Quando i bambini diventano adulti troppo presto

Viviamo nell’era dell’adultizzazione: un fenomeno silenzioso in cui l’infanzia viene sistematicamente distrutta dall’imposizione precoce di responsabilità, pressioni e standard da adulti. Più che una semplice deviazione, questo è il sintomo di una profonda frattura sociale, una questione che richiede una lente filosofica e psicosociale per essere compresa nella sua interezza.
Dal punto di vista della psicologia sociale, la società proietta sui bambini un ideale distorto di maturità. Essi vengono trasformati in agenti di consumo e performance, il cui valore è costantemente misurato da metriche esterne di approvazione. Il gioco, fondamento dello sviluppo cognitivo ed emotivo, viene sottilmente sostituito da programmi competitivi. Il risultato è visibile: studi di psicologi affollati di bambini ansiosi e sovraccarichi, privati dello spazio vitale per sbagliare e sognare. Essi portano fardelli emotivi per i quali non possiedono gli strumenti, poiché gli è stato negato il tempo necessario per costruirli.
Questo fenomeno trascende l’individuo. Esemplifica ciò che il sociologo Zygmunt Bauman ha chiamato “modernità liquida” nella sua forma più perversa: la dissoluzione dei confini di età che proteggono l’infanzia. L’adultizzazione è un’omissione collettiva. È la connivenza con lo sfruttamento mediatico, la normalizzazione di una mancanza di presenza familiare qualificata e la tolleranza verso la negligenza dello Stato. Tacere è un atto di omissione che ci rende complici.
Qui risiede il nucleo del nostro dovere morale, un imperativo categorico kantiano adattato all’universo dei bambini: L’infanzia è un territorio ontologico unico e insostituibile. Adultizzare un bambino significa spogliarlo della sua condizione di possibilità di essere. Permettendo questo sfruttamento, amputiamo dalla nostra società la fonte primordiale della creatività, dell’empatia e della capacità di confrontarsi con il mondo con un senso di meraviglia di fronte al mistero esistenziale.
La rivoluzione necessaria è culturale e affettiva. Preservare l’innocenza non è una regressione, ma un investimento strategico nella futura salute della società. La scienza è chiara: il gioco libero costruisce le fondamenta neurali di un adulto resiliente e creativo.
L’impegno che ci viene richiesto è di restituire ai bambini ciò che è loro di diritto: tempo non connesso, protezione intransigente e affetto incondizionato che li rassicuri che il loro valore risiede in ciò che sono, e non in ciò che producono. Perché una società che nega l’infanzia nega, in ultima analisi, a sé stessa il diritto a un futuro. Non c’è domani senza radici, e non ci sono radici sane dove l’adultizzazione impera.
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