2:02 pm, 15 Ottobre 25 calendario

«Todde non decadrà»: la Consulta azzera la denuncia e rilancia il principio regionale

Di: Redazione Metrotoday
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È arrivata oggi la pronuncia decisiva della Corte costituzionale sulla vicenda che a inizio anno ha squassato la scena politica sarda: la sentenza n. 148 recita che la decadenza della presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, invocata dal Collegio regionale di garanzia elettorale, era un provvedimento che quel collegio non aveva titolo a emanare. E l’inedita conclusione della Corte è chiara: «il Collegio ha esorbitato dai propri poteri», violando le attribuzioni garantite alla Regione. Con un secondo dispositivo, la sentenza n. 149, la Consulta ha poi dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzioni promosso dalla Regione nei confronti dello Stato in merito alla decisione del Tribunale di Cagliari sul caso.

In sintesi politica: Alessandra Todde rimane presidente della Regione Sardegna.

Ma dietro questa formula, la vicenda racchiude nodi di diritto costituzionale, profili di autonomia regionale e un ricorso che rischiava di scatenare uno tsunami istituzionale: scioglimento del Consiglio, ritorno al voto, crisi in un’isola già provata da diseguaglianze e scelte complesse. Oggi quel rischio appare scongiurato.

Il cammino della contesa

La vicenda ha preso forma dopo le elezioni regionali del febbraio 2024, vinte da Todde con un margine di poco più di 3.000 voti contro il candidato del centrodestra, Paolo Truzzu. Con la sua elezione, è diventata la prima donna presidente della Sardegna nonché la prima esponente del Movimento 5 Stelle alla guida di una regione.

Poco dopo l’insediamento, nel gennaio 2025, il Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d’Appello di Cagliari ha emesso un’ordinanza/ingiunzione contro Todde: sulla base di presunte irregolarità nella rendicontazione delle spese elettorali (assenza di un “mandatario elettorale”, mancata apertura di un conto corrente dedicato, dichiarazioni non conformi), il Collegio intimava al Consiglio regionale di dichiararne la decadenza da consigliera, e dunque la perdita della carica di presidente.

Se quel provvedimento fosse stato validato, la conseguenza naturale sarebbe stata lo scioglimento del Consiglio regionale e una nuova tornata elettorale. Proprio per questo, la Regione Sardegna impugnò le decisioni del Collegio davanti alla Corte costituzionale, sollevando il conflitto di attribuzioni con lo Stato (e con il Tribunale di Cagliari).

Nei mesi successivi, il Tribunale civile di Cagliari aveva già confermato la sanzione pecuniaria imposta a Todde, ma aveva rigettato la parte che chiedeva la decadenza effettiva.

La Regione non era parte in quel giudizio, fattore che diventerà cruciale nella valutazione della Corte costituzionale.

Il cuore del verdetto 148 è costituito da un principio poco usato, ma fondamentale: il Collegio regionale di garanzia non poteva imporre la decadenza registrando comportamenti non ricompresi nelle ipotesi di ineleggibilità/decadenza previste dalla legge 515/1993. In quell’ordinanza-ingiunzione (datata 20 dicembre 2024), il Collegio si era spinto a imporre la decadenza come se fosse un potere che spettava direttamente allo Stato (e quindi al Collegio stesso), con effetto sul Consiglio regionale e sulla carica della presidente. Secondo la Consulta, ciò ha costituito un’eccesso di potere e una menomazione delle attribuzioni costituzionalmente garantite alla Regione.

In sostanza: secondo la Corte, il Collegio si è arrogato la funzione di dichiarare decaduta una carica regionale, cosa che la legge non gli consente. La Consulta ribadisce che le fattispecie di decadenza possono essere dichiarate solo nei casi espressamente previsti dall’art. 15, commi 8 e 9, della legge 515/1993, come l’omesso deposito della dichiarazione delle spese entro il termine (nonostante la diffida) o il superamento del limite di spesa in misura almeno doppia. Le irregolarità contestate a Todde — dichiarazioni “non conformi”, omissione del mandatario, conto corrente non dedicato — non rientrano fra queste ipotesi tassative.

Inoltre, la Corte chiarisce che non spettava allo Stato né al Collegio di garanzia affermare che «si impone la decadenza dalla carica del candidato eletto», né di inviare tale misura al presidente del Consiglio regionale. Quel tipo di imposizione travalica i limiti del potere di controllo elettorale statale rispetto all’autonomia statutaria regionale.

Il conflitto Regione-Stato e l’inammissibilità

Il secondo dispositivo del giorno, la sentenza 149, affronta il conflitto di attribuzioni promosso dalla Regione nei confronti dello Stato e del Tribunale di Cagliari in relazione al rigetto del ricorso di Todde contro l’ordinanza-ingiunzione del Collegio. La Consulta lo dichiara inammissibile.

Il motivo? Il Tribunale aveva preso posizione solo tra le parti — Todde e il Collegio — e non verso la Regione, che non era parte del giudizio. Quindi la Regione non poteva pretendere che venisse incluso un “vincolo” al Consiglio regionale, perché la sua posizione non era stata oggetto di quel processo. In concreto, la Corte stabilisce che manca il requisito dell’attualità della lesione: non essendo la Regione parte, il conflitto non ha portata concreta nei suoi confronti.

Con questo secondo atto, la Corte chiude l’orizzonte giuridico della questione: non solo il Collegio è sanzionato per essere uscito dal suo alveo, ma la Regione non potrà usare quel percorso di conflitto per impugnare la decisione del Tribunale in funzione “terza”.

La presidente Todde: “a testa alta, avanti”

Appresa la notizia mentre presiedeva un forum delle regioni insulari a Bruxelles, Todde ha commentato:

«La Consulta ha riconosciuto che il Collegio di garanzia elettorale ha esorbitato dai propri poteri… non spettava né allo Stato né al Collegio dichiarare la mia decadenza. Vado avanti a testa alta».

Il fatto che la Corte ricomponga la legittimità della carica, pur lasciando aperto il tema della “riqualificazione” delle irregolarità davanti al giudice civile, consente a Todde di tornare pienamente in azione.

Le reazioni di partiti e figure centrali

Il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ha commentato da social:

«Ne eravamo certi, conoscendo le norme di legge e avendo letto le carte… »

Il presidente del Consiglio regionale sardo, Piero Comandini, esponente del centrosinistra, ha espresso soddisfazione per la chiusura della crisi. Il segretario regionale del Pd, Silvio Lai, ha salutato la Consulta come un «sovrano giudice che ha sciolto ogni dubbio».

Implicazioni politiche locali e regionali

La vittoria giudiziaria di Todde restituisce ossigeno al suo governo e alla coalizione che la sostiene. In un contesto regionale segnato da problemi di infrastrutture, disoccupazione, marginalità territoriale e sfide ambientali, la stabilità politica è un asset prezioso.

Ma restano “scenari aperti”: la Corte ha lasciato intatta la questione della riqualificazione dei fatti contestati, rimessa al giudice civile. Questo significa che pur non essendo decaduta, Todde potrebbe essere chiamata a rispondere di quelle irregolarità, anche con conseguenze politiche (se non penali) se emergessero ulteriori elementi.

Inoltre, la sentenza pone un precedente sul rapporto Stato–Regione, rafforzando l’idea che nelle Regioni a statuto speciale (come la Sardegna), l’autonomia statutaria ha limiti che non possono essere compressi da organi statali che pretendano poteri decisionali non attribuiti.

Il nodo del Collegio regionale di garanzia elettorale

Per comprendere pienamente la portata della pronuncia, occorre guardare alla natura del Collegio regionale di garanzia elettorale, il suo posizionamento nell’ordinamento e i vincoli che gli sono imposti.

I Collegi regionali di garanzia elettorale sono organi dello Stato istituiti ai sensi della legge 515/1993 per vigilare sulle spese delle campagne elettorali. In origine erano competenti per le elezioni politiche — Camera e Senato — ma sono stati estesi per legge anche alle elezioni dei Consigli regionali (nelle Regioni ordinarie). Questi organi operano in condizioni di indipendenza, al fine di garantire la genuinità del processo elettorale e il corretto uso delle risorse. Tuttavia, il loro potere è di controllo, non di decisione piena. Non sono concepiti come “giudici” rispetto a tutte le questioni connesse all’elezione, specie quelle che toccano l’autonomia normativa regionale o decisioni su cariche istituzionali regionali, se non espressamente previsto.

Il confine tassativo della decadenza

La legge 515/1993 stabilisce al suo articolo 15 le ipotesi in cui una candidatura può essere dichiarata decaduta: principalmente, l’omissione del deposito delle spese nel termine nonostante diffida (comma 8) o il superamento del limite massimo di spesa in misura doppia (comma 9). Queste sono ipotesi tassative, non generalizzabili ad altre violazioni. La Consulta lo ribadisce: lo Stato (e dunque il Collegio) non può riconoscere altre fattispecie di decadenza salvo che non siano predeterminate dalla legge. Una tale apertura violerebbe la certezza del diritto e comprimerebbe l’autonomia delle assemblee elettive regionali.

Le conseguenze di un “eccesso di potere”

Quando il Collegio emette un’ordinanza che travalica le sue competenze — come pretendere la decadenza in assenza di una norma che la prevede — esso abusa dello strumento del controllo elettorale. In questo caso, ha violato il principio di separazione tra poteri statali e poteri regionali, generando una intrusione potenzialmente destabilizzante nella struttura istituzionale della Regione Sardegna.

La Consulta lo ha riconosciuto esplicitamente: la pronuncia del Collegio ha leso le attribuzioni costituzionalmente garantite della Regione, compromettendo la sovranità locale. È un richiamo forte: anche i poteri di vigilanza devono rimanere entro confini stretti e motivati dalla legge.

Riflessioni sulla dimensione regionale

Il caso Todde assume una rilevanza particolare proprio per la Sardegna, regione a statuto speciale con competenze legislative rafforzate. Uno strappo troppo forte da parte del potere statale avrebbe potuto aprire ferite istituzionali profonde: immaginare che un organismo connesso allo Stato possa dichiarare decaduta la presidente di una Regione autonoma è operazione dai contorni sensibili.

La Consulta, con questa decisione, ribadisce un principio non scontato: l’autonomia regionale non è surrogabile da controlli statali che travalichino i confini stabiliti dalla legge. In un periodo storico in cui si dibatte molto sul rapporto tra centro e periferia, il caso sardo acquista un valore simbolico forte.

La decisione della Consulta segna una vittoria di principio costituzionale, che rafforza i confini dell’autonomia regionale contro l’eccesso di controllo statale. Ma negli equilibri reali fa molti più danni al potere “garantista” che aveva puntato su questa mossa per incidere sulla scena politica sarda.

Alessandra Todde muove da oggi con un carico alleggerito: non più sotto la minaccia di decadenza, potrà concentrarsi sulla sua azione di governo — e sulla sfida di dimostrare che il voto che l’ha eletta non era viziato.

Per l’opposizione e più in generale per le forze istituzionali dello Stato, la Corte ha lanciato un avvertimento: le autonomie non sono forme subalterne da controllare con cellule giudiziarie, ma comunità operative che meritano rispetto nei limiti del diritto.

15 Ottobre 2025
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