1:47 pm, 7 Ottobre 25 calendario

Missili Tomahawk, Zaporizhzhia e il rischio nucleare

Di: Redazione Metrotoday
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Con una dichiarazione carica di implicazioni strategiche e retoriche, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato di aver «sostanzialmente preso una decisione» sull’invio di missili Tomahawk all’Ucraina, ma con una condizione: prima vuole sapere come Kiev intenda usarli. L’annuncio — riportato da agenzie internazionali — ha scatenato reazioni immediate da Mosca, timori in Europa e speculazioni sulle prossime mosse dell’amministrazione USA.

Il nodo centrale non è soltanto militare: si intrecciano elementi politici, diplomatici, tecnici e simbolici, che parlano del livello di escalation accettabile, del controllo degli arsenali, delle garanzie sull’uso, e del confine tra lotta difensiva e conflitto che si spinge (o tenta di spingersi) «oltre». In mezzo, il fantasma della centrale nucleare di Zaporizhzhia — spesso bersaglio simbolico — si staglia come emblema del rischio che una guerra convenzionale sfoci in una dimensione più pericolosa.

Una decisione condizionata

Quando Trump ha parlato ai giornalisti alla Casa Bianca, ha detto: «Ho preso una decisione. Ma voglio capire cosa faranno con questi missili, dove verranno mandati. Devo porre questa domanda».

Queste parole segnano un punto di svolta rispetto all’atteggiamento più cauto finora mostrato da Washington: non una promessa immediata, ma una disponibilità vigilante.

LUcraina ha chiesto che i missili Tomahawk, a lungo raggio, vengano forniti tramite Paesi europei, ossia che non siano gli Stati Uniti a consegnarli direttamente, ma che essi transitino attraverso alleati (alcuni già stanno valutando acquisti similari). L’obiettivo è duplice: estendere il raggio d’azione ucraino su territori russi e colpire infrastrutture di comando, logistica, energia e difesa.

Ma la posta in gioco è alta: Putin ha subito avvertito che tale passo distruggerebbe i «tendenti progressi» nei rapporti Mosca–Washington e sarebbe un’escalation. Diversi analisti, citando fonti militari, sottolineano che gli Stati Uniti dispongono di armi Tomahawk limitate, molte già assegnate alla Marina americana, il che riduce la disponibilità per altri teatri. Inoltre, restano interrogativi circa l’infrastruttura tecnica: i Tomahawk sono progettati per il lancio da piattaforme navali e sommergibili, e l’Ucraina dovrebbe rendere operativi lanci terrestri in condizioni di guerra.

Così, le condizioni poste da Trump appaiono meno retoriche che sostanziali: conoscere le intenzioni d’uso significa avere qualche leva di vincolo su Kiev, per evitare scenari fuori controllo. Una sorta di “cláusula condizionale” in un’operazione militare che per sua natura tende a trascendere controlli politici — se non ben disegnati.

Tomahawk: caratteristiche, potenzialità e limiti

Il Tomahawk è un missile da crociera con raggio operativo variabile (da circa 1.600 fino a 2.500 chilometri, a seconda della versione), capacità di manovrare in volo, scendere sotto le coperture radar e di essere aggiornato in volo via collegamenti dati. Ciò lo rende uno strumento ideale per colpire obiettivi profondi, spesso ben protetti.

Per l’Ucraina, possedere Tomahawk significherebbe un salto qualitativo rispetto a sistemi come gli Storm Shadow (con raggio limitato) o ai droni attuali, che pur efficaci, hanno limiti di gittata, carico e resa. Con un Tomahawk, l’orizzonte offensivo si estenderebbe ben all’interno del suolo russo, potenzialmente fino a centri strategici, depositi, nodi logistici o basi avanzate.

Zaporizhzhia, il nucleare e il pericolo latente

Già da molto tempo, la centrale nucleare di Zaporizhzhia è diventata un simbolo del rischio su cui grava l’Ucraina: situata nella zona controllata dai russi fin dall’invasione, è teatro di bombardamenti, interruzioni di corrente, incendi e danni strutturali. Ogni lancio nei dintorni risveglia la paura di un incidente nucleare.

In passato, le autorità ucraine e internazionali hanno segnalato che i bombardamenti russi hanno danneggiato linee elettriche, sistemi di raffreddamento e infrastrutture collegate alla centrale, aumentando il rischio di blackout, malfunzionamenti e contaminazioni.

Ora, con l’ipotesi di droni o missili lanciati più profondamente in territorio russo, le tensioni si spostano: potrebbe emergere l’equilibrio instabile tra attacchi lontani e pericoli locali. Se la Russia rispondesse con attacchi sulle centrali, o inserisse la questione nucleare nella retorica del conflitto, il rischio di errori, reazioni incontrollate, escalation incontrollabile aumenterebbe notevolmente.

In questo contesto, la richiesta ucraina di missili Tomahawk acquista ulteriore dimensione simbolica: non solo strumento offensivo, ma leva psicologica, deterrente, simbolo della capacità di portare il conflitto oltre i confini occupati.

Reazioni internazionali

La risposta del Cremlino è stata netta e dura: Putin ha avvertito che l’eventuale fornitura di Tomahawk rappresenterebbe un «nuovo livello di escalation» e un colpo ai «progressi emergenti» nei rapporti con gli Stati Uniti. Ha addirittura suggerito che senza accordi d’uso, i missili richiesti non avrebbero senso e che il coinvolgimento degli USA potrebbe diventare diretto.

Dietro il discorso, c’è una strategia doppia: far percepire che Mosca non è disposta a tollerare armi a lungo raggio contro il suo territorio e tentare di spingere Washington a moderare il suo supporto. Il Cremlino sembra puntare anche sulla pressione diplomatica sugli alleati europei, affinché si opponessero a un armamento “inevitabilmente pericoloso”.

L’Ucraina ha accolto con cautela le parole di Trump: da un lato, la disponibilità a considerare i Tomahawk è vista come un riconoscimento dell’importanza strategica; dall’altro, la condizionalità d’uso è vista come un’ipoteca alla sovranità operativa. Kiev spera che il “chi, come, dove” imposti da Washington non limiti le proprie opzioni sul campo.

Nel contesto ucraino, la richiesta di Tomahawk si inserisce in una serie di richieste di sistemi ad alto raggio e capacità offensive di deterrenza. Zelensky e i suoi consiglieri puntano a equipaggiamenti che possano rendere costo elevato per Mosca ogni movimento offensivo, anche dentro il proprio territorio.

I Paesi europei si trovano nel mezzo di questa decisione: da un lato vorrebbero rafforzare Kiev con capacità più robuste; dall’altro temono di essere trascinati in una escalation che superi la logica dell’assistenza difensiva. Alcuni Stati sono disposti ad acquistare Tomahawk o armi analoghe per fornirle indirettamente; altri temono ripercussioni in termini diplomatici o militari.

Inoltre, l’Europa ha un interesse strategico: mantenere la coesione nell’assistenza all’Ucraina senza cadere in contraddizioni o dirompenze che mettano a rischio gli equilibri tra gli alleati del blocco occidentale.

Opportunità tattiche

Con Tomahawk, l’Ucraina potrebbe colpire depositi logistici russi lontani, nodi di comando, basi aeree o depositi di munizioni, costringendo Mosca a diluire i suoi asset difensivi.

Potrebbe aumentare il costo strategico per la Russia, che vedrebbe il proprio retroterra più vulnerabile, indebolendo il senso di “profondità sicura”.

A livello diplomatico, la mere minaccia percepita dei Tomahawk può diventare un fattore di pressione in trattative, costringendo Mosca a mediare con maggior urgenza.

Nuovi equilibri

La guerra in Ucraina, iniziata nel 2022 con l’invasione su vasta scala, è entrata in una fase di assestamento con momenti di intensità altalenanti. I fronti est e sud (Donetsk, Luhansk, Kherson) restano caldi, mentre l’Ucraina cerca di riconquistare territorio e contromisurare i bombardamenti russi sulle città civili e sulla rete energetica.

Negli ultimi mesi, sono emersi due fenomeni rilevanti:

  • Attacchi profondi con droni: l’Ucraina ha intensificato l’uso di droni suicidi e missili a lungo raggio autoprodotti per colpire obiettivi russi in profondità, inclusi impianti energetici, depositi, raffinerie. Questi attacchi, anche se più limitati rispetto alla potenza di un Tomahawk, sono diventati strumenti simbolici e operativi del conflitto.
  • Pressione sulla produzione nazionale: nel contesto delle forniture occidentali incerte, l’Ucraina cerca di potenziare la produzione interna di armi leggere, droni, sistemi guidati, per guadagnare autonomia strategica.
  • Le conseguenze collaterali includono la guerra degli attriti: danni infrastrutturali, crisi energetica, difficoltà negli approvvigionamenti per la popolazione civile e il tessuto industriale, e un’erosione progressiva della resilienza interna.
  • In questo contesto, il possibile arrivo dei Tomahawk appare come un tentativo ucraino ed occidentale di reimpostare i termini del conflitto da guerra difensiva a guerra con profondità.

Il limite del “decisivo”

Nel mentre si valutano armi e contromisure, la diplomazia rimane un terreno instabile ma necessario. Trump, da tempo, sostiene che porterà avanti colloqui con Putin per “porre fine al bagno di sangue”. Tuttavia, finora i dialoghi non hanno prodotto risultati concreti: la Russia non accetta condizioni che non siano svantaggiose e l’Ucraina non intende rinunciare a sue rivendicazioni territoriali fondamentali.

Se la fornitura di Tomahawk venisse percepita da Mosca come un “cambio di regime” nella guerra, la diplomazia rischierebbe di essere schiacciata in un logoramento militare.

Al di là delle trattative bilaterali, l’Europa e l’alleanza NATO devono gestire delicate sfide: sostenere l’Ucraina senza coinvolgerla in una spirale che trascenda l’obiettivo originario di difesa territoriale; preservare l’equilibrio con la Russia senza abdicare all’impegno morale verso Kiev; e proiettare una linea strategica che eviti “armi massime” fuori controllo.

In questo scenario, la concessione di mezzi avanzati come i Tomahawk diventa una leva politica oltre che militare: non solo come strumento bellico, ma come segnale — di credibilità, di rischio, di volontà di deterrenza — e come elemento negoziale.

Un bivio strategico

L’annuncio di Trump è più di una notizia: è un’indicazione che la guerra ucraina potrebbe entrare in una nuova fase strategica, di maggiore profondità e complessità. L’offerta di missili Tomahawk non è solo un discorso tecnico, ma un test di limiti, controlli, fiducia e volontà.

Se la condizionalità imposta sia effettiva e non mera retorica, l’intervento ucraino rimarrà sotto soglia. Se invece la barriera si supera, si entra in un terreno dove le risposte russe non saranno più solo locali, ma strategiche, e la guerra rischia di diventare un conflitto ancora più pericoloso.

In ogni caso, dietro la retorica degli “uso limitato” e degli “interessi americani”, si cela il nodo cruciale: chi controlla il potere offensivo in tempo di guerra. 

7 Ottobre 2025
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