ha preso posizione, dichiarando di non essere stato adeguatamente informato e definendo la scelta “profondamente sbagliata e iniqua”. La critica è duplice: da un lato la misura sarebbe penalizzante per i piccoli proprietari, dall’altro verrebbe introdotta in un contesto in cui altre forme di reddito (ad esempio derivanti dalle criptovalute) sono tassate in modo più favorevole.

Dal punto di vista governativo, la logica della manovra appare quella di uniformare il prelievo fiscale e ridurre le distorsioni competitive tra affitti “lunghi” e “brevi”, favorendo forme di locazione abitativa stabili piuttosto che destinate al turismo. È in questo quadro che si inserisce l’aumento della cedolare: un incentivo — seppure «negativo» — a orientarsi su contratti di lunga durata.

Dal lato statale, l’intervento si inserisce in una logica di copertura di spesa: la manovra 2026 – con impegni di spesa e titoli di finanza pubblica già in arrivo – richiede nuovi apporti e un allargamento della base imponibile. L’aumento dell’aliquota per gli affitti brevi è una delle leve individuate. Secondo alcune stime, il reddito derivante da contratti di locazione breve nel 2023 ammontava a circa 438 milioni €, con media annua per contribuente di 14.000 €, e il cambiamento potrebbe generare un contributo aggiuntivo significativo nel tempo.

Un consulente fiscale sintetizza: «L’aliquota sale, ma se non cambia il modello di business occorre rivedere costi, tariffe e convenienza». Un altro operatore immobiliare aggiunge: «Chi ha un appartamento a tempo pieno in locazione turistica nei prossimi anni dovrà ricalcolare il rendimento: oggi quel 5 % netto potrà ridursi al 3‑4 %.»

Con minor redditività degli affitti brevi, alcuni proprietari potrebbero preferire affitti residenziali o vendere. Ciò potrebbe far aumentare l’offerta di affitti lunghi, tamponando la carenza di abitazioni in quelle zone ad alta pressione turistica. Ma l’effetto opposto è anche possibile: minor offerta di case vacanza può tradursi in maggiore concorrenza, aumento dei canoni, e quindi ulteriore pressione sul mercato residenziale.

Una scelta che ridefinisce l’ “hosting” in Italia

La prevista uniformazione della cedolare secca al 26 % per gli affitti brevi rappresenta un momento di svolta per il mercato della locazione turistica in Italia. Da un lato, aumenta la pressione fiscale su una categoria che finora godeva di agevolazioni, dall’altro il governo intende rafforzare il principio secondo cui destinare case al turismo non debba costituire una “privilegiata” rendita fiscale rispetto all’uso residenziale.

Per i proprietari e per gli host sarà un anno di riflessione: se restare nel breve termine, passare a un modello abitativo tradizionale o magari uscire dal mercato. Ma è anche un’occasione per ricalcolare conti, tariffe, costi operativi e per impostare strategie più consapevoli. In un contesto più efficiente e trasparente, chi saprà adattarsi può continuare a sfruttare la “sharing economy” immobiliare con risultati sostenibili.

Per i policy‑maker, la sfida sarà far sì che la misura non penalizzi i piccoli host o la ricettività turistica secondaria, e che venga accompagnata da semplificazioni nell’adempimento fiscale. Per il mercato immobiliare, è un segnale che anche il “secondo reddito casa” va metabolizzato nella logica più ampia della stabilità abitativa e della competizione fiscale.

21 Ottobre 2025
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