9:50 am, 9 Ottobre 25 calendario

L’appuntamento regionale in Toscana

Di: Redazione Metrotoday
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Eccoci all’appuntamento che – almeno secondo le rilevazioni più recenti – appare sempre meno incerto: le elezioni regionali in Toscana del 2025. A poche settimane dal voto, i sondaggi più accreditati fotografano un vantaggio netto per il centrosinistra guidato da Eugenio Giani, ma il teatro politico rimane vivo, con variabili da presidiare e contraccolpi possibili fino alla chiusura delle urne.

Il quadro generale: data, regole e candidati

Le elezioni si terranno domenica 12 ottobre (ore 7–23) e lunedì 13 ottobre (ore 7–15). A essere rinnovati saranno il Consiglio regionale e la carica di Presidente della Regione. Per vincere al primo turno, un candidato deve ottenere almeno il 40 % + 1 dei voti: in caso contrario, si andrà a un ballottaggio tra i due primi. Il sistema elettorale regionale toscano prevede la ripartizione proporzionale dei seggi nelle circoscrizioni provinciali (metodo D’Hondt) e consente il voto di preferenza (fino a due, purché di genere differente) dentro la stessa lista.

L’attuale capostazione della Regione, Eugenio Giani, è in corsa per il “bis”, sostenuto da un’alleanza che unisce Partito Democratico, Alleanza Verdi – Sinistra, una lista “Casa Riformista / Giani Presidente” e il Movimento 5 Stelle. Il candidato del centrodestra è Alessandro Tomasi, sindaco di Pistoia e coordinatore toscano di Fratelli d’Italia, appoggiato da FdI, Forza Italia, Lega, “È ora – lista civica per Tomasi presidente” e “Noi Moderati”. In campo anche Antonella Bundu, con la lista “Toscana Rossa”, che riunisce visioni della sinistra radicale, Potere al Popolo e Rifondazione Comunista.

La sfida non è soltanto tra Giani e Tomasi: l’alleanza che sostiene il primo sembra raccogliere voti anche in misura autonoma, mentre Bundu, pur distanziata nei sondaggi, può giocare spoiler su segmenti del voto di sinistra. L’affluenza è attesa in calo rispetto al 2020, e quella variabile voterà al fondo delle analisi politiche nelle settimane finali.

Il vantaggio consolidato

Una delle rilevazioni più citate è quella di EMG Different, commissionata da Toscana TV e condotta tra il 15 e il 19 settembre su 1.000 intervistati: Giani è stimato al 57,5 %, Tomasi al 40,5 %, e Bundu al 2 %.

Nei dettagli delle liste che sostengono Giani: PD 35 %, Alleanza Verdi – Sinistra 8 %, Casa Riformista 8 %, M5S 6,5 %. Nel campo di Tomasi: FdI 23 %, Forza Italia 9,5 %, Lega 4,5 %, È ora 2 %, Noi Moderati 1,5 %.

Un altro sondaggio recente, quello di Noto per QN – La Nazione, conferma valori molto simili: Giani al 58 %, Tomasi al 40,5 %, Bundu all’1,5 %. In quel caso, il PD si attesterebbe al 36 %, FdI al 19 %, mentre Casa Riformista resterebbe all’8 %.

Anche sondaggi precedenti, a un mese dal voto, davano Giani al 57 % e Tomasi al 39 %. Nel complesso, non si tratta nel panorama attuale di una “corsa aperta”, quanto di una campagna elettorale da consolidamento per il centrosinistra e di contenimento per il centrodestra.

Un ulteriore elemento è il sondaggio SWG, l’ultimo disponibile prima del divieto di diffusione: attribuirebbe a Giani una forbice di consenso tra 51 e 55 %, stimando intorno al 53 % il risultato finale. Anche qui Tomasi rimane nettamente dietro.

Discrepanze e “rumori” nei sondaggi

Non mancano rilevazioni che segnalano distorsioni o divergenze non trascurabili. Un sondaggio Lab21 per Affari Italiani, molto vicino alla data del voto, mostra dati piuttosto differenti rispetto alla media correntemente citata: FdI al 30,1 %, PD al 20,1 %, 5 Stelle al 12,4 %, Lega all’8,9 %, Forza Italia all’8,7 %. Tali numeri sembrano suggerire una situazione più fluida, con margini più stretti e mobilità di voto.

La presenza di queste differenze non è sorprendente: istituti diversi, metodologie (CATI, CAWI, interviste faccia a faccia) e momenti di rilevazione possono generare “rumore”. Ma nel complesso le tendenze convergono su un dato chiaro: il vantaggio di Giani è solido, e difficilmente rimarrà appeso a margini fragili.

Il confronto con le elezioni 2020

Nel 2020, Giani aveva vinto con circa 48,6 % dei voti, contro il 40,5 % della sua avversaria (Susanna Ceccardi).

Cinque anni dopo, il quadro sembra cambiato: Giani non solo parte da una base maggiore, ma possiede una coalizione più ampia, che include il M5S e le forze della sinistra radicale. Il distacco stimato nei sondaggi attuali, che oscilla tra 15 e 20 punti, rappresenta un salto significativo rispetto alla partita più serrata del 2020.

In più, il dato sull’affluenza stimata per il 2025 è allarmante: alcune rilevazioni la collocano intorno al 56 %, addirittura sei punti sotto il dato del 2020. Questo calo potenziale ha il potere di modulare l’esito, soprattutto se la mobilitazione del centrodestra riuscisse a superare le aspettative.

Le coalizioni: conti, alleanze e scenari interni

La coalizione che sostiene Giani è particolarmente composita: PD, Alleanza Verdi – Sinistra, Casa Riformista – Giani Presidente, e il Movimento 5 Stelle. Questo “campo largo” spezza idealmente l’antico confine tra sinistra istituzionale e forze extra-parlamentari, mirando a chiamare alla mobilitazione elettori non tradizionali.

Ogni partner ha un ruolo: il PD resta la spina dorsale, i Verdi – Sinistra intercettano gli elettori più ambientalisti e progressisti, la lista Giani offre “spazio moderato”, e i 5 Stelle garantiscono un’ancora di radicamento popolare e di movimento.

Tuttavia, questa architettura comporta una fragilità interna: difficoltà nel mediare promesse, contenuto del programma e conflitti locali tra le varie anime. Alcuni commentatori notano che né la leader nazionale del PD né lo stesso M5S esprimono tutto il loro entusiasmo per Giani – non come candidato “di punta”, ma piuttosto come punto di equilibrio.

L’ultimo giorno di campagna elettorale ha mostrato la distanza simbolica: Conte (5 Stelle) avrebbe rinunciato al comizio finale a favore di Giani, pur restando parte integrante dell’alleanza. E Elly Schlein (segretaria del PD) manifesterebbe cautela nei toni verso il governatore uscente, sottolineando equilibri e prudenze interne.

Il centrodestra che punta la storica rottura

Alessandro Tomasi e il centrodestra puntano a una conquista storica: la Toscana non è mai stata guidata da una coalizione di destra fino ad oggi. L’obiettivo è ambizioso, tutt’altro che simbolico.

Tuttavia, le stime attuali suggeriscono una coalizione sotto soglia: il totale dei singoli partiti di centrodestra non riesce a colmare il gap che appare ormai strutturale. FdI domina all’interno, ma Forza Italia e la Lega faticano a emergere. La lista civica “È ora” e “Noi Moderati” offrono qualche contributo, ma restano piccoli fattori nella costruzione dell’asse.

Tomasi ha cercato di giocare su un mix di rottura e proposte locali (infrastrutture, sanità, decoro urbano) e di raccogliere consensi anche da quegli elettori di centro che possono sentirsi alieni rispetto alla politica più polarizzata. In alcune interviste, si è difeso dalle accuse di snobismo sociopolitico: «Se avessi guardato i sondaggi, non mi sarei candidato a sindaco di Pistoia» è una frase che ricorre nelle ultime settimane nei suoi comizi.

Bundu: il ruolo da “terza gamba” e possibile fattore discriminante

La presenza di Antonella Bundu è marginale nei numeri, ma può assumere rilievo strategico. Se la sua lista superasse eventualmente la soglia di sbarramento, potrebbe sottrarre voti al settore più a sinistra del “campo largo”. Le ultime rilevazioni, tuttavia, la danno al di sotto del 3 %, dunque fuori da un ruolo decisivo per mandare la conta finale a favore del centrodestra.

Ma Bundu può diventare utile come punto di riferimento per chi non si riconosce nelle dinamiche PD–M5S, e in casi di astensione stimolabile il proprio rimbalzo tattico. Se il dato sull’affluenza si confermasse basso, uno scenario “a sorpresa” non sarebbe da escludere.

Oltre ai sondaggi

L’affluenza: da variabile imponderabile 

Il calo stimato dell’affluenza è uno dei fattori più discussi: una partecipazione di elettori ridotta micidiale per le previsioni. Spesso un’affluenza più bassa beneficia partiti con elettori più mobilitati: per il centrodestra, un’efficace mobilitazione locale nei segmenti urbani può ridurre il margine che sembra al momento incolmabile.

Se gli elettori del centrosinistra non si presentassero in massa, il vantaggio nei sondaggi potrebbe sgonfiarsi. Per Giani, quindi, il rischio non è tanto di perdere, quanto di vedere premiata la propria coalizione con un margine più basso del previsto.

Dove si gioca la partita provincia per provincia

La Toscana non è un monolite elettorale: le province hanno differenti caratteristiche sociali, storiche e politiche. Zone storicamente rosse (Firenze, Pisa, Siena) costituiranno la riserva di voti base per Giani; territori più “misti” (Grosseto, Livorno, Massa-Carrara) rappresentano spazi aperti alla mobilità di voto.

Il centrodestra cercherà di punzonare i territori dove negli ultimi anni ha registrato performance comparativamente migliori, mentre i candidati locali e civici potranno incidere come fattori “trasversali”.

Effetto bandiera nazionale e “onda Meloni”

Le elezioni regionali del 2025 si inseriscono in un contesto nazionale in cui il centrodestra, trainato da Meloni e le sue fortune, può cercare sbocchi extra: nei sondaggi nazionali, Fratelli d’Italia è dato al 29–30 %, mentre PD, 5 Stelle, Verdi e Alleati si spartiscono le posizioni successive. Un buon risultato toscano per il centrodestra, anche se improbabile, potrebbe essere venduto come conferma dell’onda nazionale.

Una parte consistente dell’elettorato – segnalata da molti istituti – rimane in bilico fino all’ultimo momento. Quel segmento può oscillare verso il voto utile o il disimpegno. Le campagne finali – con proposte chiare, messaggi focalizzati e presenza territoriale – possono avere un impatto maggiore su questi elettori.

Studi accademici recenti mostrano come il “voto switching” sia influenzato in modo determinante dalle condizioni locali: disagi economici, radicamento sociale e fiducia nel sistema politico (anche europea), che a volte spingono verso l’astensionismo o l’anelito al cambiamento.

Da “Giani quasi blindato” a improbabili sorprese

Con i dati attuali, lo scenario più plausibile è una vittoria al primo turno per Giani con un margine tra il 53 e il 58 %, lasciando Tomasi a un livello compreso tra il 38 e il 42 %. In questo scenario, Bundu resta marginale (1–3 %), incapace di scalfire la maggioranza.

Un margine di 15–20 punti ricorda più un plebiscito che una corsa incerta.

Tuttavia, occorre avere prudenza: situazioni di mobilitazione estrema del centrodestra, un’astensione inattesa o una sorpresa nelle ultime rilevazioni potrebbero comprimere la forbice. In un’ipotesi estrema, se nessuno raggiungesse il 40 %, ci sarebbe il ballottaggio; ma i sondaggi più accreditati non sembrano contemplare questa eventualità.

Un’ipotesi che alcuni analisti considerano è quella del “risultato rituale”: una vittoria ampia di Giani ma con scarsa soddisfazione interna, che spinga rimescolamenti nel campo del centrosinistra e suggerisca correttivi strategici e politici.

Le intenzioni di voto per partiti (stime)

PD: 35 %

FdI: 23 %

Forza Italia: 9,5 %

Alleanza Verdi – Sinistra (AVS): 8 %

Casa Riformista / Lista Giani: 8 %

Movimento 5 Stelle: 6,5 %

Lega: 4,5 %

Altri partiti / liste minori: 1–3 % ciascuno

Ripartizione stimata delle coalizioni

Coalizione centro-sinistra (PD + AVS + Casa Riformista + M5S): ~57,5 %

Coalizione centro-destra (FdI + FI + Lega + È ora + Noi Moderati): ~40,5 %

Altri / sinistre radicali (Toscana Rossa / Bundu): ~2 %

In termini visivi, la “torta” mostrerebbe una fetta larga per il centrosinistra, una fetta significativa per il centrodestra e una piccola quota residuale per la terza forza.

Verso il voto in Toscana

La macchina elettorale toscana si avvia verso un esito che i sondaggi da settimane disegnano con chiarezza: Eugenio Giani è in testa in modo consistente e rischia di ottenere una vittoria in solitaria senza dover passare dal ballottaggio. Il distacco stimato rispetto a Alessandro Tomasi è tale da rendere difficile una rimonta anche con mobilitazione estrema.

Il centrodestra, pur con il desiderio di rompere un’egemonia storica, sembra affacciarsi sul voto come outsider, desideroso di segni di vita anche in caso di sconfitta netta.

Il Movimento 5 Stelle, entrato nella coalizione del centrosinistra, gioca una partita di garantismo elettorale: la loro capacità di assicurare mobilitazione e fedeltà al voto può fare la differenza, anche in una cornice già scontata.

Resta, però, viva l’incognita dell’affluenza, quella altalena che può gonfiare o svuotare un vantaggio. Se il dato stimato del 56 % fosse confermato – o persino superato al ribasso – potrebbero emergere sorprese, seppur contenute, soprattutto in territori marginali o dove il voto è storicamente volatile.

Il 12 e 13 ottobre non saranno solo un voto regionale: saranno la prova nazionale di un “campo largo” che, se confermato da una vittoria netta, potrà servire da modello per le sfide future. E se i sondaggi non tradiranno, Giani approderà al secondo mandato con un margine che non lascerà spazio agli equivoci.

9 Ottobre 2025 ( modificato il 10 Ottobre 2025 | 0:06 )
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