Il ritorno impetuoso dei Pokémon

Storia, moda e mercati che infiammano gli scaffali del collezionismo
È bastato un titolo sul sito di un grande network di comunicazione per far emergere di nuovo l’ondata: “Figurine Pokémon: cosa sono e perché sono così ricercate”. In realtà, non si tratta più solo di “figurine”, ma di carte collezionabili dotate di un mercato complesso, una comunità fitta e una miriade di dinamiche che intrecciano passatempo, investimento e cultura pop. Quella che sembrava una bolla destinata agli anni Novanta è tornata protagonista, non solo per nostalgici, ma anche per giovani ibridi “neo‑collezionisti” con smartphone alla mano.
In Italia come altrove, il fenomeno assume forme particolari: bustine nelle edicole, gruppi Telegram, youtuber che spacchettano carte, compravendite su marketplace specializzati, eventi dedicati. Ma soprattutto, un cambiamento rispetto al passato: non più solo “completa l’album”, bensì scopri la rarità, l’artwork, la carta “foil”, la validità nel gioco. E magari trovane una così rara da valere migliaia di euro.
Da gioco giapponese a carta da collezione globale
Tutto nasce nel 1996, in Giappone, dalla mente di Satoshi Tajiri, ispirato dall’idea di catturare creature in natura e farle combattere. Quel concetto primitivo diventa poi un universo multimediale: videogiochi, anime, merchandise. Le carte non erano all’inizio l’elemento centrale: vennero introdotte come gioco di carte collezionabili (Trading Card Game, TCG), che affiancava il franchise già popolare.
Il principio era semplice: ogni carta rappresenta un Pokémon, con caratteristiche di attacco, difesa, evoluzioni. Il giocatore compone mazzi, sfida altri giocatori e compete. Ma accanto all’uso ludico cresce l’interesse collezionistico: alcune carte rare divennero oggetti ambiti.
Negli anni 2000 le carte Pokémon varcarono oceani: dalla Japan al Nord America, all’Europa. Le “espansioni” in serie portarono nuove carte, set speciali, promozioni. Come nelle figurine sportive, ogni nuovo pacchetto poteva nascondere la carta “ultra rara”.
In Italia, negli anni Novanta e Duemila, venivano vendute bustine nei negozi di giocattoli, nelle edicole e nei fumetterie. Il meccanismo era vicino a quello degli album Panini o delle figurine sportive: acquisti casuali, scambi, collezioni da completare. Ma con un vantaggio: le carte erano multifunzione: giochi, sfide e oggetti da mostrare.
Con il passare del tempo, il collezionismo si è stratificato: “comune”, “non comune”, “rara”, “foil”, “EX”, “Full Art”, “Ultra Rare”, “Secret Rare” diventano status. Il valore di una carta dipende da caratteristiche come rarità, stato (maniaco), edizione, lingua, condizioni di conservazione.
Una delle componenti più affascinanti del collezionismo è l’“errore di stampa”. Piccoli difetti, edizioni limitate o misprint hanno dato origine a carte che valgono migliaia di euro. Ci sono casi celebri: carte stampate con difetti di colore, illustrazioni errate, numerazioni sbagliate. Quando emergono, diventano reliquie del collezionismo.
Un altro fattore è la tiratura: edizioni promozionali o convenzioni (festival Pokémon, eventi giapponesi) producevano carte strettamente limitate. Queste sono oggetti rarissimi, spesso destinati a poche centinaia di esemplari nel mondo, incrementando il mito attorno alla carta “mai vista”.
La metamorfosi del collezionismo
Secondo un’indagine condotta in Italia (Skuola.net / Topps), circa 1 studente su 7 è un acquirente abituale di carte da collezione: l’età non è più un ostacolo, e anzi la nuova generazione scopre questo hobby con occhio digitale. Le carte non sono più semplici oggetti da collezionare, ma anche soggetti da riprendere in video, mostrare, valutare online. Un fenomeno emergente: molti giovani entrano in questo mondo non per nostalgia, ma per una miscela tra intrattenimento, social, investimenti leggeri. Le carte più rare vengono immortalate, postate su TikTok, YouTube, Instagram, scatenate in aste e dialettiche.
Il rapporto tra analogico e digitale diventa centrale: i collezionisti guardano alle app per catalogare la collezione, usano forum e gruppi per scambi, verificano le quotazioni in tempo reale. L’hobby tradizionale diventa “play-to-show”.
Il mercato globale e i numeri impressionanti
Il mercato mondiale delle carte da collezione è stimato in miliardi. Il 2022 è stato un anno particolarmente florido per il segmento Pokémon, con un giro d’affari stimato intorno a 9,7 miliardi di dollari, e previsioni che entro il 2030 potrebbe superare i 20 miliardi grazie a tassi di crescita annuali oltre il 9 %.
Negli Stati Uniti e in Asia, le carte Pokémon hanno surclassato persino i tradizionali “sport cards” (baseball, basket) in vendite e interesse. Secondo fonti del settore, aziende di grading (autenticazione e valutazione) come PSA hanno moltiplicato l’attività: dare un voto obiettivo (da 1 a 10) alle condizioni delle carte è divenuto un punto centrale del mercato.
Una carta rara può raggiungere prezzi da capogiro. Ci sono casi di carte vendute all’asta per centinaia di migliaia di dollari: rarità, condizioni perfette, tirature limitate fanno lievitare il valore ben oltre l’uso ludico.
In Italia, la passione per le carte Pokémon non è mai sparita, ma ha conosciuto alti e bassi. In tempi recenti, si assiste a un ritorno vigoroso: negozi di giochi vendono booster box esauriti, eventi locali (fiere, convention) prevedono scambi, tornei, workshop di grading.
Secondo reportage locali, in molte città italiane le carte più ambite spariscono dagli scaffali in poche ore. Alcuni acquirenti fanno code notturne davanti ai negozi per accaparrarsi box limitati. Il fenomeno della “resell mania” (acquisto per rivendita) è presente, e nei gruppi Telegram o Discord alcuni pacchetti vengono venduti con markup elevati già prima dell’apertura ufficiale.
Un impatto curioso: alcuni tabaccai o edicole, non più orientati ai giochi, hanno iniziato a offrire pacchetti Pokémon insieme a riviste, come “valanga nostalgica” per le generazioni che vogliono rivivere l’emozione dell’apertura casuale di bustine.
Speculazione e bolle
Il problema del mercato delle carte è che può facilmente trasformarsi in speculazione. Quando la domanda supera l’offerta, i prezzi lievitano indipendentemente dal valore effettivo dell’oggetto. Alcuni acquistano non per passione, ma per “investimento a breve termine”, cercando carte rare per rivenderle al prezzo massimo possibile.
Questo produce bolle speculative: persone pagano più per l’attesa del profitto che per la gioia del possesso. Quando il mercato si raffredda, molti restano con carte deprezzate. È successo in altri settori collezionistici (fumetti, vinili, sneakers), e il rischio è reale anche qui.
Contraffazioni
Con la crescente domanda, crescono anche le opportunità per imitazioni e falsi. Carte “clone”, ristampe non autorizzate o versioni scadenti possono invadere marketplace poco sicuri. Alcuni acquirenti inesperti pagano cifre elevate per carte che risultano non autentiche.
Un utente su Reddit racconta di aver acquistato carte in italiano che sembravano rare, ma scoprì versioni con errori, materiali sbagliati, assenze di logo, dettagli mancanti — tipiche caratteristiche dei falsi.
Per questo, l’uso di servizi di grading certificati è diventato fondamentale: una carta autenticata ha una custodia rigida e un certificato con punteggio. Ma anche questi servizi possono essere soggetti a saturazione, lunghe tempistiche e costi elevati.
La pressione psicologica del “dover avere”
Per parte dei collezionisti, l’hobby diventa ossessione: “devo trovare quella carta”, “non posso restare senza”, “voglio completare il set a tutti i costi”. Questo spinge comportamenti impulsivi: acquisti fuori budget, rincorse a pacchetti rari, competizioni estenuanti.
Storie di collezionisti: passioni dietro la carta
C’è chi ha conservato carte dai tempi della prima generazione (Base Set). Quelle carte, già logore, hanno oggi valore affettivo e, talvolta, economico. Un collezionista milanese mostra una carta “Charizard 1st Edition Shadowless” con una piega e racconta: «L’ho pagata 20mila lire nel 1999, non pensavo sarebbe diventata un mito». Oggi una copia in condizioni perfette può valere decine di migliaia di euro.
Tra i collezionisti più attivi ci sono ragazzi della generazione Z che non hanno vissuto l’epoca d’oro, ma scoprono il mondo Pokémon attraverso YouTube, social e nostalgia pop retro. Per loro, aprire una bustina è un rito da condividere sul web, immortalare la carta rara, presentarla al gruppo e ricevere feedback. Uno di loro scrive: “Ho iniziato a collezionare carte Pokémon da pochi mesi, non per il loro valore economico, ma per l’illustrazione. Però mi sono accorto che in italiano le carte rare costano cifre folli rispetto alle versioni giapponesi”.
Per molti, non è più principale l’obiettivo “collezionare tutto”, ma piuttosto trovare le carte che risuonano con il proprio gusto artistico, con l’artista che le ha disegnate, con l’illustrazione che emoziona.
In mezzo a passione e nostalgia, c’è chi è diventato venditore: acquista pacchetti in quantità, attende settimane per vedere se emerge una carta rara, poi la rivende con margine. È un modello imprenditoriale – rischioso, certo – ma non raro. Le piattaforme di e-commerce e i marketplace specializzati permettono di fare business anche da casa.
In Italia, alcuni piccoli rivenditori hanno visto le carte Pokémon come opportunità: apri un box in negozio, richiami clienti, eventi, esposizione, vendi accessori. Anche qui, la linea è sottile tra negozio legittimo e “scalping”.
Parte del fascino del collezionismo è la comunità: scambi, amicizie, forum, eventi locali, convention. L’interazione tra appassionati sostiene il mercato, mantiene viva la cultura della carta, previene comportamenti fraudolenti.
Possiamo aspettarci evoluzioni: carte con componenti AR (realtà aumentata), integração digitale con giochi online, versioni “blockchain” (NFT) legate alla carta fisica. Alcuni rumor parlano di carte che “si attivano” con l’app, che mostrano effetti digitali, o che possono essere combinate con carte virtuali.
Un patrimonio culturale
Le carte Pokémon non sono solo oggetti da mercato: fanno parte di una cultura globale, con illustrazioni, narrazioni, design che attraversano generazioni. Archiviarle, conservarle, raccontarle significa anche preservare un capitolo della memoria pop contemporanea.
Le “figurine Pokémon” non esistono più nel senso classico: oggi sono carte da collezione, arte, gioco, investimento. In quel breve articolo su un portale, l’interrogativo “cosa sono e perché sono così ricercate” apre un mondo che intreccia nostalgia e futuro, mercato e comunità, il desiderio di possedere e il rischio di speculare.
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