Tragedia durante uno sgombero nel Veronese: tre carabinieri morti nell’esplosione

Un’operazione come tante, uno sgombero di un casolare occupato abusivamente nei pressi di Verona, si è trasformata in una tragedia nel cuore della notte: tre carabinieri sono morti e altri quindici tra militari, agenti e vigili del fuoco sono rimasti feriti quando, al momento dell’ingresso, l’immobile è esploso in una deflagrazione devastante. L’esplosione — attribuita a una saturazione di gas volontaria — ha causato il crollo della struttura e travolto gli operatori.
Nelle ore successive all’evento, il Paese intero si è stretto nel lutto: il Presidente della Repubblica e il Governo hanno espresso “profondo dolore”, la premier Meloni ha rivolto il “pensiero a chi serve lo Stato”, mentre le Forze dell’Ordine hanno avviato indagini serrate per ricostruire dinamica, responsabilità e — non meno urgente — prevenire che simili tragedie possano ripetersi.
I volti delle vittime
I tre carabinieri deceduti nell’esplosione sono:
Luogotenente Carica Speciale Marco Piffari, 56 anni, comandante della SOS del 4° Battaglione Veneto;
Brigadiere Capo Qualifica Speciale Valerio Daprà, anch’egli 56 anni;
Carabiniere Scelto Davide Bernardello, 36 anni.
Piffari operava per il distaccamento di Mestre, mentre Daprà e Bernardello prestavano servizio a Padova. (Età e ruoli confermati dalle prime fonti giornalistiche).
Il luogotenente Piffari era figura stimata nelle file dell’Arma: con una carriera caratterizzata da operazioni complesse, unita a una forte dedizione al servizio e alla formazione dei giovani. Il brigadiere Daprà e il carabiniere Bernardello godevano di stima locale e tra i colleghi: presenze attente, attente al lavoro quotidiano e alle esigenze del territorio.
In base alle prime ricostruzioni, Piffari guidava il gruppo operativo intervenuto, mentre Daprà e Bernardello seguivano da posizioni tattiche nella fase di ingresso. Ma l’esplosione, scatenata nel momento dell’accesso, ha ribaltato ogni previsione.
Il cordoglio è stato immediato. Il Presidente Mattarella, in un messaggio al Comandante Generale dell’Arma, ha espresso la “solidale vicinanza all’Arma e sentimenti di cordoglio ai familiari” delle vittime. Il corpo dei Vigili del Fuoco ha manifestato “vicinanza e lutto per la tragica scomparsa” dei tre militari.
L’episodio si è verificato nella notte tra lunedì e martedì, a Castel d’Azzano, alle porte di Verona, in un casolare a due piani. Le autorità intervenivano per uno sfratto: l’immobile era occupato da tre fratelli, due uomini e una donna, sulla sessantina, che già in passato avevano manifestato resistenza e minacciato esplosioni qualora l’ordine di sgombero fosse stato applicato.
Secondo le prime indagini, l’abitazione era stata saturata di gas: bombole presenti, aria carica, tensione palpabile. All’apertura della porta, o nelle fasi iniziali dell’irruzione, la deflagrazione è partita, travolgendo chi stava entrando. Il casolare è crollato, precipitando come una prigione di macerie sui militari e sugli agenti.
Tra i feriti figurano 13 militari e agenti, e anche un’occupante (la donna) è rimasta ferita. La deflagrazione è stata udita fino a cinque chilometri di distanza; le fiamme, il crollo dei solai, la nube di polvere — tutti elementi in una scena ormai irreversibile nel giro di pochi secondi.
Due dei fratelli sono stati subito fermati e soccorsi, uno è stato arrestato in mattinata. Le indagini sono in corso per determinare in che misura l’atto sia stato premeditato e per verificare eventuali responsabilità penali aggravate.
Da alcune ricostruzioni, non si tratta della prima volta: già circa un anno fa, durante uno sgombero dello stesso casolare, si era ricorso a bombole di gas per impedire il rilascio. Allora l’operazione era stata sospesa per ragioni di sicurezza. Oggi, quella minaccia è diventata realtà letale.
Il comandante provinciale dei carabinieri di Verona ha definito “gesto folle” ciò che è accaduto, sottolineando come l’Arma, pur avendo agito con cautela e protocolli, non potesse prevedere un atto di tale violenza da parte di chi aveva deciso di far esplodere la propria casa piuttosto che uscirne.
La reazione immediata dei vertici politici è stata di cordoglio, sconcerto e allarme. La premier Meloni ha parlato di “profondo dolore” e ha espresso “un pensiero a chi serve il Paese”, sottolineando che l’azione dello Stato non può essere dissolta nell’orrore della violenza contro chi opera per la sicurezza collettiva. Il ministro dell’Interno, con voce pesante, ha definito il bilancio “terribile, drammatico”.
Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha dichiarato che una simile tragedia non ha precedenti nel territorio e che lascia “sgomenti”. Le dichiarazioni delle istituzioni locali — sindaci, prefetto, autorità giudiziarie — sono state unite nell’esprimere solidarietà alle famiglie e nell’impegno a fare chiarezza.
Tra le voci più forti, quella del sindacato SIM (Sindacato Italiano Militari), che ha definito le vittime “esempi di dedizione e sacrificio”, chiedendo maggiori tutele, protocolli più severi per gli sgomberi e una riflessione sul rapporto tra ordine pubblico e tutela della vita degli operatori.
Nei social e nelle comunità locali la notizia ha scosso profondamente. Le cittadine vicine al luogo dell’esplosione si sono strette nel silenzio: fiaccolate improvvisate, fiori depositati nei pressi del casolare distrutto, messaggi di dolore e rabbia contro chi ha ideato un’azione tanto estrema. Molti giornali locali hanno titolato “Non era solo una casa, era un’imboscata” o “Quando l’ordine si infrange sul fanatismo”.
Gli sgomberi: rischi e precedenti
Quanto accaduto non è un episodio isolato, ma si innesta in un contesto più ampio di tensioni legate alle politiche abitative, al diritto all’occupazione e alle modalità operative degli sgomberi. Nel corso della storia recente, diversi sgomberi hanno dato luogo a scontri, resistenze, minacce di esplosivi o barricate.
In ambito nazionale, pur senza eventi analoghi in scala simile, ci sono state manifestazioni di resistenza estrema nei confronti delle forze dell’ordine: locali occupate, attentati simbolici, rifiuto dell’ordine giudiziario. Quanto più l’azione statale è percepita come intrusiva e violenta, tanto più cresce il rischio di escalation.
In Veneto, non troppo distante nel tempo, ci sono tracce di occupazioni che si sono protratte per anni, tensioni nelle città della periferia veronese, utilizzo di bombole di gas come deterrente simbolico. L’idea di saturare un ambiente di gas non è nuova nelle strategie di resistenza estrema: un gesto che trasforma la casa in un ordigno, una trappola per chi entra.
© RIPRODUZIONE RISERVATA