8:01 am, 1 Ottobre 25 calendario

Il blackout federale statunitense entra in vigore

Di: Redazione Metrotoday
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È scattata ufficialmente poche ore dopo la mezzanotte locale (le 6 del mattino in Italia) la paralisi amministrativa del governo federale statunitense: lo shutdown è realtà. Il Congresso non ha approvato una misura transitoria per finanziare le attività federali, e l’amministrazione guidata da Donald Trump ha annunciato che “potrebbero esserci licenziamenti di massa”.

Le stanze del potere sono tornate a confrontarsi con l’ennesima crisi istituzionale, politica e sociale: un nodo che intreccia le ambizioni di riforma dell’amministrazione, le posizioni intransigenti del Partito Repubblicano e la resistenza dei Democratici su temi centrali come l’assistenza sanitaria.

Di seguito un quadro aggiornato e approfondito delle dinamiche in corso, delle reazioni e delle conseguenze immediate e potenziali.

Il fallimento delle trattative e la rottura finale

La crisi è nata, come accade spesso negli Stati Uniti, da un blocco delle leggi di spesa: il bilancio federale deve essere rinnovato ogni anno, su base di dodici atti di stanziamento (appropriations). Quando uno o più di questi atti non vengono approvati prima dell’inizio del nuovo anno fiscale (1° ottobre), si verifica una “lapse in appropriations” che costringe il governo a sospendere le attività non essenziali.

Nel corso delle ultime settimane, i repubblicani — che controllano la Camera e il Senato — avevano proposto un disegno di legge provvisorio per estendere i finanziamenti fino al 21 novembre mantenendo gli stanziamenti correnti. In parallelo, i Democratici volevano che l’estensione includesse anche provvedimenti per l’assistenza sanitaria (soprattutto i sussidi ACA, l’Affordable Care Act), il ripristino di tagli alle prestazioni sociali e il rilancio di politiche su Medicaid.

Il Senato ha respinto in modo definitivo le due versioni possibili: quella repubblicana e quella democratica. Il risultato è che il governo è entrato in blocco.

L’ elemento che ha scatenato ulteriori tensioni è stato un memo dell’Office of Management and Budget (OMB), il braccio finanziario dell’amministrazione, che ha chiesto a tutte le agenzie federali di preparare piani di “Reduction in Force” (RIF) — cioè licenziamenti permanenti — per i programmi che non fossero allineati alle priorità dell’amministrazione Trump. Questo va ben oltre l’ordinaria sospensione temporanea del personale

L’amministrazione ha reagito attribuendo la responsabilità dello shutdown ai Democratici, accusandoli di aver rifiutato ogni compromesso ragionevole. Il presidente ha ribadito che, se il governo rimarrà fermo per molto, sarà un’occasione per “ripulire” agenzie e attività reputate superflue.

Lo shutdown non paralizza tutto: le attività considerate essenziali (pubblica sicurezza, difesa, soccorso, servizi sanitari urgenti) continuano, anche se spesso con personale che lavora senza stipendio fino alla riapertura.

Ma molte operazioni quotidiane saranno sospese o rallentate:

  • Istituti di ricerca, studi statistici, programmi ambientali e agenzie scientifiche ridurranno fortemente le attività, con gran parte del personale messo in “furlough”. Nel dipartimento della salute (HHS), ad esempio, il 41 % dei dipendenti rischia la sospensione.
  • I parchi nazionali chiuderanno strutture con personale, ma aree ad accesso libero come sentieri rimarranno teoricamente accessibili — anche se senza manutenzione o sorveglianza.
  • Le agenzie coinvolte nella sicurezza aerea (FAA) e i controlli sui voli avranno personale ridotto: questo può comportare ritardi, rinvii di ispezioni e una pressione maggiore sulle infrastrutture aeronautiche.
  • Molti dipendenti federali del settore non essenziale verranno messi in congedo forzato (furloughed): si stima che circa 750.000 funzionari potrebbero restare a casa ogni giorno di shutdown.
  • Alcuni dipendenti, anche in settori non essenziali, potrebbero essere costretti a continuare a lavorare in vista di licenziamenti permanenti — una pratica eccezionale destinata a suscitare cause legali da parte dei sindacati.
  • – Alcune agenzie finanziate in via indipendente (non legate agli stanziamenti annuali del Congresso) possono continuare l’attività. Un esempio è il Consumer Financial Protection Bureau (CFPB), che ha annunciato che opererà come al solito.
  • I pagamenti fissi come la Social Security e le pensioni federali non dovrebbero essere interrotti, poiché sono finanziati da fondi separati che non dipendono dalle misure annuali del Congresso.

Impatto sui lavoratori  e sulle famiglie

Il blocco mette a rischio centinaia di migliaia di famiglie che dipendono dallo stipendio federale. Anche se la legge stabilisce che i dipendenti sospesi riceveranno retroattivamente il pagamento, la mancanza di liquidità nell’immediato può generare difficoltà economiche gravi — in particolare per chi già arranca.

I sindacati hanno reagito con forza, denunciando come illegittime le istruzioni dell’OMB di preparare licenziamenti permanenti in epoca di shutdown. La American Federation of Government Employees e la AFSCME (per gli Stati e i governi locali) hanno già intentato cause federali contro l’OMB e l’Office of Personnel Management (OPM).

I mercati finanziari hanno risposto con nervosismo. I futures sui titoli americani sono scesi, le materie prime rifugio (oro, Treasury bonds) hanno guadagnato terreno, e gli investitori sono cauti sulla capacità del governo di rilasciare dati macroeconomici essenziali come il rapporto sull’occupazione di settembre.

Il costo stimato del blocco — solo per il mancato compenso dei dipendenti — si aggira attorno a 400 milioni di dollari al giorno.

Un prolungamento della crisi potrebbe avere un effetto recessivo, peggiorando la fiducia dei consumatori e ostacolando gli investimenti privati. Alcuni analisti avvertono che il danno economico supererebbe quello dei shutdown precedenti, proprio per l’aumento delle poste in gioco.

Lo shutdown è una mossa politica rischiosa. Il Partito Repubblicano, pur controllando il Congresso, non ha i numeri sufficienti nel Senato per approvare misure di spesa senza un supporto moderato o bipartisan. Questo paradosso rende la platea delle trattative più instabile.

Politicamente, Trump e il GOP rischiano di pagare una notevole battuta d’arresto sull’opinione pubblica: i sondaggi indicano che circa il 65 % degli americani si oppone a uno shutdown.

In risposta alle mosse aggressive del governo, i Democratici hanno denunciato comportamenti fuori norma, incluso un messaggio partigiano apparso sul sito ufficiale del Dipartimento dell’Edilizia abitativa (HUD), che accusava i Democratici di voler “chiudere il governo” con una grande manovra da 1,5 trilioni di dollari. Questo è stato definito un grave abuso dell’Hatch Act (legge che regola la neutralità politica delle agenzie federali).

I precedenti delle sfide di Trump

Questo è il terzo shutdown nella presidenza di Trump e il primo dal lungo blocco di fine 2018-inizio 2019 che aveva raggiunto i 35 giorni — il più esteso nella storia americana moderna.

Quella crisi passata era nata da uno scontro sul muro col Messico e i fondi per la costruzione del confine. Alla fine, Trump aveva ceduto su alcuni punti, ma aveva ottentuo una vittoria simbolica nel tenere ferma la sua piattaforma.

Oggi, la posta in gioco è ancor più alta: le ambizioni di rimodellare l’amministrazione federale, di impiego dei poteri esecutivi (via il dipartimento della Difesa, creazione del “Dipartimento della Guerra”), e un’agenda aggressiva sui tagli, la deregulation e la revisione dei programmi sociali sono chiaramente in conflitto con una parte del Congresso e con la cultura istituzionale del governo federale.

Un precedente recente — e oggi evocato da osservatori — è la creazione nel 2025 del controverso “Progetto 2025”, un piano elaborato da think tank conservatori per rafforzare il potere esecutivo, ridurre la burocrazia federale e azzerare programmi “non essenziali”. Alcuni discorsi di Trump nei comizi riportano frasi ed elementi ispirati a quel progetto.

Un fatto nuovo e clamoroso, emerso nelle ultime ore, è la diffusione di un video generato da intelligenza artificiale pubblicato da Trump su Truth Social: nel video venivano mostrati leader democratici — fra cui Chuck Schumer e Hakeem Jeffries — con frasi diffamatorie e stereotipi etnici, accompagnati da musica mariachi. Il video è stato interpretato come una provocazione estrema e ha suscitato dure reazioni bipartisan.

Infine, va segnalata un’altra iniziativa assai controversa: la recente federalizzazione delle forze dell’ordine a Washington D.C., con il tentativo dell’amministrazione di assumere il controllo diretto della polizia locale, suscitando resistenza legale e istituzionale.

Il governo federale degli Stati Uniti è ufficialmente in stallo, con una crisi che unisce dimensioni istituzionali, economiche, politiche e personali. La posta non riguarda soltanto la gestione quotidiana dello Stato, ma la natura stessa del potere federale e il ruolo del presidente in un sistema costruito su pesi e contrappesi.

Donald Trump e il suo entourage hanno deciso di premere sull’acceleratore, trasformando una crisi di bilancio in uno strumento politico. I Democratici rispondono con resistenza esasperata e mobilitazione pubblica. In mezzo, milioni di americani rischiano di subire le conseguenze più immediate: perdite di stipendio, ritardi nei servizi, incertezza.

Il vero nodo sarà questo: la durata dello shutdown — pochi giorni, settimane o mesi — e l’equilibrio di forza che si verrà a creare. Nel frattempo, il sistema istituzionale resta sospeso, in attesa di un compromesso impronunciabile per entrambi.

1 Ottobre 2025
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