Alla Casa Bianca il dialogo si riscalda: Trump, Zelensky e l’Europa intorno al tavolo per la pace

Un incontro dal sapore diplomatico inedito: Trump accoglie Zelensky in un clima molto più cordiale rispetto al passato e promette “forti garanzie di sicurezza” per l’Ucraina. Il summit si allarga all’Europa, tra messaggi diplomatici, proposte di summit trilaterale e prudenza sul terreno, ma resta sullo sfondo la guerra in corso e le tensioni con Mosca.
Un’apparizione elegante e uno sguardo più caldo
Washington – Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, di solito legato al suo iconico stile militare, fa il suo debutto formale alla Casa Bianca indossando un completo scuro, uno smacco alla familiarità degli incontri precedenti e una chiara mossa diplomatica. Il saluto all’entrata tra lui e Trump è rilassato, persino scherzoso, tra battute che smorzano ansie e tensioni pregresse. Il vecchio clima gelido di febbraio sembra un ricordo lontano: il vicepresidente e il segretario di Stato, che allora avevano attaccato duramente l’ospite, restano in silenzio, lasciando campo libero al dialogo fra i due leader.
Un passo diplomatico: promesse senza dettagli ma con intenzioni
Il presidente Trump promette un coinvolgimento statunitense nella sicurezza dell’Ucraina, ma senza dettagli concreti. Parla di protezione “molto buona”, accennando ad accordi simili all’articolo 5 della NATO, ma senza definirne la forma. La presenza dei leader europei – da Macron a Meloni, da Starmer a von der Leyen – serve da peso diplomatico per insistere su garanzie reali e non simboliche. L’idea di un summit a tre tra Trump, Zelensky e Putin emerge come proposta concreta, sebbene la risposta russa resti vaga.
L’Europa si mette in campo: tra garanzie e cautela
Mai tanti leader europei insieme nella Sala Est della Casa Bianca in tempi recenti. Francia, Germania, Regno Unito, Italia, Finlandia e i vertici Ue e NATO fanno squadra per sostenere Ucraina. L’obiettivo condiviso è chiaro: garanzie di sicurezza credibili per Kyiv e un cessate il fuoco, delicato tema ancora non sbloccato. Meloni suggerisce di non limitarsi a un incontro trilaterale ma di includere anche l’Europa in un eventuale “quad”, mentre Macron evidenzia che qualsiasi accordo non può lasciare l’Ucraina sola. La Russia mette le mani avanti: niente truppe NATO sul territorio ucraino.
Negoziati complicati e la cornice internazionale
Al di là del calore diplomatico, la guerra continua e con essa le pressioni. Zelensky ribadisce l’importanza di un esercito ucraino ben equipaggiato – magari con investimenti fino a 90-100 miliardi di dollari in armi statunitensi sostenute dall’Europa – come base per ogni accordo duraturo. L’Italia, con Tajani, fa da ponte: la pace non si costruisce senza Kiev, dice, ma ogni passo va ponderato. Tra i retroscena, momenti di tensione, come la frase fuori microfono di Trump a Macron: «Putin vuole fare un accordo per me… è pazzesco».
Faccia a faccia e dopo? Hiroshima e Budapest in agenda
Nella telefonata successiva, Trump afferma che Putin sembra pronto a incontrare Zelensky, ma al momento solo in forma bilaterale. Zelensky e l’Europa spingono per un summit a tre, ma anche a quattro, in quanto l’Europa deve restare protagonista. Tra le ipotesi avanzate, Budapest e Ginevra tornano d’attualità come possibili sedi degli incontri futuri, mentre l’ipotesi di Mosca viene respinta da Kiev.
Il vertice di Washington segna un cambio di tono: sorrisi al posto di tensioni, proposte al posto di ultimatum. Tuttavia, la sostanza deve essere ancora definita: le garanzie restano vaga promessa, i leader europei pregano di mantenere i principi dell’Occidente, e l’Ucraina resta sospesa tra la diplomazia e la resistenza sul campo.
Un segnale positivo, ma niente di più di una base da cui ripartire in direzione di una pace fragile ma possibile.
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