Storico accordo all’Ecofin. Meloni: “Migliorativo per l’Italia”

Nell’ambito dell’Ecofin, si è consumata una svolta epocale con il Patto di Stabilità. Giorgia Meloni lo ha definito un compromesso sagace e vantaggioso per l’Italia. Giancarlo Giorgetti ha espresso un giudizio misto, riconoscendo però la sostenibilità dell’accordo per il nostro Paese. Paolo Gentiloni ha salutato l’intesa come una notizia positiva per l’economia europea.
La recente evoluzione del Patto di Stabilità ha segnato un momento decisivo. Contrariamente alle previsioni, i 27 ministri delle Finanze hanno raggiunto un consenso sulle nuove normative di governance economica. L’obiettivo era quello di concludere l’accordo entro fine anno per attivarlo nella primavera successiva. La presidenza spagnola ha impiegato notevoli sforzi in questo senso, con incessanti incontri e trattative prolungate. Tuttavia, è stato l’impulso dell’asse franco-tedesco, in costante dialogo con il Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano, a superare gli ostacoli. L’ultimo incontro tra Bruno Le Maire e Christian Lindner, seguito da negoziati tra le capitali, ha portato all’accordo raggiunto in una videoconferenza straordinaria dell’Ecofin. Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, ha descritto l’accordo come un “compromesso di buonsenso” e “migliorativo per l’Italia rispetto al passato”, secondo una nota di Palazzo Chigi. Tuttavia, si esprime rammarico per la mancata esclusione automatica delle spese in investimenti strategici dal calcolo del deficit e del debito. L’Italia intende proseguire la lotta per questa causa.
Nell’accordo sul Patto di Stabilità, secondo Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia e delle Finanze, vi sono aspetti positivi e altri meno. L’Italia ha ottenuto molto, soprattutto un accordo sostenibile che mira a una riduzione realistica e graduale del debito, pur mantenendo uno sguardo costruttivo sugli investimenti, specialmente quelli del Pnrr.
Per l’Italia, è vantaggioso l’adattamento delle richieste iniziali di estensione automatica del piano legato agli investimenti del Pnrr, la considerazione della difesa come fattore rilevante e l’esclusione della spesa per interessi dal deficit strutturale fino al 2027. I paesi che superano il limite di deficit del 3% dovranno regolare i conti dello 0,5% annuo, ma verranno considerati gli interessi per le spese negli investimenti nei settori strategici dell’UE. Sono state stabilite soglie di riferimento per garantire una riduzione media annua del rapporto debito di 1 punto percentuale per i paesi con debito superiore al 90% e dello 0,5% per quelli tra il 60% e il 90%. È previsto un margine di salvaguardia del disavanzo strutturale pari all’1,5% del PIL, inferiore al 3%, ma solo nel braccio preventivo, non in quello correttivo. Questa misura è volta a creare uno spazio dell’1,5% per essere pronti in caso di shock, senza mettere sotto pressione i conti. Per questi paesi è prevista anche una velocità di aggiustamento del deficit primario strutturale pari allo 0,4% del PIL annuo, che potrà ridursi allo 0,25% in caso di estensione dei piani da 4 a 7 anni. Le norme introducono un regime transitorio fino al 2027 che attutisce l’impatto dell’aumento del peso degli interessi, tutelando la capacità di investimento, soprattutto nei settori strategici dell’UE, come la difesa, il sociale e la transizione verde e digitale.
In sintesi, quando l’Italia sarà nel braccio correttivo della procedura per eccesso di deficit, le sarà richiesto uno sforzo di riduzione dello 0,5, ma la Commissione, nel decidere l’entità dello sforzo richiesto all’Italia, terrà conto dell’aumento nel peso dei tassi di interesse per l’intero periodo. “L’accordo è una buona notizia per l’economia europea al termine di un anno molto impegnativo”, ha commentato Paolo Gentiloni, Commissario UE all’Economia. “Anche se i negoziati hanno aggiunto una certa complessità ai testi rispetto alla nostra proposta, ne preservano gli elementi fondamentali: uno spostamento verso una pianificazione fiscale più a medio termine; una maggiore titolarità da parte degli Stati membri dei piani fiscali, all’interno di un quadro comune; e la possibilità di perseguire un aggiustamento fiscale più graduale per riflettere gli impegni verso investimenti e riforme”, aggiunge Gentiloni. Domani il testo sarà sul tavolo degli ambasciatori UE per concordare un mandato negoziale. Poi si attende la posizione del Parlamento europeo per avviare il negoziato interistituzionale, probabilmente già a gennaio. L’obiettivo è arrivare all’entrata in vigore di questa riforma nella primavera del 2024, prima delle Europee di giugno.
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