“New Cold War” in Chiave Trump: tra dazi e Google

Un nuovo capitolo nella geopolitica dell’era Trump
All’indomani della multa da quasi 3 miliardi di euro comminata dall’Unione Europea a Google per abuso di posizione dominante, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha risposto con fermezza: minaccia di attivare nuove tariffe protezionistiche contro l’UE. Il monito è chiaro: si valutano contromisure commerciali in base alla Section 301, clausola della legge commerciale Usa che consente l’imposizione di dazi contro pratiche commerciali ritenute sleali.
“Friedmanalli” protetti, semiconduttori sotto pressione
Allo stesso tavolo, il Tycoon ha ribadito la sua strategia di “America First”: aziende come Apple, che delocalizzano all’interno del territorio nazionale e aumentano gli investimenti, saranno esentate dalle nuove imposizioni, mentre per chi importa semiconduttori senza spostare la produzione negli Stati Uniti—soprattutto in settori strategici—potrebbero scattare dazi sostanziosi. Una mossa che conferma l’accento sulla produzione domestica come leva di competitività e sicurezza economica.
Il Pentagono torna al passato: “Department of War”
Sul fronte della Difesa, Trump ha firmato un ordine esecutivo dal forte impatto simbolico: il Dipartimento della Difesa tornerà a chiamarsi Dipartimento della Guerra, e Pete Hegseth—attuale Segretario alla Difesa—assumerà il titolo di Segretario di Guerra. Hegseth ha definito la scelta come un ritorno al “warrior ethos”, un approccio basato sulla proattività e vincente, non meramente difensivo.
Trump, in un passaggio molto discusso, ha attaccato la denominazione odierna come troppo “woke” e incline alla difesa, sposando un ritorno all’identità incarnata nelle vittorie del passato. Il rebranding sarà adottato progressivamente, con cambi di segnaletica, pagine web e identificativi interni, nonostante il vincolo legale che richiede l’approvazione del Congresso per ratificarlo definitivamente.
Il contesto più ampio: tra “warrior ethos” e cancellazione del “woke”
Questa iniziativa si inserisce nel più ampio tentativo dell’amministrazione Trump di smantellare quella che definisce “woke culture” nel Pentagono. Il capo della Difesa, Hegseth, è stato artefice di una serie di misure: ha ordinato la rimozione di contenuti legati alla diversità, cancellato pagine con riferimenti a figure come Maya Angelou e il valore del pluralismo culturale, e revocato programmi di inclusione.
In parallelo, sono state avviate operazioni di rinominazione degli stabili militari che precedentemente omaggiavano figure confederate: segnali del recupero di un’identità militare tradizionalista sono stati ripristinati (es. Fort Liberty è tornato Fort Bragg, Fort Moore è ora Fort Benning).
Le reazioni del passato e le implicazioni future
Il cambio di identità del Pentagono richiama l’architettura istituzionale della Seconda Guerra Mondiale, quando esisteva il War Department, riorganizzato nel 1949 nel moderno Department of Defense dopo riforme legislative. Oggi, Trump e i suoi alleati repubblicani spingono per trasformare un simbolismo in realtà concreta, introducendo disegni di legge affinché la denominazione venga formalmente riconosciuta.
Critici come la senatrice Tammy Duckworth, veterana delle forze armate, mettono in guardia sui costi: citano spese milionarie per cambiare targhe, materiale ufficiale e comunicazioni, suggerendo invece di destinare le risorse a famiglie militari o diplomazia.
La giornata che ha segnato un punto di svolta
Immaginate una giornata d’inizio settembre a Washington, con la sala Ovale come teatro simbolico. Al tavolo, un presidente che firma il suo ordine esecutivo n. 200 della presidenza, tra momenti solenni e un’atmosfera carica di tensione. Al suo fianco, Pete Hegseth in tenuta da guerra moderna. Fotografi e live televisivi immortalano quel gesto: un ritorno al passato, ma con un volto vigile e deciso. Titoli dei giornali: “From Defense to War”, “Back to the Warrior Ethos”, “Trump’s Bold Military Rebrand”.
Sullo sfondo, la reazione internazionale—dalla UE agli osservatori strategici—è mista. Da un lato, protesta per la risposta protezionistica sulla multa Google; dall’altro, stupore per l’approccio muscolare alla politica militare. Gli Stati Uniti sembrano in procinto di lanciare una nuova era, dove il linguaggio, i simboli e l’identità dell’apparato statale tornano a evocare una dimensione più marziale.
Dettagli essenziali
Con questa svolta, Trump incide profondamente sulla percezione dell’apparato militare americano: più deciso, più aggressivo e più centrato sulla vittoria. L’America ritrova un volto più crudo, diretto, che punta sulla forza simbolica quanto su quella geopolitica.
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