5:38 pm, 18 Ottobre 25 calendario

“Educazione sessuale a scuola è necessaria, non si può demandare ai porno” e Gassmann rilancia il tema ad Alice nella città

Di: Francesca Puzzo
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Quando un volto noto dello spettacolo accende i riflettori su un tema spesso lasciato ai margini del dibattito pubblico, la politica – e la società – non possono ignorare. È il caso delle dichiarazioni rese da Alessandro Gassmann, che nel contesto del ritorno della serie Un Professore 3 ha ribadito con forza che l’educazione sessuale nelle scuole non è un orpello ideologico, ma un passaggio imprescindibile per la formazione dei giovani.

Secondo l’attore, la tematica non può essere delegata arbitrariamente al web, alle piattaforme pornografiche o alla “cultura dell’improvvisazione”, ma richiede invece un percorso serio, guidato, pedagogico, strutturato. Le sue parole risuonano in un’Italia dove l’educazione sessuale scolastica non ha ancora un percorso stabile, né obbligatorio, né nazionale.

Il “momento Gassmann” e le sue parole contro il silenzio

Non è la prima volta che l’attore affronta il tema della scuola: nel contesto della fiction Un Professore, Gassmann interpreta Dante Balestra, docente di filosofia carismatico e attento ai problemi reali dei ragazzi. Ma in questa nuova stagione – la terza – è stato proprio l’attore fuori scena a parlare con chiarezza del tema dell’educazione sessuale:

    «L’educazione sessuale a scuola è necessaria, non si può demandare ai porno»

Con questa frase Gassmann richiama l’attenzione su una lacuna che molti hanno denunciato: se la scuola abdica al proprio ruolo formativo in materia di sessualità, gli adolescenti (ma anche i preadolescenti) finiscono col cercare informazioni – spesso sbagliate, incomplete o distorte – sul web, nei video non verificati, nella pornografia come fonte pratica.

Il richiamo non è ideologico: è essenzialmente pragmatico. In un’età cruciale per la crescita identitaria e relazionale, senza guida adeguata i giovani rischiano di essere travolti da modelli tossici, stereotipi, disinformazione e abusi. L’attore – e con lui molti operatori della formazione – suggerisce che non si tratti di “insegnare a fare sesso”, ma di educare al rispetto del corpo, del consenso, delle relazioni, dei rischi e delle emozioni.

Le sue parole arrivano nel momento in cui la serie è attesa con interesse, e come spesso accade, la fiction scolastica diventa lente per osservare nodi reali: la crisi della scuola, la distanza generazionale, il bisogno di riferimenti. Gassmann – dicendo ciò che molti pensano – scuote il dibattito che in Italia, su queste materie, è spesso silente o polarizzato.

Quale posto per l’educazione sessuale

In Italia, non esiste ancora un’impostazione nazionale vincolante per l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole. Le linee guida ministeriali hanno tentato più volte passi avanti, ma l’attuazione rimane disomogenea, frammentata e spesso autonoma alle singole scuole o territori.

A più riprese il tema ha provocato scontri politici intensi. Nel 2023 un emendamento del Movimento 5 Stelle, inserito nella legge contro la violenza di genere, mirava a introdurre in modo stabile l’educazione affettiva e sessuale alle scuole, persino nelle fasce di età più giovani. Ma la proposta ha incontrato ostruzionismo e reazioni ostili: parlamentari della Lega hanno definito la materia una “porcheria” e una “propaganda gender” da tenere lontana dai più piccoli.

Nel 2023, durante la discussione in Aula, Rossano Sasso (Lega) si disse apertamente contrario, liquidando come inaudito l’idea di portare nei programmi scolastici temi legati alla sessualità.

Nel 2025 la tensione si è riaccesa: è stato approvato un emendamento in commissione Cultura della Camera che vieta l’educazione sessuale esplicita nelle scuole medie. Secondo il ragionamento politico, certe tematiche sarebbero “premature” per ragazzi di quell’età e aperture in tal senso sono state viste come un azzardo culturale.

Contemporaneamente, in molte regioni le mozioni per promuovere linee guida regionali sono state respinte, come è accaduto in Valle d’Aosta. L’argomento è vissuto come divisivo, spesso trattato sotto il profilo ideologico più che pedagogico.

Il rischio è che l’Italia resti una delle poche nazioni europee senza un percorso scolastico stabile di educazione sessuale, comparando con molti casi virtuosi all’estero. Secondo alcune fonti dell’Unesco, l’Italia è tra i fanalini di coda per il livello e la diffusione di programmi obbligatori in questi ambiti.

Diverse scuole e amministrazioni locali hanno avviato iniziative pilota per colmare il vuoto istituzionale:

    A Milano ci sono scuole che hanno cominciato a proporre laboratori di educazione sessuale e affettiva, con psicologi, sessuologi e format educativi specifici. Il problema rimane che tali programmi dipendono da fondi locali o progetti esterni, e non hanno continuità garantita.

    Alcune associazioni nel sud Italia hanno promosso percorsi volontari nelle scuole secondarie, con incontri sul consenso, relazioni sane, prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili (MST), e ricorso ai contraccettivi.

    Un caso recente: un progetto in Sicilia promosso dagli studenti (via blog e iniziative scolastiche) ha tentato di usare i fondi stanziati (500mila euro nella Legge di Bilancio 2025) per sostenere percorsi nelle scuole. Ma quei fondi sono stati ridistribuiti per la “formazione sulla fertilità”, non per l’educazione sessuale vera e propria, suscitando delusione nei promotori.

    Le reazioni degli studenti: in articoli di cronaca alcuni giovani hanno espresso frustrazione e delusione, definendo la decisione di cancellare tali percorsi come «imbarazzante». «Si perde di vista l’obiettivo principale della scuola pubblica», hanno detto.

Queste esperienze mostrano che c’è domanda – spesso trasversale – ma scarsa possibilità di institutionalizzare il percorso, per mancanza di una legge nazionale, finanziamenti strutturali, o un’adeguata volontà politica.

    In molti Paesi europei l’educazione sessuale è materia curricolare obbligatoria o fortemente raccomandata fin dalle scuole primarie, con programmi differenziati per età, modulati sul consenso, la prevenzione, il rispetto e l’affettività.

    Alcuni Stati partono già dall’infanzia con percorsi sull’identità, sul corpo, sulla diversità e sul linguaggio del consenso.

    L’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Unesco e altri organismi internazionali promuovono da anni linee guida per l’educazione sessuale completa (Comprehensive Sexuality Education, CSE), che includono componenti biologiche, psicologiche, relazionali, etiche e di salute riproduttiva. L’Italia resta indietro: le sue sperimentazioni sono sparse, non obbligatorie, prive di continuità e soggette a oscillazioni politiche.

La mancanza di un quadro nazionale solido lascia vuoti che vengono colmati – malamente – dalle piattaforme digitali, dai video amatoriali e da contenuti pornografici come “testo non dichiarato” per molti adolescenti. E qui entra in gioco il monito di Gassmann: quel vuoto rischia di essere saturato da materiale non verificato e distorto.

    Alcuni progetti ministeriali prevedono che le lezioni “sensibili” richiedano il consenso scritto preventivo dei genitori, o che la partecipazione sia facoltativa. Ma questo può trasformare l’educazione in un optional, e creare disuguaglianze: chi ha genitori informati e interessati ci partecipa, chi no resta fuori.

Questi nodi ideologici – intrecciati con la politicizzazione del tema – producono un clima in cui l’educazione sessuale rischia di restare vittima delle fasi politiche, anziché diventare un diritto consolidato.

    Prevenzione degli abusi e consapevolezza del consenso

    Sapere che “no significa no”, che il corpo è proprietà dell’individuo, che certe attenzioni da adulti sono inappropriati, è strumentale a prevenire situazioni di abuso. L’ignoranza ha spesso favorito il silenzio e l’impotenza.

    Relazioni sane e affettività consapevole

    L’adolescenza è un periodo in cui si sperimentano relazioni affettive: dotare i giovani di strumenti per gestire amore, rottura, gelosia, rispetto e dinamiche di genere è una componente educativa importante.

    Contraccezione, salute e prevenzione

    È comprovato che chi riceve un’educazione sessuale integrata usa con maggiore consapevolezza metodi contraccettivi, conosce le MST e ha meno rischi in termini di gravidanze indesiderate o malattie.

    Combattere stereotipi e discriminazioni

    Un’educazione che includa temi di identità di genere, orientamento sessuale, rispetto della diversità contribuisce a ridurre bullismo, discriminazione omotransfobica e stereotipi tossici di mascolinità/femminilità.

    In un’epoca in cui l’informazione sessuale viene veicolata da video, social, pornografia e meme, il rischio è che la scuola resti fuori. Ma il ruolo educativo – specie della scuola pubblica – è proprio quello di contrastare disinformazione e falsi miti.

Studenti, insegnanti, genitori

Nei corridoi della scuola, il dibattito è meno nudo. Tra le opinioni raccolte (anche online) si leggono tante testimonianze indicibili in articoli ufficiali:

    Alcuni studenti lamentano che le lezioni svolte (quando ci sono) siano superficiali, imbarazzate, separate per genere, affidate ad associazioni esterne che “non capiscono i ragazzi”.

    In discussioni sui forum, molti adulti ricordano l’esperienza scolastica come un momento poco utile: domande inevase, imbarazzo, senso di essere lasciati a sé.

    C’è chi sostiene con forza che “più che sessuale, serve anche affettiva”: e non basta sapere il ciclo, servono strumenti per relazioni consapevoli.

    Da parte degli insegnanti, emerge spesso un senso di impotenza: voglia di intervenire, ma mancanza di formazione, risorse, autonomia o copertura istituzionale.

    Alcuni genitori accolgo l’idea con favore, pur esprimendo preoccupazioni su età, linguaggio e modalità: c’è desiderio di dialogo, ma anche bisogno di controlli su come si insegna.

Queste voci testimoniano che l’educazione sessuale non può essere “imposta dall’alto”: serve costruzione partecipata, responsabile e rispettosa delle diverse sensibilità, ma senza rinunce sostanziali sui diritti dei giovani ad avere strumenti adeguati.

Uno dei rischi più insidiosi del dibattito odierno è che l’educazione sessuale diventi facoltativa, ostaggio del consenso preventivo dei genitori o di delibere scolastiche. Ciò significa che – in pratica – la materia diventi un privilegio: chi ha famiglie informate e proattive partecipa, chi non ha questa rete resta escluso.

Quando l’educazione diventa optional, si creano disuguaglianze gravi: gli studenti in aree periferiche, con famiglie meno informate o in contesti culturalmente più conservatori, rimangono ignoranti sui temi più vitali. Il rischio è che i divari educativi diventino disastri relazionali e sanitari.

    Le iniziative vanno valutate: misurare impatti su comportamenti, conoscenze, interventi sanitari, casi di abuso è essenziale per migliorare. La materia è sensibile: è opportuna un’informazione mediatica che spieghi i contenuti, sfati miti e faccia emergere i benefici reali ai cittadini.

Se Gassmann ha ragione nel dire che “non possiamo demandare ai porno”, allora la politica, la società civile e la scuola devono raccogliere la sfida: costruire un percorso educativo, serio, riconosciuto e permanente.

Le parole di Alessandro Gassmann ad Alice nella città non sono uno spot: arrivano in un momento in cui la scuola italiana appare in affanno su molti fronti, includendo la sua funzione formativa in materie delicate come la sessualità. Se il nostro Paese vuole crescere generazioni più consapevoli, rispettose e capaci di rapporti sani, non può rimanere silente su questo asse.

La questione non è se introdurre o no l’educazione sessuale: è come farlo, con quali criteri, con quale continuità e con quale consapevolezza. In assenza di una scelta politica forte, rischiamo che il vuoto educativo venga occupato da modelli distorti, contraddittori e spesso dannosi. Gassmann colpisce al cuore del problema: lasciar fare agli altri (al web, ai media, al porno) non è un’opzione — è una rinuncia.

18 Ottobre 2025
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