6:28 pm, 20 Agosto 25 calendario

“Israele usa la fame come arma di guerra a Gaza”

Di: Redazione Metrotoday
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Nuove prove raccolte da Amnesty International mostrano una strategia deliberata di riduzione alla fame della popolazione civile palestinese. Testimonianze di madri, anziani e operatori sanitari descrivono una catastrofe umanitaria senza precedenti.

Una politica deliberata di riduzione alla fame

Amnesty International ha diffuso nuove prove che puntano il dito contro Israele, accusandolo di condurre nella Striscia di Gaza una campagna sistematica di riduzione alla fame, parte integrante – secondo l’organizzazione – di un più ampio piano di distruzione del tessuto sociale e della salute della popolazione palestinese.

Le testimonianze raccolte mostrano come la carestia non sia un effetto collaterale delle operazioni militari, bensì un risultato atteso di politiche pianificate. “L’impatto del blocco israeliano e del genocidio in corso, soprattutto nei confronti dei bambini, delle persone anziane e delle madri, è catastrofico”, ha dichiarato Erika Guevara Rosas, direttrice delle ricerche di Amnesty.

Fame e malattie: una spirale letale

Il ministero della Sanità di Gaza ha registrato la morte di 110 bambini per malnutrizione. I dati del Nutrition Cluster parlano di quasi 13.000 ricoveri ospedalieri per malnutrizione acuta solo a luglio, il picco più alto dall’ottobre 2023.

Secondo le valutazioni delle agenzie ONU, la maggior parte della popolazione ha ormai raggiunto il livello di carestia diffusa, con un accesso al cibo ridotto al minimo storico. I prezzi dei generi alimentari sono schizzati alle stelle: un chilo di pomodori costa fino a 80 shekel (20 euro), venti volte il prezzo prebellico.

Madri in lotta: “Sento di aver fallito come madre”

Le testimonianze delle madri sono tra le più drammatiche. S., infermiera sfollata con due figli piccoli, racconta di aver dato loro solo acqua per giorni, quando l’unica cucina comunitaria del campo ha sospeso le forniture. “La fame dei miei figli mi fa sentire una cattiva madre”, ha confidato.

Il latte in polvere, quando reperibile, costa 70 euro per tre giorni di utilizzo. Molte donne incinte o in allattamento hanno denunciato carenze estreme di cibo e acqua potabile, aggravate da condizioni igieniche disastrose. “Temo un aborto e penso al mio bambino che nascerà sotto le bombe e nella fame”, ha dichiarato Hadeel, 28 anni, al quarto mese di gravidanza.

Gli anziani: “Siamo diventati un peso”

La fame colpisce duramente anche gli anziani, spesso soli e privi di cure mediche. Abu Alaa, 62 anni, racconta di vivere con una sola razione di zuppa di lenticchie al giorno. “Io posso sopportare la fame, i bambini no”, ha detto.

Aziza, 75 anni, malata di diabete e costretta sulla sedia a rotelle, si sente un peso per la famiglia: “Non ho medicine, i miei nipoti meritano di vivere più di me”. Le file interminabili per i bagni dei campi profughi e la mancanza di pannoloni e farmaci la fanno vivere in condizioni disumane.

Un sistema internazionale complice?

Amnesty International denuncia anche la quasi totale impunità di cui Israele godrebbe sulla scena internazionale. “Le sofferenze di Gaza sono un atto d’accusa contro un sistema che da decenni consente a Israele di agire senza conseguenze”, ha dichiarato Guevara Rosas.

Secondo l’organizzazione, l’unico passo concreto per fermare questa catastrofe sarebbe un cessate il fuoco immediato, accompagnato dalla fine del blocco e dalla garanzia di accesso sicuro e illimitato agli aiuti umanitari.

Gaza al collasso

Le prove raccolte dipingono un quadro allarmante: intere famiglie ridotte alla fame, donne costrette a scegliere tra la vita e la sopravvivenza dei figli, anziani abbandonati, ospedali senza farmaci. Il tutto aggravato da un blocco che impedisce l’ingresso di aiuti essenziali e dalla distruzione sistematica delle infrastrutture agricole.

“Quella di Gaza non è una crisi naturale: è il risultato di una politica deliberata”, conclude Amnesty International, chiedendo alla comunità internazionale di agire immediatamente per fermare quella che definisce “una catastrofe umanitaria e un crimine contro l’umanità”.

20 Agosto 2025
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