L’Italia rivede la strategia di difesa: la guerra non deve arrivare da noi

Il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, ha avviato una revisione strategica sulla sicurezza nazionale, affermando: “Sicuramente noi non andremo in guerra. Quello che dovremmo evitare è che la guerra arrivi da noi”. La situazione attuale richiede un approccio urgente e operativo, piuttosto che una semplice rassicurazione diplomatica. L’Italia, infatti, si trova a dover affrontare minacce concrete e già in atto in diversi contesti globali, dalle tensioni in Ucraina alla competizione tecnologica tra Stati Uniti e Cina, fino alle pressioni ibride su infrastrutture civili.
In un contesto internazionale in rapida evoluzione, Roma sta rivedendo la propria postura difensiva. Questo cambiamento è evidente: maggiore attenzione all’adeguamento del sistema-Paese e meno focus sugli equilibri di breve termine. Il ministro Crosetto ha sottolineato l’importanza di “prevenire qualunque rischio per i nostri cittadini”, adottando un’impostazione basata su deterrenza e resilienza delle infrastrutture.
La previsione di un attacco russo alla Nato entro cinque anni, avanzata dal primo ministro olandese Mark Rutte, è stata giudicata credibile dal governo italiano. A seguito di questa valutazione, il Ministero della Difesa ha avviato una ricognizione aggiornata sullo stato delle minacce e sulla prontezza del sistema militare italiano, il cui risultato sarà riservato e presentato solo ai leader politici.
La scelta di non rendere pubblico il documento, ma di discuterlo individualmente con i vertici delle forze politiche, mira a creare un quadro comune di consapevolezza. Crosetto ha chiarito che, in caso di crisi, nessuno potrà dire “non lo sapevo”. Questo approccio segna una discontinuità rispetto alla tradizionale gestione compartimentata della sicurezza.
Inoltre, l’Italia confermerà al prossimo vertice Nato dell’Aia il raggiungimento dell’obiettivo del 2% del Pil per le spese militari, una meta fissata nel 2014 e ora finalmente realizzata. Il passo successivo prevede di raggiungere il 3,5% entro il 2030, o più probabilmente entro il 2035, rispondendo così alle richieste degli Stati Uniti per un maggiore contributo degli alleati europei alla sicurezza collettiva.
Tuttavia, rimane da affrontare il problema della sostenibilità economica. All’interno della maggioranza, la Lega ha imposto un limite chiaro: nessuno scostamento di bilancio per finanziare la difesa. Attualmente, la clausola di salvaguardia prevista dal piano europeo ReArmEu non è stata attivata dall’Italia e non ci sono decisioni definitive. Crosetto ha anche sollevato dubbi sulla durata di tali misure, affermando che “non bastano quattro o cinque anni, servirebbero almeno venti o trenta”. Le spese militari richiedono una pianificazione a lungo termine, incompatibile con soluzioni di emergenza a breve termine.
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