Il salto digitale in frontiera per il passaporto

Schengen abbandona il timbro e punta su impronte e foto
Punto di svolta nel modo in cui l’Europa controlla i confini: il consueto timbro sul passaporto per i cittadini extra-Ue che entrano nell’area Schengen lascia il posto a un sistema digitale, con raccolta obbligatoria di impronte digitali e fotografia del volto, nel nuovo sistema EES (Entry/Exit System). Il progetto, che sarà gradualmente attivato nei prossimi sei mesi con piena operatività prevista entro il 10 aprile 2026, intende modernizzare la gestione dei flussi, contrastare frodi e permanenze irregolari e da ultimo rafforzare la sicurezza comune.
Questo cambiamento non è una semplice innovazione procedurale: è la reingegnerizzazione dell’idea stessa di frontiera europea. E come tutti i grandi cambiamenti, comporta sfide tecnologiche, tensioni normative, preoccupazioni per la privacy e (non da ultimo) un impatto diretto sull’esperienza del viaggiatore.
L’EES nasce dall’esigenza, avvertita da anni, di rendere più efficiente e coerente il controllo dei confini esterni dello spazio Schengen. Il sistema, gestito dall’agenzia europea eu-LISA, registro centrale per l’archiviazione e l’analisi dei dati biometrici e dei movimenti, raccoglierà per i viaggiatori non-Ue informazioni come il numero del passaporto, i punti di ingresso e uscita, la fotografia facciale e quattro impronte digitali (salvo eccezioni).
La normativa europea prevede che, fino alla messa a regime, le autorità nazionali continuino in parte a usare il sistema tradizionale del timbro. Progressivamente, il timbro cartaceo sarà sostituito da una registrazione digitale.
I dati raccolti verranno conservati per 36 mesi (tre anni) in condizioni normali; se un viaggiatore supera il periodo consentito, i dati possono essere conservati per cinque anni.
Modalità operative al confine
Alla prima entrata dopo l’entrata in vigore del sistema, il viaggiatore non-Ue sarà sottoposto al controllo biometriche: scansione del passaporto, fotografia del volto e rilevamento delle impronte digitali (per chi ha almeno 12 anni).
Esclusione per i minori: per i bambini sotto i 12 anni, non è obbligatoria la raccolta delle impronte digitali, ma viene comunque scattata la fotografia del volto.
Ai controlli successivi, il viaggiatore verrà identificato tramite la registrazione biometrica già archiviata, con un semplice confronto volto-database (face recognition).
Transizione graduale: inizialmente solo alcuni valichi e punti strategici adotteranno l’EES, per consentire adattamenti tecnici e logistici; in ogni Stato membro la percentuale minima di valichi che devono già applicare il sistema è regolamentata (es. entro 30 giorni almeno 10 %).
Fine del timbro: una volta conclusa la fase di rollout, il timbro sul passaporto non avrà più valore ai confini esterni.
Perché l’Europa cambia sistema
Migrazione, sicurezza e frodi
Uno degli scopi dichiarati dell’EES è rafforzare la capacità dell’Unione europea di controllare e monitorare i flussi migratori: identificare chi supera il periodo consentito (90 giorni su 180), ridurre le frodi documentali, collegare il documento a un volto, non a un passaporto potenzialmente contraffatto o indebitamente ceduto. Il sistema potrà segnalare sovrapposizioni di profili, movimenti sospetti, “giochetti” ai confini (entrate e uscite frequenti) che oggi sfuggono al controllo cartaceo.
Se ben applicato, l’EES promette di ridurre i tempi ai controlli nei passaggi successivi: il volto già registrato può sveltire i controlli futuri, diminuendo la necessità di interventi manuali. Inoltre, eliminando il timbro manuale, si riducono errori di trascrizione e necessità di “interpretazione” del documento cartaceo.
Armonizzazione europea
Con 29 Paesi aderenti (gli Stati membri Schengen più Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein), il sistema unificato punta a standard condivisi nei controlli esterni, riducendo la disparità tecnica tra confini più e meno moderni. L’integrazione con altri sistemi europei di sicurezza e nei flussi di dati potrebbe rafforzare la strategia comune nella gestione dei rischi.
Critiche sulla privacy e i diritti individuali
La raccolta biometrica su larga scala suscita interrogativi legittimi: come vengono protetti i dati? Chi ha accesso al database? Quali garanzie contro abusi, hacking, uso improprio?
Molti commentatori richiamano i rischi di “profilazione biometrica”, discriminazioni, minaccia al diritto all’anonimato. Alcuni studi nel campo della biometria propongono framework etici per bilanciare sicurezza e libertà individuali.
Il fatto che i dati saranno conservati per anni, e che il sistema possa segnalare chi “sfori” le regole, accentua il profilo di controllo che l’Europa intende esercitare.
Ineguaglianze infrastrutturali
Non tutti i Paesi Schengen sono alla stessa velocità nella dotazione tecnologica: confini terrestri remoti, porti minori e frontiere rurali rischiano di restare indietro, col risultato che l’EES sarà applicato inizialmente solo in alcuni valichi. Questo significa: non sempre la sostituzione del timbro sarà operativa ovunque, almeno nella fase iniziale.
In base alle regole attuali, cittadini britannici e di altri Paesi che entrano senza visto (per soggiorni brevi) saranno soggetti alle stesse regole biometriche. Non è escluso che in alcuni casi sia richiesta l’uscita dal veicolo per la scansione individuale (ad esempio nel caso di passaggi via auto nel tunnel).
Un inconveniente: i viaggiatori che attraversano più Stati (es. Francia–Belgio–Olanda) potrebbero subire controlli variabili a seconda della fase di rollout locale.
Ogni Stato membro dovrà adattare le proprie procedure di frontiera, politiche di sicurezza, normativa sul trattamento dati, accordi interni tra polizia di confine e autorità giudiziarie. Sovrapposizioni normative e resistenze locali non sono da escludere.
Come cambiano le frontiere in Italia
In Italia, i principali aeroporti (Fiumicino, Linate, Malpensa) sono già attrezzati in alcuni settori per la gestione biometrica, e saranno tra i primi punti in cui l’EES verrà testato concretamente.
I porti marittimi più importanti (come Civitavecchia, Genova) saranno interessati in fasi successive. Le procedure saranno gestite da Polizia di frontiera, con potenziamento di personale e infrastrutture.
I dati raccolti dai viaggiatori extra-Ue saranno trasferiti al sistema eu-LISA, che li integrerà nel database europeo condiviso tra gli Stati membri.
L’Italia ha già potenziato la raccolta biometrica anche nei processi di rilascio dei visti a lungo termine: dal gennaio 2025, le richieste di visti nazionali o Schengen prevedono la presenza fisica per la raccolta delle impronte digitali anche per soggiorni superiori.
Altri sistemi di controllo biometrico
Paesi come gli Stati Uniti (con l’ESTA) e alcuni paesi asiatici hanno introdotto da anni sistemi biometrici per l’ingresso. Spesso tali sistemi integrano il riconoscimento facciale, la scansione dell’iride o le impronte digitali.
In Africa, alcuni Stati utilizzano la biometria nei checkpoint per controllare flussi migratori interni.
Ogni sistema presenta sfide analoghe: infrastrutture costose, diritti individuali, manutenzione, errori biometrici, esclusione di soggetti con caratteristiche particolari (anziani, persone con disabilità facciali, ecc.).
Esperienza al confine
Il viaggiatore extra-Ue dovrà dedicare qualche minuto in più alla sua prima entrata per la fase biometrica. In alcuni casi, la procedura può richiedere di uscire dal veicolo, passare per chioschi, scansionare documenti e attendere l’elaborazione. È inevitabile che nei primi mesi si avvertano code o disallineamenti, soprattutto in aeroporti di piccole dimensioni o in frontiere con infrastrutture limitate.
Per i viaggiatori frequenti, l’esperienza diventerà più fluida: non sarà più necessario il timbro manuale o presentare passaporto e visto oltre che al primo controllo.
Il nuovo sistema potrebbe disincentivare viaggi last-minute nei Paesi Schengen da cittadini extra-Ue che temono lunghe procedure. Organizzazioni turistiche e agenti di viaggio dovranno adeguarsi e informare i clienti.
Gli escursionisti che attraversano confini via terra (Balcani, frontiere terrestri) potrebbero trovarsi in situazioni di maggiore burocrazia e rallentamenti, specialmente dove le infrastrutture non sono adeguate.
Il sistema EES dovrà integrarsi con altri sistemi europei (SIS, Eurodac, i sistemi nazionali) e garantire interoperabilità, trasparenza e compatibilità. Ogni Stato membro dovrà adottare protocolli condivisi, aggiornare infrastrutture, formare personale.
Nessun sistema biometrico è infallibile: falsi positivi, falsi negativi, difficoltà con soggetti con tratti somatici particolari (vecchi, anziani, persone con anomalie facciali), condizioni ambientali non ottimali. È importante prevedere sistemi di fallback e possibilità di verifica manuale.
Sicurezza dei dati e resilienza agli attacchi
L’archiviazione di volti e impronte è un bersaglio appetibile per attacchi informatici. È necessario che il sistema abbia elevati standard di cifratura, segmentazione dei dati, anonimizzazione quando applicabile e audit indipendenti.
La tecnologia evolve rapidamente, così come le tecniche di spoofing (presentazione fraudolenta di volti o impronte). Il sistema dovrà essere aggiornabile, modulare e resiliente alle nuove minacce biometriche o di identità digitale.
Situazioni come viaggiatori con problemi fisici (dita non riconoscibili), richieste di asilo, difficoltà linguistiche, condizioni mediche particolari richiedono protocolli speciali. Non sempre la biometria è neutra: il sistema deve tenerne conto.
Se l’EES fungerà bene, l’Europa potrà porsi come modello globale di gestione biometriche ai confini: efficiente, integrato, bilanciato con diritti. Potrebbe stimolare innovazioni normative in altri continenti.
Evoluzione digitale
L’EES è solo un pezzo del puzzle: è atteso in entrata il sistema ETIAS (European Travel Information and Authorization System), previsto per il 2026, che introdurrà un’autorizzazione di viaggio (simile all’ESTA USA) per viaggiatori extra-Ue. L’ibridazione tra ETIAS + EES segnerà una frontiera digitale “prefabbricata” in Europa.
Si discute anche di un “passaporto biometrico europeo” unificato, o almeno di standard condivisi per migliorare il riconoscimento delle identità nell’Unione.
“Frontiere intelligenti digitali” troppo invasive
L’orizzonte del controllo biometrico possiede anche il rischio di trasformare l’Europa in un’area di sorveglianza continua: se ogni movimento è registrato, ogni faccia acquisita, la differenza tra controllo e profilazione diventa labile. Il bilanciamento tra sicurezza e libertà sarà la sfida permanente.
Il diritto europeo dovrà evolvere per garantire trasparenza, accesso ai dati, revoca, diritto all’oblio biometrico, limiti sul riuso dei dati oltre lo scopo iniziale. Casi giudiziari e interventi della Corte di giustizia dell’UE saranno inevitabili.
Il timbro che non c’è più e i dati che parlano
Con l’attivazione dell’EES, l’Europa corona un passaggio storico: dalla carta al dato, dall’effige manuale all’identità biometrica. L’addio al timbro non è un dettaglio simbolico ma la manifestazione di una frontiera che si fa digitale, un confine che non si legge più nel passaporto ma nei sensori, nei database, nei codici biometrici.
Questo sistema ha la promessa di rendere più sicuro lo spazio Schengen, più trasparente il monitoraggio dei flussi e più efficiente il transito. Ma non escludiamo ostacoli, dubbi e resistenze che non derivano da tecnologie, bensì da scelte collettive: come ogni frontiera, anche questa è un confine che decide chi controlla chi.
Il viaggiatore dovrà abituarsi a farsi “identificare e catalogare” dal sistema (viso, impronte, cronologia), ma è giusto che sappia che quel dato gli appartiene, che servirà solo per quelle funzioni, che il controllo non diventi sorveglianza spersonalizzante. E in quel cambio sta il cuore del nuovo Schengen: non più frontiera di carta, ma frontiera di identità.
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