7:07 am, 20 Ottobre 25 calendario

Muore dopo tre mesi di agonia: femminicidio

Di: Redazione Metrotoday
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Una donna di 50 anni, cittadina marocchina e residente a Bologna, è morta  dopo una lunga agonia durata quasi tre mesi. Era stata aggredita brutalmente dal suo ex compagno lo scorso 27 luglio e, nonostante le cure, non è mai riuscita a riprendersi. Con il suo decesso l’episodio, inizialmente trattato come “tentato omicidio”, viene ora inquadrato come femminicidio: l’accusa per l’uomo, 44 anni, sarà presto trasformata in omicidio volontario.

Era una domenica pomeriggio di fine luglio quando la 50-enne, che lavorava come addetta alle pulizie in un albergo del centro città, stava rientrando a casa nel quartiere di Santa Viola, in via del Cossa. Quell’uomo – il suo ex compagno – l’aveva pedinata, atteso, speronata con l’auto e infine raggiunta nell’abitazione che la vittima condivideva con la cugina e il nipote. Lì, secondo la ricostruzione degli inquirenti, è stato consumato un attacco feroce: pugni, calci, coltellate. Il corpo della donna fu rinvenuto dai Carabinieri in stato gravissimo, coperto di sangue, in un appartamento segnato dalla violenza.

Trasportata d’urgenza all’ospedale Maggiore in condizione critiche, era subito finita in reparto di rianimazione. Un mese dopo era stata trasferita all’Ospedale Santa Viola, dove le condizioni restavano disperate e la morte è sopraggiunta dopo quasi novanta giorni di ricovero.

Con il decesso, l’accusa nei confronti dell’uomo, già noto alle forze dell’ordine, passerà da tentato omicidio a omicidio volontario.

La vittima, a Bologna da tempo, conduceva una vita modesta ma dignitosa: lavorava, viveva con familiari, aveva scelto di troncare la relazione con l’uomo che ora è accusato dell’omicidio. Secondo persone a lei vicine, questa decisione è stata probabilmente il motivo scatenante dell’attacco.

L’aggressore, 44 anni, anch’egli di origine marocchina e con precedenti, non aveva accettato la rottura e avrebbe intrapreso una condotta persecutoria (pedinamenti, pressioni) fino al giorno dell’aggressione. Il quartiere – una zona popolare della città – è stato teatro troppo spesso di atti di violenza contro le donne, che restano in larga parte nell’ombra.

L’escalation della violenza di genere

Questo caso si inserisce in una lunga serie che solo nel 2025 registra numeri preoccupanti: donne uccise dai partner o ex-partner, spesso dopo fasi di maltrattamento, minacce, stalking non denunciate o sottovalutate. Ciò che emerge ancora una volta è un pattern: relazione che si interrompe, l’ex che non accetta la “fine”, la donna che chiede autonomia e libertà e la risposta della violenza.

In contesti domestici o famigliari, l’abuso fisico si incrocia con quello psicologico e con l’isolamento della vittima. Spesso, le denunce arrivano troppo tardi o non arrivano affatto. In questo caso, pur con un intervento rapido da parte dei vicini che hanno chiamato i Carabinieri, la violenza aveva già raggiunto un livello irreversibile.

Bologna e la violenza contro le donne

Bologna, città universitaria e culturalmente avanzata, non è immune dal fenomeno della violenza di genere. Nonostante iniziative istituzionali e associative, la percezione di rischio e la difficoltà di denunciare restano ancora elevate. Il quartiere Santa Viola, come molte aree urbane marginali, presenta fragilità sociali: convivenze strette, immigrati, redditi bassi, appartamenti condivisi.

La notizia del decesso ha suscitato immediatamente la reazione delle istituzioni e della società civile. Il sindaco della città ha espresso “profondo sdegno” e la ferma volontà di rafforzare le azioni nei confronti della violenza sulle donne. Le associazioni locali che operano nell’ambito dell’emancipazione femminile e della prevenzione (tra cui “Line a Rosa” e “Non Una di Meno”) hanno ricordato la vittima come un numero troppo alto in una catena troppo lunga.

Nei giorni prossimi è attesa una fiaccolata nel quartiere per sensibilizzare i residenti e sollecitare interventi più efficaci nei confronti di donne che vivono relazioni violente. I familiari della vittima – ancora sotto shock – stanno valutando di costituirsi parte civile: “Vogliamo che questa morte non sia vana” spiegano.

La morte di Nadia Khaidar avviene dopo mesi di sofferenza, ma non può restare “un fatto” isolato. È l’ennesima storia che ci ricorda quanto il percorso dalla violenza alla protezione sia ancora troppo lungo, tortuoso e spesso inadeguato. In una città come Bologna, con servizi e associazioni attive, la speranza è che questo episodio rappresenti un punto di svolta: per politiche più efficaci, per una maggiore prevenzione, per un ascolto tempestivo.

20 Ottobre 2025
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