12:21 am, 27 Agosto 25 calendario

Addio a un pilastro della spesa italiana: la crisi fa chiudere un discount storico

Di: Redazione Metrotoday
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La catena di discount Dico, nata nel 1994 su iniziativa di Coop e poi evolutasi nel marchio Tuodì, ha definitivamente abbassato le serrande, vittima di un contesto economico insostenibile. Il suo declino, iniziato anni fa tra debiti crescenti e concorrenza agguerrita, segna la fine di una presenza rassicurante per molte famiglie.

Un addio che pesa come un crollo silenzioso

Per i consumatori era un punto di riferimento: negozi puliti, offerte accessibili e una familiarità consolidata. Oggi, però, gli ex clienti di Dico — poi Tuodì — si trovano a dover cercare altrove i prodotti di una volta. Dalla nascita nel 1994 come progetto Coop fino alla trasformazione negli anni successivi, la catena ha saputo rispondere alla domanda di spesa economica senza rinunciare alla qualità. Ma l’evoluzione del mercato, l’aumento dei costi operativi e una concorrenza sempre più feroce hanno scavato piano piano un abisso, fino alla decisione definitiva di chiudere i battenti.

Le radici del declino: tra crisi e ristrutturazione

Per anni, la catena ha tentato di resistere al malessere economico. Il passaggio da Dico a Tuodì nel 2013 non è bastato a garantire la sostenibilità: debiti accumulati, costi crescenti e difficoltà di accesso al credito sono diventati insostenibili. Nel 2017 si registrano i primi segnali di allarme: chiusure temporanee, concordato preventivo e riduzioni operative. Un declino lungo e faticoso che ha trasformato un tempo la certezza in un ricordo.

Un panorama che cambia: Carrefour lascia, NewPrinces avanza

Il declino di Dico/Tuodì non è un caso isolato nel mondo della grande distribuzione italiana. Anche Carrefour, colosso francese presente capillarmente nel Paese, ha annunciato il suo ritiro dal mercato. La cessione della sua rete italiana, composta da oltre mille punti vendita, è prevista a favore di NewPrinces Group, realtà italiana che mira a rafforzare la filiera alimentare nazionale. Questo passaggio di testimone rappresenta una nuova fase: da multinazionali straniere a una visione italiana integrata tra produzione e distribuzione.

Il ruolo ambizioso di NewPrinces e il rilancio del food italiano

Con l’acquisizione di Carrefour Italia per circa un miliardo di euro, NewPrinces non solo assume il ruolo di secondo gruppo alimentare italiano per fatturato, ma diviene anche il principale datore di lavoro nel settore con migliaia di occupati diretti. L’azienda ha reso noto un piano di investimenti da oltre 400 milioni di euro per modernizzare i punti vendita, rilanciare brand storici — come GS — e potenziare la logistica e i canali digitali. Un progetto che mira anche a restituire identità e vitalità al settore.

Un settore che cambia pelle

Il caso Dico/Tuodì è emblematico della trasformazione in atto nella distribuzione retail: format consolidati messi alla prova da dinamiche sempre più aggressive. Nuovi operatori, innovazione digitale, integrazione verticale e una crescente patrimonializzazione stanno ridefinendo i contorni di un mercato in metamorfosi. La chiusura di una catena amata segnala che nessun modello imprenditoriale è immune: solo l’adattamento strategico può garantire la sopravvivenza.

La scomparsa di Dico/Tuodì chiude un capitolo significativo della spesa quotidiana italiana. Dietro a questo addio c’è una storia di resilienza ma anche di vulnerabilità: un’economia che cambia inesorabilmente forma, mettendo fine a realtà radicate. Il passaggio nelle mani di NewPrinces porta con sé ambizioni di rinascita e modernizzazione, ma il vuoto lasciato resta tangibile. In attesa di nuovi format, resta il sentimento di una perdita che, per molti, testimonia come anche gli affetti più concreti — quelli costruiti tra scaffali e offerte — possano diventare reliquie del passato.

Il fattore prezzi e il peso dell’inflazione

Uno degli aspetti più rilevanti che hanno contribuito al collasso di Dico/Tuodì è stato l’aumento del costo della vita. L’inflazione alimentare, che negli ultimi anni ha raggiunto livelli record, ha ridotto il potere d’acquisto delle famiglie italiane. I discount, nati proprio per garantire risparmio, si sono trovati schiacciati in una morsa: da un lato la necessità di mantenere prezzi bassi per non perdere clienti, dall’altro fornitori e costi energetici in crescita.

Molti supermercati hanno tentato la strada dei prodotti a marchio proprio per compensare, ma per una catena in difficoltà come Tuodì questa strategia non è stata sufficiente a invertire la rotta.

Quando chiude un supermercato di quartiere

La chiusura di una catena non è solo un fatto economico, ma tocca direttamente il tessuto sociale. Nei quartieri dove Tuodì era presente da decenni, la chiusura dei punti vendita ha significato perdita di posti di lavoro e maggiore difficoltà per anziani e famiglie a basso reddito, costretti a spostarsi più lontano per fare la spesa.

Molti clienti storici raccontano di aver visto in Tuodì un presidio di comunità: non soltanto scaffali e casse, ma un luogo di relazioni e abitudini. La sua assenza lascia un vuoto che va oltre il bilancio aziendale.

Il confronto con i colossi tedeschi

A rendere ancora più ardua la sfida è stata la concorrenza di discount stranieri ben più strutturati. Lidl e Aldi hanno saputo intercettare i bisogni dei consumatori italiani puntando su qualità percepita, efficienza logistica e campagne marketing mirate. La loro forza di capitale ha permesso investimenti massicci in nuovi punti vendita moderni e in politiche di fidelizzazione difficili da eguagliare per una realtà italiana già fragile.

Il risultato è stato uno spostamento progressivo dei clienti verso questi marchi, che oggi rappresentano una quota significativa del mercato discount nazionale.

Il destino dei dipendenti

Tra i risvolti più drammatici ci sono quelli occupazionali. Migliaia di lavoratori, tra dipendenti diretti e indotto, hanno visto svanire certezze costruite in anni di servizio. Per molti non si è trattato solo di perdere uno stipendio, ma di dover rinunciare a un’identità professionale maturata nel tempo. Alcuni hanno trovato ricollocazione presso altri marchi, altri sono finiti nella spirale della precarietà.

Le associazioni sindacali hanno denunciato la mancanza di un piano di salvataggio credibile e la difficoltà di trattare con una proprietà che negli ultimi anni ha navigato a vista, incapace di rilanciare il marchio.

Dal supermercato alla spesa digitale

Un altro elemento che ha accelerato la crisi è stato il boom dell’e-commerce alimentare. La pandemia prima, e le nuove abitudini di consumo poi, hanno spinto sempre più famiglie a ordinare online, approfittando di consegne a domicilio e formule di abbonamento.

Tuodì, a differenza di altri competitor, non è riuscito a investire seriamente nella trasformazione digitale. La mancanza di una piattaforma solida di e-commerce e di una rete logistica efficiente ha rappresentato un handicap letale in un settore che oggi si muove sempre più sul filo della tecnologia.

Una crisi che racconta l’Italia

Il fallimento di Dico/Tuodì non è un episodio isolato, ma lo specchio di un Paese che fatica a sostenere i propri marchi storici di fronte alla globalizzazione. Molte realtà italiane, nate da cooperative o da iniziative locali, si trovano oggi strette tra multinazionali e nuovi gruppi finanziariamente più solidi.

Allo stesso tempo, la chiusura di queste catene mostra come il consumatore italiano stia cambiando: meno legato al negozio di quartiere, più attratto dall’offerta immediata, dalla tecnologia e da format internazionali che puntano su velocità e innovazione.

Uno sguardo al futuro

La scomparsa di Dico/Tuodì segna la fine di un’epoca, ma apre anche interrogativi sul futuro del retail alimentare. Riusciranno le nuove realtà come NewPrinces a riportare centralità ai marchi italiani? Il piano di rilancio appare ambizioso: recuperare spazi lasciati dalle multinazionali e rilanciare storici brand con una strategia moderna e integrata.

Per i consumatori, la speranza è che questa nuova fase porti non solo più competitività nei prezzi, ma anche una maggiore attenzione alla qualità dei prodotti, al sostegno delle filiere locali e alla sostenibilità ambientale.

L’addio che segna una generazione

Molti italiani ricordano con nostalgia gli scaffali familiari di Tuodì, le offerte a cui si ricorreva nei momenti di difficoltà, le cassiere che conoscevano i clienti per nome. Non si trattava solo di supermercati, ma di luoghi di quotidianità condivisa.

Oggi, quell’addio è il simbolo di un’Italia che cambia, a volte troppo velocemente, lasciando indietro pezzi di storia popolare. Una storia fatta di consumi, lavoro e socialità che, nel silenzio di un’insegna spenta, racconta molto più di una semplice chiusura aziendale: racconta la trasformazione di un intero Paese.

27 Agosto 2025 ( modificato il 24 Agosto 2025 | 0:31 )
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