9:21 am, 14 Ottobre 25 calendario

Profanazione in Vaticano: indignazione

Di: Redazione Metrotoday
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Dopo l’episodio all’“Altare della Confessione”

Un gesto osceno, crudo eppure avvenuto davanti agli occhi di centinaia di fedeli e turisti, ha scosso la sacralità della Basilica di San Pietro. Verso le ore 9:30 del mattino, un uomo è riuscito a penetrare la protezione che avvolge l’Altare della Confessione — sotto il celebre baldacchino del Bernini — e ha urinato direttamente sulla mensa sacra, compiendo un atto che i testimoni descrivono come «una profanazione», «un insulto alla fede», «uno choc indicibile».

La Gendarmeria Vaticana è intervenuta in pochi istanti, bloccando l’uomo e allontanandolo, mentre l’area è stata transennata, le persone evacuate e invitate a defluire. Il normale svolgimento della liturgia è stato interrotto, e il silenzio della basilica si è fatto cupo, carico di tensione e incredulità. I resoconti parlano di un salto improvviso dei tornelli che delimitano l’altare, di gradini saliti con decisione, dei pantaloni che cadono e poi l’atto, sotto lo sguardo di chi non sapeva cosa fare.

La notizia ha fatto il giro del mondo, suscitando reazioni immediate di sconcerto nei media cattolici, nei credenti e negli osservatori laici, nonché interrogativi sullo stato della sorveglianza, sulla salute mentale dell’autore, e sull’efficacia dei protocolli di tutela in uno dei luoghi più simbolici del cristianesimo. Ma non è un episodio isolato: esso si colloca in una serie inquietante di effrazioni, profanazioni e gesti eclatanti nella basilica, che da anni sollevano il dubbio se la sacralità sia davvero protetta al punto giusto.

Precedenti episodi in San Pietro

L’episodio del febbraio 2025

Appena otto mesi fa, nel febbraio 2025, un uomo di origine rumena riuscì a salire sull’Altare della Confessione e scagliò sei candelabri del 1865 contro il pavimento, causando danni per circa 30.000 euro. L’episodio fu ripreso da pellegrini e turisti, e l’uomo, fermato prontamente dalla Gendarmeria Vaticana, fu identificato e denunciato. In quel caso la Sala Stampa vaticana dichiarò che l’autore era affetto da «gravi disabilità psichiche» e che era stato consegnato alle autorità italiane.

Non era la prima volta che qualcuno oltrepassava il recinto protettivo dell’altare: già nel 2019 un uomo aveva raggiunto la zona sotto il baldacchino e scagliato un candelabro, senza però che la vicenda assumesse grande rilievo mediatico.

 L’uomo nudo del 2023

Nel giugno 2023 un gesto apparentemente politico e simbolico attirò l’attenzione internazionale. Un uomo si denudò sull’altare maggiore della Basilica, sotto il baldacchino, con una scritta sulla schiena — “Save children of Ukraina” — in protesta contro la guerra in Ucraina. Il gesto, carico di sofferenza e di richiamo simbolico, fu immediatamente bloccato dalla Gendarmeria, e l’uomo, un cittadino russo con passaporto polacco, venne denunciato e allontanato con un foglio di via. In quell’occasione si parlò di una malattia mentale documentata, che aveva motivato l’azione.

Da un gesto esplicitamente politico a uno vistosamente sacrilego, il passo è corto. Ciò che resta costante è il quadro di vulnerabilità della sacralità – nel senso dei luoghi, ma anche del rispetto simbolico — e la capacità di pochi di rompere, con un’azione estrema, il silenzio che avvolge i luoghi sacri.

Secondo le ricostruzioni, l’uomo ha superato i tornelli che proteggono l’area presbiteriale, è salito velocemente i gradini dell’Altare della Confessione e ha calato i pantaloni per urinare sulla mensa sacra. Il tutto è avvenuto in pochi secondi, sotto gli sguardi basiti di fedeli e visitatori. L’intervento delle forze di polizia vaticane è stato tempestivo, ma non tempestivo a impedire la prevaricazione.

In un momento del gesto, l’uomo pare abbia esposto il proprio corpo; il gesto non è stato descritto in tutti i rapporti come un’esibizione, ma c’è traccia nelle versioni giornalistiche di un momento in cui i pantaloni furono calati e poi di nuovo risollevati. Dopo l’arresto, l’uomo è stato condotto via, privato dei documenti, e su di lui sono partite indagini da parte dell’autorità vaticana e coordini con le autorità italiane.

La reazione del Vaticano

La Sala Stampa della Santa Sede non ha finora rilasciato una comunicazione ufficiale che vada al di là del semplice annuncio dell’accaduto e della presa in custodia dell’uomo. Tuttavia, fonti interne riferiscono che Papa Leone XIV sarebbe stato informato quanto prima e abbia manifestato «profondo sconcerto». È stato ipotizzato che il Pontefice possa chiedere una revisione urgente delle misure di sicurezza nella basilica, per evitare che simili episodi si ripetano.

Si segnalano già verifiche interne, in particolare sull’accesso alle aree riservate dell’altare, sulla presenza di personale in borghese, sulla collocazione dei tornelli, sull’efficacia dei sistemi di videosorveglianza e sulla composizione dei turni della Gendarmeria Vaticana.

A livello giuridico, l’uomo rischia di incorrere in accuse di atti osceni in luogo pubblico, vilipendio di luogo sacro e profanazione, oltre a possibili sanzioni interne previste dal diritto vaticano. È molto probabile che le autorità civili italiane vengano coinvolte nel procedimento, come già in precedenti casi accaduti sul confine tra la sfera ecclesiastica e la giurisdizione civile.

Tra i tanti che erano lì, alcuni hanno descritto l’atmosfera come «di shock e religione tradita». Le voci raccolte parlano di fedeli che si inginocchiavano, di altri che piangevano, di sacerdoti che uscivano dalla sacrestia turbati. Le associazioni cattoliche e di tutela del patrimonio sacro hanno già lanciato appelli per una risposta decisa, e per un intervento che vada oltre la semplice condanna morale.

Non è da escludere che, nei prossimi giorni, si proponga un rito penitenziale di «purificazione» dell’area colpita, come già avvenne in passato, per ristabilire la sacralità del luogo agli occhi dei fedeli.

L’importanza dell’“Altare della Confessione”

L’Altare della Confessione è la mensa sopra la tomba di San Pietro, al centro della Basilica, sotto il grandioso baldacchino bronzeo realizzato da Gian Lorenzo Bernini. È il cuore liturgico e simbolico del papato, il centro visivo dell’architettura barocca e della teologia sacramentale: non è un altare qualunque, bensì il punto in cui la Chiesa manifesta la propria centralità apostolica. È anche chiamato “Altare della Confessione” proprio perché «confessione» indica la testimonianza apostolica, non “confessarsi” nel senso sacramentale — un ambito liturgico che viene celebrato sopra quel luogo.

Il baldacchino ne amplifica la sacralità: le colonne tortili in bronzo, il giochi di luce, la cupola che si apre sopra… tutto punta a un effetto simbolico di connessione tra cielo e terra. Un atto di oltraggio compiuto lì assume un peso che va ben oltre il gesto materiale: è un sovvertimento del linguaggio simbolico stesso.

Urinare su un altare — e farlo in un luogo massimamente sacro — è un gesto che mette in crisi la barriera simbolica tra il «sacro» e il «profano». Non è vandalismo fine a sé stesso: è un atto che intende trasgredire, provocare, rompere il silenzio del simbolo. Qualunque possa essere lo stato psichico dell’autore, il gesto possiede una carica performativa non accidentale, e diventa un evento mediatico e spirituale.

Il valore di ciò che è stato profanato non è soltanto storico o artistico, ma sacramentale: il luogo non è un oggetto da danneggiare indefinitamente, ma un segno vivente di fede per milioni di cristiani nel mondo.

Il rischio della sovraesposizione mediatica

In un’epoca in cui la spettacolarizzazione di gesti estremi è parte del linguaggio politico e dell’attivismo performativo, episodi come questo rischiano di diventare rituali di profanazione — atti attraverso cui il luogo sacro diventa scena, l’autore diventa attore e il gesto diventa simbolo. Internet, i social media, i video amatoriali accendono la platea planetaria, rendendo ogni oltraggio una performance con pubblico globale.

L’equilibrio è fragile: occorre rispondere — non solo con la repressione, ma col senso, con la cura, con l’educazione della memoria. Un altare non si difende solo con barriere fisiche, ma con la consapevolezza che la sacralità va coltivata anche nella cultura, nella formazione, nella consapevolezza popolare.

Fede e vulnerabilità

Cosa significa che un uomo possa entrare nel cuore della cristianità e compiere un gesto tanto brutale? Significa che la sacralità non è un muro inespugnabile, ma un confine fragile. Significa che il simbolo, nella sua bellezza, non è immune alla trasgressione visibile. Significa che il rispetto, quando manca, genera vuoto che atti estremi possono colmare per un momento.

E ancora: che rapporto ha la fragilità umana — la sofferenza psicologica, la rabbia, il disagio — con l’idea di rovina del sacro? In molti casi, gli autori sono persone tormentate, che non cercano tanto visibilità quanto un punto in cui scaricare la loro disperazione. Il definitivo è che un altare non si difende solo con leggi, telecamere o barriere, ma con comunità che lo rendano vivo, con senso che lo abiti, con accoglienza che impedisca l’atto estremo di ridurlo a teatro.

14 Ottobre 2025 ( modificato il 13 Ottobre 2025 | 20:33 )
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