Amnesty International richiama il governo siriano all’azione contro i rapimenti di donne alauite

Amnesty International ha lanciato un appello urgente al governo siriano affinché prenda misure immediate per prevenire la violenza di genere e avvii indagini rapide, approfondite e imparziali sui rapimenti di donne e ragazze alauite. L’organizzazione ha ricevuto informazioni attendibili riguardo ad almeno 36 rapimenti avvenuti tra febbraio e luglio 2025 nelle province di Latakia, Tartus, Homs e Hama, per mano di individui non identificati. Tra questi, sono stati documentati cinque rapimenti di donne adulte e tre di minorenni, avvenuti in pieno giorno.
Le autorità di polizia e i servizi di sicurezza siriani, la Sicurezza generale, hanno trascurato di svolgere indagini efficaci, e, salvo in un caso, non hanno accertato la sorte delle persone rapite. Il 22 luglio, il comitato d’inchiesta istituito dal presidente al-Sharaa ha dichiarato di non aver ricevuto segnalazioni riguardo a rapimenti di donne.
“Le autorità siriane affermano di voler costruire una Siria per tutti, ma continuano a non intervenire per fermare i rapimenti, prevenire violenze e matrimoni forzati, e indagare sui responsabili”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International. La comunità alauita, già traumatizzata da precedenti massacri, è stata profondamente colpita da questa ondata di rapimenti, portando le donne a temere di uscire di casa.
Amnesty International ha documentato otto casi, in cui le famiglie hanno denunciato i rapimenti senza ricevere aggiornamenti dalle autorità. In alcuni casi, i sequestratori hanno chiesto riscatti tra 9.000 e 13.000 euro, ma in un caso, nonostante il pagamento, la donna non è stata liberata. Inoltre, in almeno tre casi, una delle rapite è stata probabilmente costretta a un matrimonio forzato.
Le interviste condotte da Amnesty International hanno rivelato che le donne e le ragazze, specialmente della comunità alauita, ora affrontano con estrema cautela spostamenti per andare a scuola o al lavoro. “Tutte le donne sono in stato d’allerta. Non possiamo prendere un taxi da sole, camminare, fare nulla senza provare paura”, ha raccontato un’attivista della società civile.
Amnesty International ha anche ricevuto segnalazioni di ulteriori 28 casi, confermando la liberazione di metà di queste donne, mentre il destino delle altre rimane sconosciuto. La Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite ha documentato il rapimento di almeno sei donne alauite da parte di “individui non identificati”.
A maggio, Amnesty aveva discusso il tema con il ministro dell’Interno siriano, ma, al momento della pubblicazione, non è giunta alcuna risposta sulle misure adottate per proteggere donne e ragazze.
In sei casi, le famiglie hanno ricevuto comunicazioni dai sequestratori, che hanno avanzato richieste di riscatto. Alcune donne, già sposate, hanno contattato le famiglie per chiedere il divorzio, rivelando di essere state costrette a sposare i loro rapitori. Un caso in particolare ha visto una minorenne rapita e successivamente “data in sposa”, senza il consenso dei genitori, un atto illegale secondo la legge siriana.
I rapimenti di donne e ragazze alauite possono configurarsi come tratta di esseri umani, e le autorità devono adottare misure necessarie per prevenire e punire tali violazioni dei diritti umani. Il diritto internazionale richiede che gli stati esercitino il proprio dovere di prevenire privazioni della libertà da parte di terzi e di condurre indagini appropriate.
In tutti gli otto casi documentati, le famiglie hanno denunciato formalmente i rapimenti, ma le autorità non hanno fornito aggiornamenti. In alcuni casi, le famiglie sono state accusate di essere responsabili del rapimento, mentre in altri non è stata intrapresa alcuna azione.
“Le autorità hanno la responsabilità legale e morale di prevenire e punire la violenza di genere. Tutte le donne in Siria hanno diritto a vivere libere dalla paura di subire violenze e discriminazioni”, ha concluso Callamard. È fondamentale che le indagini siano rapide e accurate, e che le vittime ricevano il supporto e la riparazione che meritano.
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