8:54 am, 7 Ottobre 25 calendario

Sotto il silenzio della terra: la vicenda dei neonati sepolti a Traversetolo

Di: Redazione Metrotoday
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Una storia che scuote il silenzio delle case, dei quartieri periferici, del crinale segreto tra vergogna e mistero: quella di Chiara Petrolini, giovane babysitter 22enne (all’epoca dei fatti, 21enne) di Traversetolo, accusata di aver dato alla luce due bambini, uccisi e sepolti nel giardino di casa, senza che nessuno — a quanto si apprende — sospettasse nulla.

È un processo che ha acceso interrogativi profondi sul confine tra il segreto individuale e l’obbligo sociale di protezione. È un caso dove l’iniquità del dolore si intreccia con il peso delle omissioni e con la fatica di una verità che, una volta emersa, non può più essere nascosta.

Il 9 agosto 2024 — nel periodo in cui la famiglia Petrolini si trovava all’estero — la nonna scopre che dei cani stavano dissotterrando qualcosa nel giardino della villetta di Vignale, frazione di Traversetolo. I Carabinieri intervengono insieme al 118: lì viene trovato un primo corpicino di neonato. I primi esami indicano che si tratterebbe di un bambino sepolto da poco, con segni che portano a ritenere che fosse nato vivo o comunque “formato”. Un dettaglio che scuote l’intera indagine.

Le indagini successive portano alla scoperta di un secondo corpo, sepolto in una zona poco lontana, sempre nel giardino di casa Petrolini — come se nel tempo, passo dopo passo, fosse stato scavato un buco nel silenzio. Quel secondo ritrovamento arriva dopo che emergono elementi circostanziati che indicano una gravidanza precedente ignorata.

Di fronte all’accusa, la ragazza sostiene che i piccoli fossero nati morti. In alcune versioni dell’interrogatorio, afferma di averli avvolti in una salvietta, di aver scavato una buca con le sue mani, di averli occultati nel terreno. Ma la perizia neonatologica e medica apre un ragionamento inquietante: almeno il secondo — e forse anche il primo — potrebbe essere nato vivo, e quindi l’ipotesi del duplice omicidio, e non più solo dell’occultamento, si impone all’attenzione dei magistrati.

Parallelamente, emerge che nei mesi successivi al ritrovamento, l’ex fidanzato Samuel Granelli, padre biologico dei neonati, registra presso l’anagrafe i nomi scelti per i figli: Angelo Federico e Domenico Matteo. Firma contemporaneamente l’atto di nascita e l’atto di morte, un gesto simbolico che assurge al tentativo — pur tardivo — di dare dignità ai bambini che, per un tempo, furono privi persino di nome nel silenzio sotterraneo.

Inoltre la Cassazione, nel corso dei passaggi cautelari, ha confermato i domiciliari per la ragazza, valutando che si tratta di reati “irripetibili”, e dunque che non sussisterebbe il pericolo di reiterazione previsto per la custodia cautelare in carcere.

Il processo: udienze, testimonianze, luci e ombre

Il caso è arrivato in Corte d’Assise a Parma. La difesa della giovane ha chiesto l’acquisizione degli interrogatori resi in fase di indagine dai genitori della ragazza e dell’ex fidanzato, e le deposizioni ufficiali dei familiari in aula sono state evitate, con acquisizione degli atti giudiziari invece della presenza fisica.

Già alla seconda udienza, quando venne mostrata l’immagine di uno dei neonati sepolti — foto scattata dal 118 — Chiara chiese di uscire, non riuscendo a sostenere la visione della scena che lei stessa avrebbe contribuito a disegnare con le sue mani. Un momento che l’aula non poté ignorare.

Durante una deposizione molto toccante, il maresciallo Carlo Salvatore Perri — primo intervenuto sul luogo del ritrovamento — ha confessato di aver «difficoltà» a proseguire il racconto, definendo quel piccolo corpo non come un “feto” ma come un “bambino formato”, suscitando palpabile commozione in aula.

Nell’udienza più recente, l’ex fidanzato Samuel Granelli è stato chiamato a deporre. Le sue parole rimbombano: «Mai ho sospettato che fosse incinta, neanche quando era nuda». Racconta che nel 2022 avevano interrotto la relazione, che si erano riallacciati nel 2023, che usava raramente contraccettivi — ma che in quei momenti condivisi non era mai venuto il dubbio. Quando venne a sapere del primo ritrovamento, «crollò».

L’accusa, nel corso del processo, ha anche chiamato a deporre la psicoterapeuta del RACIS, la colonnello Anna Bonifazi, che ha parlato di “omicidi ad escalation asimmetrica”, ossia la progressione di un motore interno che si alimenta e spinge l’autore a reiterare l’azione fino al suo compimento, per poi tentare il camuffamento dell’impunità. Nel suo ragionamento, la seconda gravidanza appare “cercata”, quasi una reiterazione consapevole del delitto, non più un gesto isolato.

Durante quella stessa udienza, la psicologa ha esposto come l’azione della ragazza non abbia margini di ritorno: la volontà di cancellare i corpi, l’occultamento, la costanza nella segretezza, manifestano un disegno cruento. Ha inoltre suggerito che i due eventi — l’uccisione e la sepoltura dei neonati — non siano disgiunti, bensì parte di un arco che va compreso nella concatenazione psicologica del soggetto.

I genitori di Chiara Petrolini non hanno deposto in aula, affidando la loro versione ai verbali acquisiti in fase di indagine; lo stesso percorso è stato adottato per i genitori di Samuel. La difesa ha ottenuto che tali atti vengano acquisiti dal tribunale.

Le versioni della difesa

La linea difensiva della ragazza ha più volti. In primo luogo, sostiene che entrambi i neonati siano nati morti, e che non vi sia stata alcuna azione volontaria da parte sua per ucciderli. In un interrogatorio, ha detto di averli avvolti in una salvietta e di aver pianificato la sepoltura con mano tremante, in un momento di angoscia, non di lucida efferatezza.

Contro questa versione, la relazione di neonatologia forense ha sollevato dubbi seri: la vita — almeno del secondo — non può essere esclusa, e persino del primo si tratta di non ignorare elementi che lasciano aperta l’ipotesi della nascita con segni vitali. In altre parole, non più un “nato morto” come alibi assoluto, ma la necessità di un esame rigoroso per stabilire se ci siano prove cliniche della sopravvivenza.

Inoltre, la difesa ha ottenuto la concessione di una perizia psichiatrica, per valutare se la ragazza presenti disturbi emotivi, impulsi patologici o condizioni tali da mitigare la responsabilità. Questa richiesta, che in altri casi è stata respinta, è stata accolta dal tribunale.

C’è poi il profilo della “mistificazione”: alcuni elementi portano a pensare che la ragazza abbia potuto costruire una serie di bugie difensive, un percorso di simulazione che rende la ricostruzione dei fatti particolarmente ardua. La Cassazione, in passato, ha parlato di una «elevata capacità mistificatoria» della ragazza, che richiede un’attenzione particolare da parte del giudice.

Il segreto del ventre

Che una gravidanza arrivi completamente dissimulata fino al momento del parto è fenomeno raro, ma in letteratura criminologica non è sconosciuto. Tuttavia, che avvenga due volte senza che nessuno — amici, conoscenti, medici — sospetti nulla, sposta il problema verso la rete dei silenzi, dell’isolamento, della complicità involontaria della società.

Il ruolo dell’ex fidanzato

Le parole di Samuel Granelli — colui che avrebbe potuto essere il primo testimone di un corpo che cresceva dentro — pesano come pietre in aula: «Non ho mai notato nulla, nemmeno quando era svestita». È una testimonianza drammatica, perché cede al contempo la fragilità di chi teme di aver colpe involontarie e la distanza rispetto al dramma che si consuma in segreto.

La “scelta” dell’occultamento

Che Chiara abbia deciso di sotterrare i corpi, piuttosto che denunciarne la nascita, dice qualcosa di più profondo sul senso di disperazione, vergogna, paura e controllo che ha dominato quei momenti finali. Il passaggio tra l’atto del parto e la decisione dell’occultamento è l’istante in cui la vita si plasma nell’ombra, dove la verità viene negata perché non può essere sopportata.

Quando nasce un bambino, anche nascosto, il diritto esiste. Il diritto alla vita, al riconoscimento, alla memoria. Che nessuno — medico, amico, familiare — abbia colto segnali significa che il buio può nutrirsi della complicità del silenzio: un segreto rimasto intatto finché non è esploso.

Nel panorama della cronaca nera italiana, casi relativi a nascite nascoste, neonati nascosti, infanticidio o occultamento emergono periodicamente: storie segnate da vergogna, delusione e incapacità di come affrontare l’inaspettato. In molti casi, come per Giulia De Maio a Napoli o la vicenda di Desirée Piovan nel Veneto anni fa, la madre ha cercato di celare la gravidanza, gestire il parto da sola, poi nascondere il corpo del neonato al termine di un gesto disperato.

Nel contesto internazionale, la storia di Lina Medina — bambina-perse che partorì all’età di 5 anni — ricorda quanto il mistero biologico e sociale possa superare l’immaginazione umana.

E nel crinale della cultura, il tema del “né nato né morte” collega anche fenomeni di infanticidio biologico e la traccia sociale della punizione nascosta: quando il corpo ritorna al suolo, la verità tende a essere sommersa con lui.

7 Ottobre 2025 ( modificato il 6 Ottobre 2025 | 23:04 )
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