Nel buio degli abissi: uno squalo che brilla e un granchio mimetico tra le nuove meraviglie marine

In una zona remota al largo dell’Australia Occidentale, nelle profondità marine del Gascoyne Marine Park, sono state recentemente descritte due specie finora ignote alla scienza: uno squalo lanterna bioluminescente e un granchio porcellana mimetico. Le scoperte sono emerse da campioni raccolti durante una spedizione del 2022 condotta dalla nave da ricerca RV Investigator del CSIRO, e illustrate in studi pubblicati a settembre 2025.
La scoperta di organismi in ambienti profondi, dove la luce solare non penetra e la pressione è schiacciante, è sempre un evento carico di fascino e di interrogativi. Questi nuovi animali non solo arricchiscono il catalogo della biodiversità marina, ma offrono uno sguardo su meccanismi evolutivi estremi e su adattamenti che possono sembrare quasi alieni ai nostri occhi.
Due mondi remoti: Etmopterus westraliensis e Porcellanella brevidentata
Lo squalo è stato battezzato Etmopterus westraliensis, soprannominato “West Australian Lanternshark”. Come molte specie del suo genere, possiede fotofori — organi specializzati per emettere luce — distribuiti sul ventre e sui fianchi, che gli consentono di “illuminarsi” nel buio delle profondità. Un esemplare ben conservato misura circa 40,7 centimetri. Vive tra i 610 metri di profondità e presenta caratteristiche tipiche degli ambienti profondi: occhi piuttosto grandi, corpo snello e due piccole pinne dorsali ciascuna dotata di una spina.
Il granchio, invece, è stato chiamato Porcellanella brevidentata. È un animale minuscolo: gli esemplari misurano circa 15 mm e presentano un colore bianco opalescente. Vive in simbiosi con coralli molli (le sea pens, penne di mare), nascondendosi tra le “foglie” della colonia madre; il loro mimetismo è tale che si confondono perfettamente con i tessuti dell’ospite. Per nutrirsi, utilizzano appendici modificate (peli setosi) che filtrano particelle di plancton sospese nell’acqua, piuttosto che cacciare o afferrare prede con le chele.
Entrambe le specie furono raccolte durante la spedizione del 2022, ma solo ora sono state formalmente descritte e inserite nella tassonomia ufficiale. I ricercatori stimano che altri campioni raccolti nella stessa missione possano rivelare fino a 600 specie ancora non classificate.
Esplorazioni marine e l’ira del buio
La scoperta di nuove specie marine, specialmente in ambienti profondi, non è una novità isolata, ma parte di una lunga storia di esplorazione ancora in corso. Finora, si stima che solo una frazione delle specie marine totali sia stata descritta: molte varietà si nascondono ancora nei recessi silenziosi e inaccessibili degli oceani.
Nei decenni passati, spedizioni come il Sampling the Abyss hanno già portato alla luce centinaia di specie mai viste, da pesci con corpi gelatinosi, a spugne di vetro, a crostacei che sfidano la nostra immaginazione. In Australia, in particolare, esplorazioni condotte nel settore abissale hanno raccolto migliaia di campioni — un terzo dei quali risultò rappresentare specie nuove — sfidando il mito che gli oceani profondi fossero spazi relativamente “vuoti”.
Gli ambienti profondi sono tra i meno esplorati del pianeta: la pressione può superare centinaia di volte quella della superficie, la temperatura sfiora lo zero, la luce è assente, e il nutrimento deve spesso “piovere” dall’alto sotto forma di detriti biologici. Eppure, creature adattate a queste condizioni non solo esistono, ma evolvono con soluzioni sorprendenti: bioluminescenza, mimetismo estremo, metabolismo lento, simbiosi con altri organismi.
La scoperta dello squalo lanterna e del granchio mimetico rientra dunque in un continuum: ogni nuova specie getta luce (talvolta letteralmente) su come la vita si è infiltrata nei recessi più estremi del pianeta, adattandosi a condizioni che noi considereremmo estreme.
Bioluminescenza negli squali
La bioluminescenza è una delle strategie più affascinanti e diffuse negli ambienti marini profondi. Molti organismi — pesci, molluschi, crostacei, meduse — hanno evoluto la capacità di produrre luce tramite reazioni chimiche interne. Negli squali, questo fenomeno è documentato ma relativamente raro: fino ad oggi poche specie sono state confermate come luminose.
Gli squali “lanterna” (genere Etmopterus) sono tra i protagonisti di questo fenomeno. Gli organi luminosi (fotofori) possono servire a vari scopi: mimetismo (counter-illumination), segnalazione fra individui della stessa specie, attrazione di prede, o distrazione di potenziali predatori. Una luce uniforme verso il basso può aiutare l’animale a “confondersi” con la luce residua che penetra dall’alto, mascherando la propria silhouette.
In Nuova Zelanda, negli anni passati, sono state identificate specie di squali capaci di brillare nel buio degli abissi, con lunghezze fino a 1,8 metri. Questo ha rappresentato una delle prime evidenze di vertebrati bioluminescenti di dimensioni rilevanti. Nel caso dello squalo australiano, le dimensioni sono molto più modeste, ma il fenomeno si inserisce in un contesto simile: sfruttare la luce come strategia evolutiva in ambienti di buio totale.
Il ruolo ecologico e i simboli dell’ignoto
Queste specie scoperte non sono meramente curiosità tassonomiche: rappresentano tasselli importanti nel mosaico dell’ecosistema profondo. Lo squalo lanterna, pur essendo piccolo, è un predatore o un opportunista nella catena trofica abissale. Il granchio porcellana, filtro vivo tra l’acqua circostante e l’ospite corallino, integra la rete alimentare e contribuisce al riciclo del plancton.
Inoltre, il loro ritrovamento in simbiosi con coralli molli indica che anche le relazioni ecologiche (ritrovo di habitat, simbiosi, mimetismo) operano anche al buio estremo. Le “penne di mare” fungono da struttura ospite per il granchio, offrendo rifugio e mimetismo; in cambio, il granchio riceve protezione e accesso al flusso d’acqua ricco di particelle nutritive.
Queste scoperte fungono anche da richiamo alla fragilità dei mari profondi. Nonostante l’apparente lontananza, gli abissi sono minacciati da attività umane: estrazione mineraria dei noduli polimetallici, pesca profonda, cambiamenti climatici che alterano le piogge marine di materia organica, inquinamento e acidificazione. Ogni nuova specie descritta è un patrimonio che merita protezione, anche se vive dove noi raramente arriviamo.
Il ritrovamento di queste specie mantiene aperta la porta sull’ignoto: durante la stessa spedizione del 2022, sono già state identificate decine di specie nuove — tra cui un polpo piatto (Carnarvon Flapjack Octopus) — e si stima che molti altri esemplari rimangano da descrivere nei depositi biologici.
In parallelo, grandi progetti internazionali come Ocean Census mirano a rendere sistematico il catalogo della biodiversità oceanica. In una recente campagna, sono state segnalate 866 potenziali nuove specie marine scoperte in immersioni profonde, con l’obiettivo di spingere la conoscenza verso la totalità del mare.
Le tecnologie che rendono possibile queste scoperte stanno evolvendo: veicoli sottomarini autonomi (AUV), robot a controllo remoto (ROV), sonar multi-beam ad alta risoluzione, imaging 3D, e sequenziamento ambientale del DNA (eDNA) per rilevare tracce genetiche degli organismi senza raccoglierli. Combinando questi strumenti si accelererà la mappatura del mondo sommerso.
Un aspetto decisivo sarà il riconoscimento del mare profondo come area prioritaria per la conservazione. Se consideriamo che gran parte delle specie marine restano sconosciute, molte potrebbero scomparire prima che vengano scoperte, vittime dell’alterazione degli habitat profondi.
La scoperta dello squalo lanterna bioluminescente e del granchio porcellana mimetico nelle profondità off-shore dell’Australia Occidentale segna un nuovo capitolo nell’esplorazione dei mari profondi. Sono creature che sfidano i limiti della nostra immaginazione: piccoli, luminosi o trasparenti, creature che vivono nell’ombra e cooperano con altri esseri per nascondersi.
Queste specie non sono solo curiosità scientifiche: sono testimonianze viventi di quanto poco sappiamo dei fondali profondi, della complessità delle relazioni biologiche nei luoghi più remoti, e del rischio che l’attività umana possa estendere le sue mani anche nel buio più profondo.
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