L’abito parla (di noi): Ida Galati racconta Il linguaggio segreto della moda

Intervista all’ex psicoterapeuta diventata fashion teller, che con il suo primo libro ci insegna a vestirci con la testa… e con il cuore.
A chi non è mai capitato di guardarsi allo specchio e non riconoscersi? O di indossare un capo che ci fa sentire subito più forti, più allegri, più… noi? Ecco, secondo Ida Galati – ex psicoterapeuta, oggi fashion teller e divulgatrice digitale – dietro a quel “sentirsi bene nei propri panni” si nasconde molto più di un vezzo estetico: c’è una narrazione, un linguaggio segreto fatto di colori, forme, tessuti e memoria. E proprio da qui nasce Il linguaggio segreto della moda, edito da Giunti, primo libro dell’autrice che verrà presentato a Roma giovedì 15 maggio presso la Kou Gallery, con una performance immersiva tra arte, stile e parola a cura della stylist Nicole Rota.
Un’opera che unisce psicologia, storia del costume e cultura pop, con un messaggio chiaro: smettere di rincorrere le tendenze e iniziare ad ascoltare se stessi. Perché la moda può essere anche terapeutica. Ecco cosa ci ha raccontato Ida Galati in questa intervista tra stile e consapevolezza.
Ida, il tuo libro nasce da un doppio percorso: prima come psicoterapeuta, poi come fashion teller. Da cosa sei stata ispirata?
Scrivendo e parlando di tendenze in passato, mi sono accorta che dire all’altro come vestirsi per essere alla moda equivale a fornire le soluzioni da psicologa a un paziente, senza lasciare che sia lui – attraverso un percorso di analisi personale – a capire la strada e illuminarsi. Per questo da tempo non parlo più di tendenze e capi must-have, ma di come far capire quali abiti, al di là della moda, possano raccontare la propria storia. Credo non ci sia niente di più prezioso e potente che riuscire a sentirsi bene nei propri panni, perché questo ha un’influenza enorme sulle nostre giornate e su come ci percepiscono gli altri.
Hai pensato a un target preciso per questo libro?
Ho scritto avendo in mente chi mi segue: principalmente donne, di tutte le età, curiose, appassionate, riflessive, che vanno oltre l’apparenza pur restando leggere, che vogliono capire. Ma dialogo anche con molti uomini che condividono questi valori. Il libro è pensato per essere senza genere, anche se ho scelto ventuno figure femminili e una maschile per raccontare undici stili moda. L’unicità resta sempre al centro.
Come si struttura il libro?
Tre parti diverse, che potrebbero vivere anche da sole. Nella prima affronto la psicologia della moda e la mia storia personale, per spiegare come ogni abito sia un messaggio: anche quando non vogliamo comunicarlo, comunichiamo. Nella seconda parte analizzo ventidue personalità che incarnano undici stili, per aiutare il lettore a riflettere sulla propria identità e su come preferisce apparire. Infine, nella terza parte, invito a fare ordine nel proprio armadio: non solo per una questione pratica, ma per renderlo più sostenibile e coerente con chi siamo. Non demonizzo il fast fashion, ma spiego da dove nasce questa “fame di capi” e come possiamo scegliere con maggiore consapevolezza.
C’è un capo che ti fa sentire davvero te stessa?
Bella domanda. Mi sento molto rappresentata da pezzi che attirano l’attenzione: un colore forte, un accessorio scenografico… ma non sempre mi fanno sentire a mio agio. A volte ho voglia di essere vista, altre di stare più defilata. Lo stile romantico è uno dei miei preferiti, ma è impegnativo. Non è da tutti i giorni, un po’ come me.
Se dovessi riassumere in una frase il messaggio del libro?
Vorrei dire che è possibile non sentirsi più sbagliati o fuori posto. Gli abiti possono essere un’arma gentile, capace di renderci forti, liberi, allineati a ciò che siamo. E non è poco.
Ultima domanda: secondo te, l’abito fa davvero il monaco?
Se il monaco non lo conosciamo e ce lo troviamo davanti, assolutamente sì. In 130 millisecondi ci facciamo un’idea dell’altro, basata sull’aspetto. È difficile poi cambiarla. Ecco perché è importante che il nostro primo impatto sia coerente con ciò che siamo o con ciò che vogliamo comunicare. Meglio pensarci bene, e scegliere di essere… un monaco autentico.
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