1:23 pm, 8 Ottobre 25 calendario

Flotte della Libertà sotto attacco: il nuovo capitolo nella lotta per Gaza

Di: Redazione Metrotoday
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Nelle prime ore del mattino dell’8 ottobre 2025, una nuova ondata di tensione si è sprigionata nel Mediterraneo orientale: la Freedom Flotilla Coalition (FFC) – l’alleanza internazionale che organizza missioni navali per rompere il blocco marittimo imposto da Israele sulla Striscia di Gaza – annuncia che le sue navi sono state intercettate e attaccate in acque internazionali dallo Stato ebraico. Secondo i promotori della missione, sarebbero coinvolte almeno tre imbarcazioni: Gaza Sunbirds, Alaa Al-Nayjar, Anas Al-Sharif, oltre all’imbarcazione mediana Conscience, che trasportava 93 giornalisti, medici e attivisti con aiuti essenziali verso l’enclave palestinese.

Israele ha confermato di aver intercettato le barche dirette verso Gaza e ha dichiarato che i passeggeri saranno trasferiti a un porto israeliano e successivamente deportati. Le autorità israeliane affermano che la missione rappresentava una violazione del blocco navale, legalmente autorizzato secondo la loro versione, e che non erano presenti elementi ostili a bordo.

Ma il conflitto delle narrazioni è solo l’inizio: dietro gli avvenimenti attuali si staglia un lungo corso di tensioni, missioni interrotte, accuse reciproche e dibattiti circa la legalità internazionale del blocco imposto a Gaza.

Il blocco marittimo su Gaza: contesto e dispute legali

Il blocco navale su Gaza è in vigore dal 2007, e Israele lo considera un elemento essenziale della sua strategia di controllo e sicurezza. Secondo la versione ufficiale, impedire l’ingresso via mare è legittimo per evitare l’arrivo di armamenti clandestini a gruppi come Hamas. Tuttavia, la comunità internazionali e numerose ONG hanno ripetutamente contestato la legalità di tale blocco, soprattutto quando esso colpisce la popolazione civile e limita l’accesso alle forniture essenziali.

Nel 2010, la prima “Flotilla della Libertà” (Gaza Freedom Flotilla) attirò l’attenzione mondiale: sei imbarcazioni organizzate per portare aiuti a Gaza furono assaltate da forze israeliane in acque internazionali, l’episodio culminò con 9 attivisti morti e decine feriti. Le immagini drammatiche fecero il giro del mondo, provocando proteste e tensioni diplomatiche, in particolare tra Israele e Turchia.

L’episodio diede avvio a inchieste internazionali, come il rapporto Palmer (2011), che concluse che l’uso della forza era eccessivo e che Israele aveva violato diritti umani durante le operazioni di sequestro dei passeggeri. Tuttavia il rapporto non dirimeva la legittimità del blocco stesso.

Da allora, ogni nuova missione marittima verso Gaza finisce quasi invariabilmente con una nuova controversia. Le organizzazioni umanitarie, da un lato, vogliono rompere il blocco e offrire visibilità alle condizioni di sofferenza nell’enclave; Israele, dall’altro, sostiene di agire nella propria legittima difesa, denunciando i tentativi di sfondamento del confine navale.

Le missioni 2025: da Conscience a Handala, fino alla Global Sumud Flotilla

L’attacco dell’8 ottobre non è un evento isolato: si inserisce in una serie di missioni navali che, nel 2025, hanno visto varie navi tentare di sfidare il blocco israeliano.

L’attacco al Conscience (maggio 2025)

Il 2 maggio scorso, il vascello Conscience, ormeggiato al largo di Malta mentre si preparava a salpare verso Gaza, subì due attacchi con droni. L’avaria colpì la prua e provocò un incendio e una falla nello scafo. L’FFC riferì che l’imbarcazione era disarmata e che l’attacco era avvenuto in acque internazionali. La responsabilità venne indirettamente attribuita a Israele, anche se lo Stato ebraico non rilasciò conferme ufficiali.

L’episodio sollevò forti proteste diplomatiche e nuove accuse di violazione del diritto marittimo. Israele era accusata di un’aggressione ingiustificata in mare aperto, oltre il limite delle sue giurisdizioni.

La missione Madleen e l’intercettazione in mare (giugno 2025)

In risposta all’incidente del Conscience, la coalizione organizzò una nuova missione con il brigantino Madleen, salpato da Catania a giugno con a bordo 12 attivisti provenienti da diversi paesi, oltre ad aiuti simbolici e materiali. Tra i passeggeri spiccava il nome di Greta Thunberg, attivista nota per la sua presenza in campagne climatiche.

La Madleen venne intercettata dalle forze israeliane nelle acque internazionali a circa 185 km da Gaza, e il carico venne sequestrato. Gli attivisti furono arrestati e trasferiti al porto di Ashdod. Il governo israeliano definì il gruppo “antisemita” e accuse contro Hamas furono proiettate durante il fermo.

L’operazione suscitò polemiche in ambito internazionale, con governi e ONG che chiedevano chiarimenti su violazioni del diritto internazionale.

La flotta Handala (luglio 2025)

A luglio, fu la volta del peschereccio Handala, partito da Siracusa in direzione Gaza. A bordo c’erano figure di rilievo, tra cui deputate francesi, giornalisti, operatori sanitari e attivisti. Il suo obiettivo era non solo consegnare aiuti, ma inviare un segnale politico concreto contro il blocco.

Tuttavia, anche questa missione subì un destino analogo: Handala venne intercettato in mare aperto e i suoi passeggeri arrestati, mentre il carico venne confiscato. Le autorità israeliane affermarono che l’intercettazione era legittima e che le navi stavano violando il blocco marittimo.

Le dinamiche della Global Sumud Flotilla (2025)

La missione del 2025 più ambiziosa è la Global Sumud Flotilla (GSF), concepita come la più grande operazione civile mai realizzata per rompere il blocco su Gaza. La denominazione – sumud in arabo significa “resistenza” o “tenacia” – richiama l’impegno costante di solidarietà.

La flotta è stata lanciata tra agosto e settembre con centinaia di attivisti e decine di imbarcazioni, provenienti da più di 40 paesi. Le partenze hanno avuto luogo da porti di Italia, Grecia, Spagna, Tunisia, e altre nazioni del Mediterraneo.

Sin dalle prime fasi, alcune imbarcazioni sono state intercettate e i loro equipaggi arrestati. A inizio ottobre 2025, tutte le navi rimanenti della flotta furono bloccate e i partecipanti detenuti. Le organizzazioni affermano che Israele avrebbe usato droni, navi da guerra e interferenze elettroniche per interrompere le comunicazioni e impedire la navigazione.

L’operazione ha attirato l’attenzione globale non solo per dimensioni e ambizione, ma anche per i nomi coinvolti: attivisti, medici, operatori del diritto, giornalisti, e figure molto visibili nel panorama internazionale.

L’episodio dell’8 ottobre: le accuse incrociate

Secondo la FFC, alle 04:34 locali le imbarcazioni Gaza Sunbirds, Alaa Al-Nayjar, Anas Al-Sharif furono attaccate e intercettate a circa 120 miglia nautiche (circa 220 km) dalla Striscia di Gaza. Il gruppo ha parlato di un “atto illegale” che viola il diritto marittimo internazionale e le sentenze dell’ICJ (Corte internazionale di giustizia) che impongono l’accesso umanitario alla popolazione di Gaza.

Tra le navi coinvolte, si segnala anche il Conscience, già al centro dell’aggressione con droni a maggio, che in questa occasione risulta sotto attacco. I promotori sostengono che il convoglio trasportasse più di 110.000 dollari in medicinali, apparecchi respiratori e alimenti destinati agli ospedali di Gaza

L’IDF (Israeli Defense Forces) ha sostenuto che le operazioni sono state condotte rispettando le procedure e che le persone a bordo sono al sicuro e in procinto di essere deportate. Israele ha parlato del blocco marittimo come misura legittima, respingendo le accuse di violazioni.

I media israeliani riportano poi che le navi sono state “dirottate” verso un porto israeliano dove i partecipanti verranno trattenuti temporaneamente.

Le testimonianze dei volontari

In queste poche ore, emergono frammenti di storie da parte di attivisti e volontari che erano a bordo delle imbarcazioni. Un caso esplicito è quello del manolago spagnolo Manuel García, 77 anni, arrestato durante la missione: racconta di essere stato sorpreso da una notte tempestosa, sotto sorveglianza di droni e operazioni militari. Dopo l’abbordaggio, dice di aver passato ore fermi sul ponte, per poi essere trasferito con altre decine di persone in celle degradanti nel Negev, con scarso accesso ad acqua corrente e condizioni igieniche precarie. Pur provato nell’esperienza, dichiara che “si doveva fare qualcosa, non potevamo rimanere a guardare”

Anche una missionaria italiana figura nel racconto europeo: Reyes Rigo, attivista di Maiorca, rimane detenuta in Israele senza che siano stati formalizzati capi d’imputazione. Le autorità israeliane le attribuiscono di aver morso un’agente durante l’arresto, accusa che i compagni respingono, denunciando violenza fisica e trattamenti degradanti.

Tra i nomi celebri coinvolti c’è Greta Thunberg: la giovane attivista svedese ha denunciato abusi durante la detenzione, inclusi mancanza d’acqua pulita e negazione di farmaci essenziali. Tuttavia, ha scelto di non soffermarsi sui dettagli personali, preferendo concentrare l’attenzione sul destino di Gaza. Israele respinge le accuse, sostenendo che i detenuti abbiano ricevuto tutti i diritti.

Altri testimoni riferiscono torture, umiliazioni, uso di cani da guardia, minacce con armi e condizioni degradanti nei carceri israeliani, in particolare nella prigione di Ketziot. Le autorità negano qualsiasi abuso, definendo le accuse “bugie sfacciate”.

Intanto, Israele ha già proceduto alla deportazione di almeno 131 attivisti verso la Giordania, attraverso il valico di Allenby.

Le reazioni diplomatiche non si sono fatte attendere: il Sudafrica ha chiamato al rilascio immediato dei detenuti, compreso Nkosi Mandela, nipote di Nelson Mandela, presente nella missione. Il presidente Cyril Ramaphosa ha definito l’azione israeliana una grave violazione del diritto internazionale e della dignità umana.

Tra azione umanitaria e logica strategica

Le organizzazioni promotrici delle flotillas affermano che le missioni sono non violente, pacifiche, portano aiuti simbolici ma soprattutto visibilità internazionale. L’obiettivo è denunciare la grave crisi umanitaria a Gaza, dove ospedali, infrastrutture essenziali e approvvigionamenti minimi sono sotto pressione. L’arrivo di medici, giornalisti e operatori del diritto serve a dare voce a una popolazione assediata.

Per Israele, invece, le missioni sono una provocazione: i convogli vengono dipinti come operazioni che sostengono Hamas o che cercano di incrinare la sovranità marittima israeliana. Le autorità affermano che il blocco è legalmente autorizzato per ragioni di sicurezza, e che le flotillas minano la stabilità regionale.

Diritto internazionale e acque internazionali

Il punto di frizione cruciale è il vincolo tra blocco legittimo e abuso di giurisdizione. Le organizzazioni contestano che l’intercettazione di navi in acque internazionali da parte di uno Stato terzo rappresenti una violazione del diritto marittimo. Le missioni citano decisioni dell’ICJ che impongono un accesso umanitario in condizioni di crisi. Israele, d’altro canto, ritiene che il blocco rientri nella sua legittima autorità militare.

In più, i promotori denunciano che Israele usa interferenze elettriche, droni, blocchi delle comunicazioni e disattivazione di segnali per ostacolare le missioni, aggravando il livello conflittuale.

Sovraesposizione mediatica come tattica

Una caratteristica peculiare delle flotillas è la forte componente simbolica e mediatica: attivisti famosi (come Greta Thunberg), personalità pubbliche, giornalisti internazionali e figure politiche salgono a bordo per attirare l’attenzione sul dramma di Gaza. In molteplici missioni, il carico di aiuti è esiguo rispetto alle necessità, ma l’impatto mediatico è enorme. Ogni blocco marina, ogni arresto o attacco diventa notizia virale.

Questo approccio ha la capacità di mobilitare opinione pubblica, attivare proteste nei paesi d’origine dei volontari e mettere sotto pressione governi e istituzioni internazionali.

Mare aperto, conflitto asimmetrico

L’episodio dell’8 ottobre appare come un capitolo più nel lungo scontro che si sta consumando tra la logica del blocco e la strategia civile della disobbedienza marittima. Le flotillas non sono missioni militari, ma provocazioni simboliche: navigare in acque internazionali, caricare testimoni, entrare nella zona sbarrata. Ogni intercettazione è un atto politico, ogni arresto è documentazione, ogni testimonianza è deterrente.

Per Gaza, il mare aperto è uno strumento e un teatro di visibilità. Per Israele, è un confine da difendere. In mezzo, le vite delle persone intrappolate in un assedio severissimo.

8 Ottobre 2025 ( modificato il 9 Ottobre 2025 | 10:37 )
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