3:25 pm, 21 Agosto 25 calendario

Il fenomeno dei SuperAgers, cervelli ottantenni con mente da cinquantenni

Di: Redazione Metrotoday
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Anziani con memoria eccezionale, rivale di chi ha decenni di meno: i SuperAgers sfidano l’invecchiamento cognitivo mostrando che il cervello può restare agile anche dopo gli 80. Un viaggio tra biologia, resilienza e mistero.

Chi sono i SuperAgers: cervelli che sfidano il tempo

L’evoluzione della scienza ci racconta una storia sorprendente: esiste un gruppo ristretto di persone – i cosiddetti SuperAgers – che, pur avendo superato gli 80 anni, mantengono un brillante livello cognitivo, simile a quello di chi ha 50 o anche meno. È come se il tempo per loro scorresse a un ritmo diverso, risparmiando alla loro mente i segni più comuni dell’invecchiamento.

Queste persone si distinguono soprattutto per una memoria episodica e per funzioni cognitive generali che non hanno nulla da invidiare a quelle di individui molto più giovani. Il termine nasce da un’intuizione scientifica e, nel tempo, è stato adottato da numerosi centri di ricerca che hanno studiato centinaia di soggetti, cercando di svelarne i segreti biologici, psicologici e sociali.

Cosa c’è nei loro cervelli, se non l’età?

L’analisi anatomica dei SuperAgers rivela differenze sorprendenti rispetto alla norma. Alcune aree corticali, come la corteccia cingolata anteriore, mostrano uno spessore e una robustezza comparabili a quelle di individui più giovani di decenni.

Non solo: il volume cerebrale tende a ridursi molto più lentamente rispetto alla media, suggerendo un processo di invecchiamento cerebrale più lento o comunque parzialmente protetto. In altre parole, laddove la maggior parte delle persone sperimenta un’atrofia progressiva e inesorabile, i SuperAgers riescono a mantenere più a lungo l’integrità delle proprie strutture neurali.

Un altro elemento distintivo riguarda la presenza di particolari neuroni, come i cosiddetti von Economo e quelli dell’area entorinale, legati a memoria, consapevolezza sociale e controllo emotivo. Questi neuroni sembrano particolarmente numerosi o attivi nei cervelli dei SuperAgers, contribuendo forse alla loro resilienza.

C’è poi un aspetto che lascia ancora oggi perplessi i ricercatori: in alcuni casi, all’autopsia dei cervelli di questi individui, si riscontrano le stesse placche amiloidi e grovigli neurofibrillari che caratterizzano l’Alzheimer. Eppure la loro memoria e le loro capacità cognitive restano intatte fino a tarda età. È come se esistesse un meccanismo di resistenza o compensazione che consente loro di non manifestare i sintomi tipici della malattia.

Stili di vita e resilienza: la ricetta non scritta

Oltre alla biologia, c’è un grande interrogativo: quanto contano i comportamenti, lo stile di vita, le scelte quotidiane?

In alcuni casi, i SuperAgers hanno condotto vite stimolanti, con alti livelli di istruzione, un impegno costante in attività sociali e culturali, e una forte abitudine all’allenamento mentale: letture, scrittura, arte, volontariato, creatività. Tutti elementi che, secondo molti studiosi, favoriscono la plasticità cerebrale e rallentano il declino cognitivo.

Ma la realtà si dimostra più complessa. Non tutti i SuperAgers hanno seguito uno stile di vita ideale: alcuni hanno avuto abitudini comuni, o addirittura meno salutari rispetto agli standard raccomandati. Nonostante questo, la loro mente continua a brillare, segno che non esiste un’unica strada per raggiungere un invecchiamento cerebrale eccezionale.

Un fattore che sembra emergere con forza è la resilienza psicologica. Molti SuperAgers hanno attraversato traumi, lutti o difficoltà significative, eppure hanno mostrato una straordinaria capacità di adattamento, mantenendo equilibrio emotivo e apertura verso la vita. Questa forza interiore, unita a una rete di relazioni sociali solide, potrebbe avere un ruolo cruciale nel preservare la mente.

Le interazioni quotidiane, gli scambi intergenerazionali e il senso di appartenenza a una comunità non solo arricchiscono la vita affettiva, ma alimentano anche i circuiti cerebrali. La socialità, insomma, non è un semplice contorno: può rivelarsi uno strumento potente per mantenere il cervello giovane.

Implicazioni per il declino cognitivo e l’Alzheimer

Lo studio dei SuperAgers ha un’importanza enorme: dimostra che il declino cognitivo non è un destino ineluttabile. Anche quando nel cervello compaiono i segni patologici dell’Alzheimer, in alcuni individui le funzioni cognitive possono rimanere intatte.

Questo apre scenari di ricerca rivoluzionari: se riuscissimo a comprendere i meccanismi che rendono i SuperAgers così resilienti, potremmo sviluppare nuove strategie preventive, trattamenti mirati o programmi di stimolazione cognitiva capaci di rafforzare le reti neurali, proteggere dall’atrofia limbica e promuovere la plasticità sinaptica.

La prospettiva è chiara: non eliminare del tutto l’invecchiamento, ma renderlo più “gentile”, consentendo a milioni di persone di mantenere lucidità, memoria e qualità della vita anche in età avanzata.

Un mistero che ispira

I SuperAgers non sono solo un’eccezione scientifica: rappresentano un faro che illumina la possibilità di vivere meglio, più a lungo e con una mente in piena attività.

La genetica gioca certamente un ruolo, ma il messaggio che arriva da queste vite eccezionali è chiaro: coltivare la mente attraverso relazioni autentiche, stimoli continui, curiosità e resilienza emotiva può essere una delle chiavi per sfidare il tempo.

In fondo, non si tratta solo di aggiungere anni alla vita, ma di aggiungere vita agli anni. E i SuperAgers ci mostrano che questo obiettivo, per quanto raro, è davvero possibile.

21 Agosto 2025 ( modificato il 18 Agosto 2025 | 15:36 )
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