7:58 pm, 13 Ottobre 25 calendario

Eugenio Giani si conferma al vertice della Toscana

Di: Redazione Metrotoday
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Le “congratulazioni” di Meloni

Una vittoria netta che, nei risultati parziali e nelle proiezioni, si assesta intorno al 54–55 per cento delle preferenze. Il suo sfidante del centrodestra, Alessandro Tomasi, si deve accontentare di circa il 40 %. È una vittoria che sancisce la continuità politica nel governo regionale del “campo largo” di centrosinistra, e che scuote gli equilibri locali ma anche i rapporti con le forze nazionali. Nemmeno Giorgia Meloni ha potuto sottrarsi al rituale delle congratulazioni istituzionali: «Buon lavoro Giani», ha scritto la presidente del Consiglio, «Grazie Tomasi, sfida impegnativa».

Questa tornata elettorale lascia segni evidenti: un’affluenza che crolla sotto il 50 per cento, un consolidamento del blocco progressista regionale e dinamiche inedite nella composizione del consenso alle forze di destra. Ma più che l’esito, occorre guardare al significato politico che questa rielezione assume, alla memoria degli anni passati e alle sfide che attendono la Toscana nei prossimi cinque.

La vittoria di Giani: numeri e geografie del consenso

Alla chiusura dei seggi, il dato definitivo sull’affluenza indica che solo il 47,73 % degli aventi diritto si è recato alle urne, un crollo drastico rispetto al 62,6 % fatto registrare nelle regionali del 2020. Il disincanto elettorale è un fattore che teorici e analisti locali non possono più sottovalutare: la distanza nei voti può tradursi in una distanza nei rapporti di legittimità dichiarativa.

Nei primi dati diffusi dallo scrutinio, Giani ha consolidato un margine ampio. Quando erano scrutinate quasi 3.000 sezioni su quasi 3.922, la proiezione lo vedeva al 53,86 % contro il 41,01 % di Tomasi.  Il dato finale (o quasi) della seconda proiezione Opinio-RAI gli attribuisce un 54,9 %, con l’avversario al 40,1 %. In molti comuni rossi e nelle grandi aree urbane — Firenze, Empoli, Siena — il consenso per Giani si attesta ben al di sopra della media regionale.

Nella contesa delle liste, il Partito Democratico resta primo partito toscano con circa il 35,2 %, in lieve crescita rispetto al 2020. Leggero calo per la Lega, mentre Fratelli d’Italia segna una progressione importante, passando da un 13,5 % nel 2020 a 26,4 %. La lista “Giani Presidente – Casa Riformista”, che raccoglie alleanze centriste e civiche, si attesta sugli 8,6 %.

Alle 17:50, intervenendo dal comitato elettorale, Giani ha annunciato che Tomasi lo ha chiamato per congratularsi, e ha espresso l’intenzione di «lavorare insieme nell’interesse dei cittadini toscani».  La risposta istituzionale è arrivata poche ore dopo da Roma: Giorgia Meloni ha formulato auguri formali a Giani e ringraziamenti a Tomasi «per la dedizione e la passione dimostrate in una sfida impegnativa». 

Per il centrosinistra e per quel che resta del centro moderato in Toscana, è il primo punto segnato nelle elezioni regionali 2025: una conferma della validità del progetto di “campo largo”. Ma non è un trionfo senza interrogativi: come reagiranno le componenti piuttosto critiche all’interno del blocco progressista? E quanto può pesare, nelle politiche future, la scarsa partecipazione elettorale?

Il “campo largo” consolidato: alleanze, rischi, tensioni interne

La vittoria di Giani non è frutto dell’individualità del candidato, bensì del meccanismo politico che è stato costruito negli anni: il cosiddetto “campo largo”, alleanza che unisce il PD con forze moderate, civiche, riformiste, spesso includendo anche pezzi del M5S e della sinistra ambientalista. Alla vigilia della competizione, il dibattito su quanto quelle alleanze fossero solide è stato vivace: alcuni critici nel Pd temevano che la condivisione della base potesse indebolire l’identità del partito, altri che l’eccessiva frammentazione rallentasse la coesione nei governi regionali.

Questa volta, la coalizione ha retto. L’asse PD / Giani è riuscito a mantenere il centro del disegno politico regionale. Ma le spaccature rimangono: alcune liste civiche hanno reclamato un peso maggiore nella distribuzione dei posti, categorie intellettuali e ambientali hanno chiesto più agibilità, e soprattutto le soggettività del M5S o della sinistra radicale (rappresentate da “Alleanza Verdi e Sinistra” o da liste autonome) osservavano con sospetto il “campo largo” come progetto destinato a fagocitarle.

Nei prossimi giorni si aprirà dunque la partita delle nomine, della composizione della giunta, degli equilibri interni. Giani ha già annunciato che ci sarà dialogo e che “chi ha dato un contributo” dovrà essere riconosciuto. Ma il rischio è che, se alcuni comparti si sentiranno marginalizzati, il blocco possa mostrare crepe.

Un dato da non dimenticare è che molte vittorie elettorali del centrosinistra in Toscana sono state costruite non sulla mobilitazione esasperata, ma sull’efficienza amministrativa locale, la rete dei sindaci, l’impegno civico diffuso. In questa fase, la sfida principale sarà far percepire l’utilità concreta del governo, per ricucire il legame con cittadini che in larga misura si sono astenuti.

Lo sguardo al passato: quanto vale il “bis” regionale?

Per comprendere la portata del trionfo di Giani, è utile tornare alla sua prima elezione. Nel 2020, con una coalizione simile, vinse con circa il 48,6 %, superando Susanna Ceccardi (40,5 %). Già allora il centrosinistra toscano veniva da un ciclo amministrativo lungo: tre mandati di governo regionale consecutivi, con partiti di sinistra al centro del progetto politico. Il risultato di Giani fu interpretato come la conferma che la Toscana rimaneva un “baluardo”, ma anche come un avvertimento: la destra, con la Lega in ascesa nazionale, non poteva più essere esclusa dal confronto.

Cinque anni fa, l’affluenza era alta, il dibattito vivace e i temi — sanità, infrastrutture, ambiente — erano centrali nella campagna elettorale. Giani accese la campagna su cinque pilastri: sanità pubblica, ambiente, infrastrutture, cultura e lavoro. Anche oggi quei temi riappaiono, ma in un contesto diverso: le risorse del PNRR e dell’Europa, la transizione energetica, la questione ambientale e climatica, la fragilità demografica regionale assumono dimensioni nuove di pressione e urgenza.

In passato, la Toscana ha anche conosciuto momenti in cui il “rosso” sembrava incrinarsi: alle politiche nazionali, nelle città medio-piccole, nelle aree interne. Ma nessuna di queste spallate è riuscita a produrre uno scossone politico durevole nella governance regionale. Il “bis” di Giani indica che quei tentativi, per quanto affilati, non hanno rotto il blocco strutturale del consenso progressista toscano.

Le sfide che attendono il secondo mandato

Confermato presidente, Giani entra nel secondo mandato con dossier pesanti. I cittadini toscani, più che applaudire la conferma, si aspettano risultati tangibili. Ecco i principali fronti su cui sarà misurato:

  1. Sanità territoriale e prossimità — In molte aree periferiche, piccoli ospedali e strutture di comunità sono sotto tensione. La promessa di rafforzare la medicina territoriale e ridurre le disuguaglianze di accesso è una delle cartine di tornasole del nuovo governo.

  2. Ambiente e transizione energetica — In Toscana la pressione turistica, le questioni di consumo del suolo, le sfide del dissesto idrogeologico e il cambiamento climatico sono centrali. Occorrerà far dialogare l’economia verde con la protezione delle risorse naturali.

  3. Recupero demografico e politiche giovanili — L’emigrazione giovanile verso altre regioni o all’estero, la bassa natalità e la difficoltà di trattenere i talenti mettono pressione sul welfare regionale. Incentivi alla residenzialità giovanile, formazione e sostegno alle imprese startup saranno misure attese.

  4. Infrastrutture e mobilità sostenibile — Le periferie, le aree montane e costiere richiedono una rete di collegamenti più efficiente, integrazione del trasporto pubblico locale e politiche di decarbonizzazione nei trasporti.

  5. Partecipazione e legittimità — Il calo dell’affluenza è un avvertimento: la distanza tra i cittadini e le istituzioni cresce. Il governo regionale dovrà investire in trasparenza, coinvolgimento civico, ascolto delle comunità, magari riprendendo strumenti innovativi di democrazia partecipata.

Se riuscirà a dare risposta a queste aspettative, potrà consolidare non solo la vittoria, ma uno spazio di radicamento duraturo. Se deluderà, l’astensionismo potrebbe accentuarsi e lasciare terreno a nuove sfide politiche.

La Toscana e il paradigma del centrosinistra nel 2025

La rilevanza di questa elezione va oltre la Regione. In un panorama politico nazionale dominato da governi di centrodestra, il “modello toscano” rimane un simbolo del potenziale resistenziale del centrosinistra e dei blocchi progressisti.

Per il PD nazionale, la conferma di Giani rappresenta un argine: la possibilità di dimostrare che, dove si tengono integrazioni intelligenti e tessuto locale forte, è possibile vincere anche in territori storicamente non in crisi interna. Per Meloni e il centrodestra, la sconfitta toscana è un segnale che le “roccaforti rosse” non sono tutte già pronte a cadere — non senza un vero salto di qualità nei progetti alternativi.

In alcuni blog e osservatori, si sottolinea che questa vittoria potrà fungere da cartina di tornasole: se il centrosinistra saprà gestire un ciclo virtuoso nelle regioni che controlla, potrà presentarsi con credibilità nella prossima tornata nazionale. Ma se i governi regionali non reggono alle sfide concrete, l’effetto propagandistico si ritorcerà contro.

Alcuni commentatori fanno notare che il modello del “campo largo” ha bisogno di un elemento di “ossigeno politico”: vale a dire il mantenimento di una base motivazionale, di innovatori territoriali e di spazi di culto civico che non siano meri aggregati elettorali. Altrimenti rischia di diventare un raggruppamento burocratico, con meno spirito di battaglia.

Curioso è il rilievo che questa tornata assume rispetto al fenomeno del voto “meticcio” — elettori che si spostano tra aree ideologiche tradizionali in risposta a questioni locali, identità personali, candidature e visibilità sui temi ambientali o sociali. In Toscana, quel voto “meticcio” ha premiato chi è stato capace di essere percepito più vicino alle concrete istanze territoriali.

La Toscana conferma anche un tratto storico: la sua vocazione al governo progressista, la capacità di sperimentare modelli di alleanze, la pressione delle società civili sui governi locali. Ciò che oggi appare come un trionfo personale di Giani è in verità il punto d’arrivo di un patto politico costruito nel tempo.

13 Ottobre 2025
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