Tether punta a 500 miliardi e Devasini diventa tra i più ricchi del mondo

Milano, 29 settembre 2025 — In un mondo finanziario che sembra ogni giorno più fluido, una notizia ha attirato l’attenzione: l’azienda dietro la stablecoin più scambiata, Tether, starebbe valutando un aumento di capitale che potrebbe fissare il suo valore a circa 500 miliardi di dollari. Se così fosse, il suo presidente – Giancarlo Devasini – potrebbe scalare le classifiche mondiali della ricchezza, affiancando giganti dell’high tech, della finanza tradizionale o dell’energia.
Questa prospettiva, resa nota nei giorni scorsi, non è soltanto un titolo da prima pagina per il mondo crypto: è un punto d’incontro tra finanza decentralizzata, leadership aziendale e domande cruciali su trasparenza, potere e futuro dell’economia digitale.
La notizia che Tether, nota per aver emesso la stablecoin USDT, stia cercando finanziamenti per circa 15-20 miliardi di dollari è stata riportata da testate internazionali come Bloomberg e Reuters. Nei piani della società – attualmente privata – rientrerebbe la vendita di circa il 3% del capitale, per valorizzare l’azienda intorno ai 500 miliardi.
Il valore in gioco è enorme: se l’operazione dovesse riuscire secondo questi parametri, Tether si piazzerebbe in una dimensione paragonabile a quella di compagnie private del calibro di SpaceX o OpenAI.
Nel frattempo, la società ha già nominato un nuovo Chief Business Officer, Benjamin Habbel, ex dirigente Google e Limestone Capital, incaricato di coordinare strategie di crescita e diversificazione.
Queste mosse – sia sul fronte del capitale sia su quello della struttura manageriale – indicano che Tether non intende limitarsi a restare un semplice emettitore di stablecoin: punta a diventare un “colosso tecnologico-finanziario” con interessi che spaziano in vari settori.
Chi è Devasini e perché il suo nome compare ora
L’idea che il presidente di Tether possa scalare posizioni nell’élite mondiale della ricchezza nasce da come è articolata la proprietà dell’azienda. Il nome di Giancarlo Devasini è spesso associato a Tether come figura chiave della sua governance: egli è associato – pubblicamente e nelle analisi – come proprietario o socio di rilievo.
Se l’azienda fosse valutata 500 miliardi e Devasini mantenesse una partecipazione significativa, la sua quota – anche se minoritaria – potrebbe tradursi in centinaia di miliardi in valore patrimoniale teorico. In campo privato, tali cifre non si riflettono allo stesso modo nei ranking pubblici della ricchezza, ma potrebbero inserire il suo nome tra quelli che contano.
Non è solo Devasini: anche altri dirigenti di Tether – come l’attuale CEO Paolo Ardoino, l’ex CEO Jean-Louis van der Velde e il general counsel Stuart Hoegner – sono apparsi recentemente nelle liste Forbes legate al mondo crypto.
Tuttavia, l’attenzione su Devasini è amplificata dal fatto che il mercato già specula su quale potrebbe essere il valore della quota di un presidente in una società così vasta.
Tether: da stablecoin a impero finanziario
Per comprendere la portata della mossa, serve guardare prima al ruolo che Tether ricopre nel panorama delle criptovalute. USDT, la stablecoin emessa da Tether, è collegata al dollaro statunitense nella maggior parte dei casi e viene utilizzata come mezzo ponte tra monete fiat e criptovalute volatili.
Attualmente, USDT è una delle criptovalute con il maggior volume di trading e una delle più utilizzate nei mercati crypto per scambi, liquidità e trasferimento tra piattaforme.
Nel corso degli anni, Tether ha affrontato critiche, regolamentazioni e conflitti legali sul tema della trasparenza delle riserve che avrebbero dovuto supportare la stablecoin. Nel 2021, ad esempio, l’azienda pagò una multa di 41 milioni di dollari a autorità statunitensi per presunte dichiarazioni fuorvianti relative alle riserve.
Ma negli ultimi anni la società ha registrato profitti considerevoli, grazie anche agli interessi generati dagli asset (come titoli del Tesoro USA) in cui vengono investite le riserve. Alcune stime parlano di guadagni nell’ordine di decine di miliardi.
Con queste basi, Tether si propone ora non solo di mantenere la supremazia nel settore delle stablecoin, ma di allargare il proprio raggio d’azione verso nuovi settori: intelligenza artificiale, energia, produzioni digitali e oltre.
I numeri dietro l’operazione
Alcuni dati chiave che aiutano a valutare la portata dell’operazione:
La capitalizzazione di mercato di USDT oggi si aggira tra i 150 e i 170 miliardi di dollari, secondo dati aggiornati (per es. CoinGecko, CoinMarketCap).
L’operazione prevista punta a raccogliere 15–20 miliardi di dollari cedendo una quota del 3%, il che implica una valutazione post-money di circa 500 miliardi.
Le stime di profitto di Tether negli ultimi anni – anche grazie agli interessi sulle riserve – sono state molto elevate, rendendo credibile una valorizzazione così ambiziosa.
È importante notare che i numeri citati sono stime e negoziazioni in corso: nulla è ancora definitivo.
Regolamentazione e rischi legali
Tether ha già dovuto affrontare questioni legali legate a riserve, audit e trasparenza. Le autorità statunitensi e i regolatori finanziari internazionali sono da tempo attenti a modelli come quelli delle stablecoin, per via del potenziale impatto su moneta fiat e stabilità finanziaria.
Una valutazione di 500 miliardi porterebbe Tether sotto i riflettori anche più intensamente: audit, requisiti di disclosure e requisiti prudenziali potrebbero diventare inevitabili.
IPO sì, IPO no
Tra le speculazioni c’era quella di un possibile collocamento in borsa. Ma finora Paolo Ardoino ha dichiarato che non vi è bisogno di una IPO: l’azienda preferisce restare privata e concentrarsi su crescita interna e nuovi progetti.
Questo approccio riflette una filosofia che privilegia controllo discreto, flessibilità e minore esposizione pubblica.
Rischio di “troppo grande per fallire”
Con una valutazione così elevata, Tether rischia di diventare un attore “too big to fail” nell’ecosistema crypto. Un malfunzionamento, una crisi di fiducia o un audit avverso potrebbero avere impatti significativi sul mercato delle criptovalute nel suo complesso.
C’è anche chi interpreta l’annuncio come parte di una strategia di marketing, volta a consolidare la percezione di Tether come colosso in crescita. Spostare l’attenzione su cifre altissime può servirsi a circondare di aura la società e attirare investitori istituzionali.
Paolo Ardoino: il volto pubblico di Tether
Se Devasini è il nome dietro, Paolo Ardoino è il volto pubblico di Tether. Italiano di nascita (classe 1984), Ardoino ha studiato all’Università di Genova e ha iniziato da programmatore prima di entrare nell’universo crypto.
Per anni è stato CTO di Tether e della piattaforma sorella Bitfinex, fino a diventare CEO a partire da dicembre 2023, assumendo così il doppio incarico tecnico/strategico.
Secondo alcune stime, Ardoino possiederebbe circa il 20% della società, il che gli conferirebbe una quota patrimoniale stimabile in decine di miliardi se la valutazione da 500 fosse confermata.
Ardoino è noto per la sua presenza mediatica: intervistato frequentemente dai media crypto e finanziari, parla spesso di visione futura, diversificazione e cultura del valore.
Il suo ruolo è essenziale per “umanizzare” una struttura che altrimenti rischierebbe di restare in ombra. La sua strategia parla di diversificazione, investimenti in AI, infrastrutture tecniche e progetti “2025 e oltre”.
Le trasformazioni recenti
Tether non è sempre stato percepito come colosso trasparente e credibile. La sua storia è costellata di momenti difficili:
Nel periodo 2016–2018 l’azienda è stata accusata di operare con riserve non sempre sufficienti a coprire l’emissione di USDT. La CFTC ha stimato che solo in circa il 27,6% dei giorni coperti da un’indagine Tether avesse riserve “complete” rispetto all’emissione.
La società è stata multata nel 2021 per dichiarazioni fuorvianti sui bilanci delle riserve.
Le critiche erano soprattutto concentrate sulla trasparenza: gli atti di audit indipendenti erano scarsi, le attestazioni delle riserve a cadenza trimestrale erano giudicate insufficienti da molti osservatori.
Negli ultimi anni, sotto la guida di Ardoino e con pressioni normative crescenti, Tether ha cercato di migliorare la propria immagine: annunci di maggiore trasparenza, partnership con enti di compliance e un approccio più aperto ai media.
Ma il bilancio tra reputazione passata e promessa futura resta oggetto di scrutinio. Per raggiungere la fiducia necessaria a sostenere una valutazione da 500 miliardi, l’azienda dovrà dimostrare concretezza, governance rigorosa e solidità operativa.
Evoluzione del concetto di stakeholder
La distinzione tra azienda crypto “riservata” e attore finanziario tradizionale si assottiglierà. Tether potrebbe essere considerata più come un’attività finanziaria ibrida che come società blockchain pura.
L’annuncio che Tether ambisca a una valutazione da 500 miliardi e che il suo presidente possa diventare uno dei grandi della ricchezza mondiale è, allo stesso tempo, affascinante e carico di incognite. Non è un sogno irresponsabile, ma una sfida ambiziosa: richiede che le fondamenta siano solide, che la credibilità venga conquistata e che l’azienda si dimostri all’altezza della dimensione che aspira a occupare.
.
© RIPRODUZIONE RISERVATA