Venice4Palestine minaccia le star hollywoodiane dal Festival

Il Festival di Venezia si trova a fare i conti con un’inaspettata ribalta politica.
Alla vigilia della sua 82ª edizione, Venezia non è più solo semplicemente glamour cinematografico: è diventata anche il principale palcoscenico di un acceso dibattito sul conflitto in Medio Oriente. È protagonista di questa vicenda l’iniziativa Venice4Palestine, un gruppo di artisti e intellettuali che ha lanciato una petizione per disinvitare due star hollywoodiane dal festival: Gal Gadot e Gerard Butler.
L’APPELLO E LE SUE RIPERCUSSIONI
Venice4Palestine ha pubblicato una lettera aperta, firmata da oltre 1.500 protagonisti del mondo cinematografico – registi, attori, sceneggiatori –, chiedendo alla Biennale di ritirare gli inviti a Gadot e Butler, definiti “sostenitori pubblici e attivi del genocidio in Gaza”. Nella stessa richiesta, si suggeriva di usare quel prominente spazio per far sfilare delegazioni palestinesi sotto la bandiera nazionale. Tra i firmatari, anche nomi di rilievo come Ken Loach e Alice Rohrwacher.
La richiesta non è stata ignorata sui media internazionali. L’Associated Press ha diffuso l’iniziativa sottolineando che i manifestanti intendono distogliere l’attenzione dai riflettori hollywoodiani per puntarla sulla tragedia di Gaza, con conferenze stampa e una marcia sul Lido, programmata per una delle serate più attese, quella della prima di Frankenstein di Guillermo del Toro.
LA RISPOSTA DELLA BIENNALE
Alberto Barbera, direttore della Mostra, ha risposto con fermezza: la Biennale e la Mostra del Cinema sono spazi culturali, non politici. Non toglieranno gli inviti né faranno boicottaggi. Il festival vuole restare “uno spazio per il dibattito e la conversazione”, aperto al dialogo sull’orrore in Palestina senza esprimere posizioni ufficiali, “anche se proviamo empatia per le vittime”
Barbera ha poi precisato che, contrariamente ad alcuni report, Gal Gadot non era mai stata pianificata come presenza al Festival. Quanto a Gerard Butler, non era ancora stata comunicata una decisione definitiva sulla sua partecipazione.
GAL GADOT E LA ESPOSIZIONE PUBBLICA
Il veto di Venice4Palestine non nasce dal nulla: Gal Gadot ha già affrontato contestazioni a causa del suo aperto sostegno a Israele, in un contesto segnato da violenze e perdite di vite umane. In un’intervista recente, l’attrice israeliana ha affermato che il flop al botteghino del film Snow White sia stato, in parte, dovuto alla “pressione sugli artisti affinché si schierino contro Israele“. Gadot ha raccontato di essersi trovata nel mezzo di un clima esplosivo, aggravato anche dal post della sua co-protagonista Rachel Zegler – che ha espresso solidarietà con la causa palestinese.
In precedenza, durante le riprese a Londra del film In the Hand of Dante di Julian Schnabel, attualmente presente alla Mostra, il set era stato interrotto da manifestanti pro-Palestina. Le tensioni si erano già manifestate, dunque, anche in un contesto produttivo.
LO SCENARIO ATTUALE
L’attrazione principale della sezione fuori concorso è In the Hand of Dante, con Gadot e Butler protagonisti. Nonostante ciò, l’attrice non comparirà alla Mostra, secondo fonti confermate da La Repubblica. Analoga l’incertezza sulla presenza di Gerard Butler, segnata anch’essa da silenzi e mancate comunicazioni.
Parallelamente, il festival programma opere dense di contenuti politico-sociali: The Voice of Hind Rajab, diretto da Kaouther Ben Hania, che racconta la morte di una bimba palestinese durante un attacco in Gaza, è in gara nella sezione principale; mentre Of Dogs and Men, documentario israeliano sulla risposta all’attacco di Hamas del 2023, è presente in una sezione collaterale.
VOGLIO ESSERE PARTECIPATIVO, NON NEUTRALE
Questa edizione di Venezia rappresenta un punto di svolta. Il festival, tradizionalmente percepito come neutrale e distaccato dalla politica, è finito al centro di un confronto di valori: cultura vs attivismo, libertà di espressione vs impegno morale. I firmatari dell’appello chiedono alla Biennale di fare propria una posizione etica; mentre l’istituzione risponde difendendo l’autonomia artistica e la neutralità culturale.
Gli ambienti politici italiani si sono espressi: rappresentanti di governo, come Isabella De Monte (Forza Italia), hanno definito la protesta come “irresponsabile”, sostenendo che Gadot venga attaccata solo per la sua identità israeliana
VERSO IL RED CARPET
Il Festival si apre con quella marcia prevista il 30 agosto: “Stop the Genocide – Free Palestine”. La protesta preannunciata – conferenza stampa davanti al tappeto rosso e il corteo durante la première – promette di trasformare il glamour in tensione politica. Il rischio è che lo schermo diventi palcoscenico di un conflitto sanguinoso, andando ben oltre l’arte cinematografica.
Venezia 2025 sarà dunque ricordata non solo per i film presentati, ma anche per la battaglia dei valori che si è consumata sotto i riflettori. Tra silenzi diplomatici, espliciti boicottaggi e una comunità artistica spaccata, il Festival si ritrova intrappolato tra due visioni: quella che vede nel cinema un rifugio dalla storia, e quella che esige che ogni scelta culturale abbia un peso nella realtà.
L’assenza annunciata di Gal Gadot, l’incertezza su Gerard Butler, le pressione di Venice4Palestine e le prese di posizione ufficiali offrono un quadro complesso: una Mostra del Cinema che non può più evitare di confrontarsi con i tempi drammatici in cui è nata. Se il cinema resta lo specchio del mondo, quello di Venezia si imprime come uno specchio frontale, impietoso, capace di riflettere una verità che fa discutere.
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