Teatro La Fenice: sciopero contro la nomina di Beatrice Venezi

È uno scontro plateale quello che rischia di trasformare la stagione lirica veneziana in un teatro dello scontro. È bastata la notizia della nomina di Beatrice Venezi come futura direttrice musicale stabile del Teatro La Fenice (a partire da ottobre 2026) per far esplodere proteste, resistenze interne e un’aspra contestazione da parte delle maestranze del teatro. Ora i dipendenti hanno proclamato uno sciopero per venerdì 17 ottobre, data della Prima del Wozzeck di Alban Berg, chiedendo la revoca dell’incarico: un gesto che segna una rottura senza precedenti fra orchestra, personale e vertici.
Il caso Venezi: profilo e polemiche
Beatrice Venezi, 35 anni, pianista e direttrice d’orchestra toscana, è diventata nell’estate 2025 il nome attorno al quale si concentra questa grande tensione. Il 22 settembre la Fondazione Teatro La Fenice ha annunciato all’unanimità (Consiglio d’indirizzo incluso) la sua nomina come direttore musicale: incarico quadriennale, da ottobre 2026 a marzo 2030. A sostegno, il sovrintendente Nicola Colabianchi ha definito la scelta come “un investimento sul futuro”, puntando sul talento e sulla sua capacità comunicativa internazionale, sottolineando anche che fosse uno dei pochi nomi femminili possibili nei grandi teatri lirici.
Tuttavia la decisione non è passata inosservata: già nelle settimane seguenti è esploso il dissenso dell’orchestra, delle RSU, del personale tecnico e di una parte del pubblico storico. Si sono lette frasi delle maestranze su lettere aperte, volantini nel foyer e nei palchi, e richieste pubbliche di revoca dell’incarico per «mancanza di legittimità e discontinuità nel percorso artistico» rispetto ai precedenti direttori della Fenice.
L’8 ottobre, in occasione dell’incontro con i vertici del teatro e il sindaco Luigi Brugnaro, la Rsu ha ribadito la richiesta di revoca, dichiarando lo sciopero per il 17 ottobre. Il sindaco e Colabianchi, pur proponendo un percorso conoscitivo con la nuova direttrice, mantengono la conferma ufficiale della scelta.
Le ragioni della contestazione
Dietro la protesta, le ragioni si articolano lungo tre direttrici: curriculum artistico, metodo decisionale e percezioni politiche.
Curriculum artistico non “alla Fenice”
La critica più ricorrente riguarda il fatto che Venezi non avrebbe mai diretto un titolo d’opera o un concerto sinfonico pubblico all’interno del repertorio ufficiale della Fenice. In altre parole, non ha esperienze pregresse significative all’interno del teatro veneziano o in contesti lirico-internazionali paragonabili. Questo fatto – secondo i contestatori – rende la nomina “calata dall’alto” e non sostenuta da un confronto artistico: una scelta manageriale anziché frutto di un confronto con le maestranze.
Nella lettera aperta firmata dai professori d’orchestra della Fenice, si legge che il rapporto di fiducia è «irrimediabilmente compromesso» e che non si riesce a riconoscere in lei la guida del teatro. Viene espresso un giudizio netto: «non garantisce né qualità artistica né prestigio internazionale».
Procedimento decisionale top-down
Molti critici della scelta denunciano che non vi sia stato un percorso partecipato: né ascolto interno né audizione pubblica, né consultazione delle maestranze prima della nomina definitiva. I lavoratori fanno notare che solitamente, nei maggiori teatri, la figura del direttore musicale viene scelta anche considerando il parere dell’orchestra, del consiglio artistico e del personale musicale. In questo caso, l’operazione è apparsa come una decisione di vertice, e non come risultato di un processo concertato.
Aspetti politici e simbolici
La nomina è avvenuta in un contesto politico sensibile. Venezi in passato ha avuto ruoli mediatici e relazioni con ambienti culturali vicini al governo. Alcuni critici esterni hanno sottolineato che sua figura è “legata” al panorama della cultura promosso dall’attuale maggioranza politica, suggerendo che la scelta avrebbe componenti oltre il solo merito artistico. Ciò ha innalzato il grado di polarizzazione della vicenda.
D’altro canto, sostenitori della nomina hanno accusato le proteste di essere intrise di misoginia e conservatorismo culturale, suggerendo che se la persona fosse un uomo non si sarebbero sollevate obiezioni simili. Alcuni hanno citato commenti mediatici in cui si è affermato che «se non fosse una donna e attraente, non sarebbe criticata così».
Venezi, da parte sua, ha reagito scegliendo cautela: ha rinunciato a partecipare al “Festival delle Idee” per non alimentare polemiche sterili, dichiarando che non vuole che l’arte si trasformi in arena politica. Ha anche annunciato che valuterà azioni legali contro chi diffonde falsità sul suo profilo.
Il gesto simbolico: volantini in platea, “musica = arte”
Una delle immagini che ha segnato l’inizio della protesta è quella del 27 settembre: al termine della “Tragica” (Sinfonia n. 6 di Mahler) diretta da Giuseppe Mengoli, gli orchestrali hanno distribuito decine di volantini ai palchi e invitato il pubblico a farli “volare” durante gli applausi finali, con lo slogan «La musica è arte, non intrattenimento». Un gesto simbolico ma incisivo, pensato per amplificare l’adesione emotiva del pubblico alla rivendicazione delle maestranze.
Il pubblico, già coinvolto emotivamente nel gesto, ha raccolto commenti di solidarietà verso gli orchestrali. Anche abbonati storici del Teatro hanno annunciato disdette in segno di protesta, evidenziando che il conflitto interno cominciava a investire la relazione tra teatro e utenza.
Lo sciopero del 17 ottobre: cancellata la “prima”
Il passo successivo è lo sciopero annunciato per venerdì 17 ottobre, coincidente con la Prima di Wozzeck. La data non è casuale: gli organizzatori intendono dare un segnale forte nel momento più visibile della stagione, quando la platea è piena, la stampa attenta e l’attenzione alta.
Le RSU e i sindacati del teatro hanno chiarito che lo sciopero non è un attacco alla persona, bensì un’istanza di salvaguardia della professionalità del teatro. Chiedono la revoca della nomina preventiva, prima di iniziare qualsiasi percorso di dialogo. La direzione e il sovrintendente rispondono che lo sciopero danneggia il pubblico, e che il “muro contro muro” non serve. Il sindaco Brugnaro ha definito il diritto di sciopero “legittimo, ma non nello stesso giorno della Prima”.
Se lo sciopero dovesse essere confermato, la Prima – da sempre appuntamento celebrativo per Venezia lirica — rischierebbe di saltare o subire forti interruzioni. Quella della Fenice non è una casa qualsiasi: ogni cancellazione assume un peso simbolico nazionale.
Le precedenti tensioni della Fenice
Questa non è la prima volta che il Teatro La Fenice si trova al centro di conflitti sindacali che impediscono spettacoli. Nel novembre del 2024, la casa lirica veneziana cancellò la serata d’apertura (l’Otello) per uno sciopero che coinvolse l’80 % del personale, in protesta per il mancato aumento di organico promesso. È stato il primo annullamento dell’apertura in oltre trent’anni. La direzione dovette restituire oltre 200.000 euro agli spettatori danneggiati.
All’epoca, le ragioni della protesta erano legate all’esigenza di maggiori risorse umane post-Covid, ma il tema sottostante era simile: il contrasto tra gestione dall’alto e diritti del personale. Quella vicenda è rimasta come un precedente inquietante, che oggi ritorna nei discorsi delle maestranze: chi governa il teatro è responsabile non solo della programmazione, ma di un delicato patto di fiducia con chi lavora quotidianamente.
Il “caso Venezi” nel contesto del teatro italiano
Il conflitto attorno a Venezia è parte di una fragilità più ampia nel sistema lirico-musicale italiano, dove i rapporti tra sovrintendenti, direttori artistici, orchestre e sindacati sono cronici punti di tensione. In molti teatri, la figura del direttore musicale è centrale non solo per la qualità artistica, ma per la governance culturale, le relazioni con sponsor, fondazioni e pubblico.
Spesso, nomine dall’alto senza adeguate mediazioni con le maestranze portano a conflitti latenti che esplodono in momenti di rottura. In questo senso, la scelta di Venezi appare paradigmatica: giovane, figura con un forte profilo mediatico e legami con ambienti culturali “istituzionali”, viene percepita come una rottura rispetto alla tradizione del teatro lirico veneziano, che è sempre stata attenta alla costruzione di consenso interno e continuità artistica.
In passato, anche direttori affermati – uomini di grande fama – hanno dovuto affrontare resistenze iniziali. Il punto nodale, tuttavia, è che spesso esisteva una soglia minima di consenso, riconoscibilità internazionale o fiducia dell’orchestra, che ora molti sostengono manchi nel caso Venezi.
Teatro in bilico fra arte, potere e fiducia
La vicenda Beatrice Venezi–La Fenice non è solo uno scandalo interno che riguarda un teatro: è un segnale dei tempi, un nodo sul rapporto tra gestione culturale, professionalità e scena politica in Italia. Il teatro non è solo palcoscenico, ma comunità fatta di chi ci lavora, di chi lo frequenta, di chi lo sostiene. Una nomina che ignora quel tessuto rischia di sgretolarlo.
La Prima del 17 ottobre diventa una data simbolica di rischio: se saltasse, non sarebbe solo lo spettacolo a fermarsi, ma la legittimità culturale del teatro stesso. Se si terrà, dovrà essere il momento della grande mediazione, in cui Venezi non potrà più essere solo figura annunciata, ma scelta riconosciuta, inserita in un progetto condiviso.
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