5:40 pm, 10 Maggio 25 calendario

L’intelligenza neurale, la nuova frontiera che cambia la nostra vita

Di: Giuseppe Nasca
condividi

L’intelligenza neurale affascina da anni. Non solo per il suo impatto sulla tecnologia, ma per come riesce a fondere biologia, matematica e filosofia in un unico straordinario campo di studio. Voglio portarvi con me in questo breve viaggio, raccontandovi dove tutto ha avuto inizio e dove stiamo andando.

Tutto parte da molto lontano. Già nel 1906 Santiago Ramón y Cajal, premio Nobel per la Medicina, dimostrò che il sistema nervoso umano è composto da cellule individuali: i neuroni. Una scoperta che ha cambiato per sempre la nostra comprensione del cervello (“The Nobel Prize in Physiology or Medicine 1906” NobelPrize.org).

Negli anni ’40, Donald Hebb propone un’idea rivoluzionaria: i neuroni che si attivano insieme rafforzano il loro legame (“L’organizzazione del comportamento”, 1949). Un principio, la cosiddetta “legge di Hebb”, che oggi è alla base non solo dell’apprendimento biologico, ma anche di quello delle macchine.

E proprio sulle macchine comincia un altro straordinario capitolo. Nel 1943, Warren McCulloch e Walter Pitts descrissero il primo modello di neurone artificiale, capace di semplici operazioni logiche (“A Logical Calculus of the Ideas Immanent in Nervous Activity” The Bulletin of Mathematical Biophysicals).

Da lì in avanti il sogno di replicare l’intelligenza umana nelle macchine prese forma: Frank Rosenblatt nel 1958 inventò il Perceptron, un sistema capace di riconoscere schemi (“The Perceptron: A Probabilistic Model for Information Storage and Organization in the Brain” Psychological Review).

Tuttavia, non è del tutto facile. Gli anni ’70 videro una battuta d’arresto, segnata anche dalle critiche di Marvin Minsky e Seymour Papert (“Perceptrons”, 1969). Sembrava che le reti neurali fossero una strada senza uscita. Ma la scienza non si arrende facilmente.

Negli anni ’80, grazie al metodo della retropropagazione dell’errore (backpropagation) ideato da David Rumelhart, Geoffrey Hinton e Ronald Williams (1986), l’apprendimento automatico fece un balzo in avanti. E negli anni 2010, complice la potenza dei nuovi computer e la disponibilità di enormi quantità di dati, l’intelligenza neurale artificiale o il deep learning esplose letteralmente.

Ricordo ancora l’emozione nel vedere i risultati di AlexNet nel 2012, quando Geoffrey Hinton e il suo team vinsero la competizione ImageNet con una rete profonda capace di riconoscere immagini come mai prima (“ImageNet Classification with Deep Convolutional Neural Networks” Krizhevsky, Sutskever, Hinton, NIPS, 2012).

Da allora il mondo è cambiato: algoritmi capaci di scrivere testi, creare opere d’arte, diagnosticare malattie.

Basti pensare ai modelli GPT di OpenAI, che dal 2018 hanno rivoluzionato il modo in cui interagiamo con l’informazione.

Eppure, questo enorme potenziale porta anche grandi interrogativi. Studiosi come Nick Bostrom (“Superintelligence: Paths, Dangers, Strategies”, 2014) ci ricordano che l’intelligenza artificiale va maneggiata con estrema cautela. Non possiamo permetterci di creare strumenti più potenti di noi senza chiederci chi ne avrà il controllo, e come.

L’intelligenza neurale è la nostra creazione, ma potrebbe anche diventare la nostra più grande sfida.

Sta a noi, come società, stabilendo regole etiche, normative trasparenti, e investendo nella formazione delle nuove generazioni. Perché il futuro che immagino non è dominato dalle macchine, ma costruito insieme a loro.

10 Maggio 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA