5:56 pm, 29 Settembre 25 calendario

Il voto delle Regioni come termometro politico

Di: Redazione Metrotoday
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Il 28 e 29 settembre 2025 l’Italia ha assistito alla prima tornata delle elezioni regionali che coinvolgono alcune regioni chiave (tra cui le Marche e la Valle d’Aosta). Il test elettorale riveste un’importanza strategica non solo per il governo locale ma anche come cartina di tornasole dello scenario politico nazionale. In un clima denso di tensioni, di rimandi ideologici e di alleanze mutevoli, questi risultati possono anticipare dove stia volgendo lo “stato dell’arte” del potere territoriale e del quadro politico italiano.

Marche e Valle d’Aosta

Marche: conferma per Acquaroli, affluenza in calo

Nella regione delle Marche, il presidente uscente Francesco Acquaroli (schierato con il centrodestra, e in particolare con Fratelli d’Italia) è stato riconfermato con oltre il 50 % dei voti, imponendosi sulla candidatura del centrosinistra Matteo Ricci (che ha ottenuto circa il 45 %).

I dati definitivi indicano:

Acquaroli: 52,31 %

Ricci: 44,56 %

Virgilio.it

È emerso un margine netto che, seppure atteso dai sondaggi, era inizialmente insidiato dal testa a testa.

Nel contempo, l’affluenza alle urne ha segnato una voce negativa: circa il 50,01 % dell’elettorato ha partecipato, in calo di quasi 10 punti rispetto al 2020 (quando l’affluenza era stata 59,7 %).

Matteo Ricci, al termine dello scrutinio, ha ammesso la disfatta, definendo la competizione «impari»: «La destra ha messo in campo più risorse e potere», ha dichiarato, aggiungendo di aver contattato Acquaroli per congratularsi.

Valle d’Aosta: i “localisti” vincono, ma senza una maggioranza netta

In Valle d’Aosta, regione con statuto speciale, la tornata elettorale ha registrato un “ritorno alle radici” autonomiste. Ha prevalso l’Union Valdôtaine, con circa 31,97 % dei voti, raddoppiando la sua performance del 2020, seguita dalla coalizione di centrodestra (al 29,42 %).

Il Partito Democratico si è fermato attorno all’8 % e il movimento AVS al 6,32 %.

Va però evidenziato che nessuna forza politica sembra aver superato da sola la soglia per una maggioranza autonoma: l’alleanza con altri movimenti regionali diventa dunque imprescindibile per la formazione della giunta.

L’affluenza in Valle d’Aosta, pur con modalità diverse (essendo regione a statuto speciale e con modalità elettorali differenti), ha registrato valori relativamente più alti rispetto alla media nazionale ma restando comunque all’interno del trend di mobilitazione basso.

Cosa dicono i vincitori e i vinti

Il trionfo simbolico del centrodestra

Per il governo guidato da Giorgia Meloni, la conferma nelle Marche rappresenta un “bollino di fiducia” territoriale. L’elezione in una regione ex “rossa”, che col tempo si è spostata nell’area strategica del “rosso-blu”, assume valore simbolico: suggerisce che la penetrazione del centrodestra continua anche in territori un tempo appannaggio della sinistra.

In particolare, Fratelli d’Italia cresce come punto di riferimento nella coalizione: secondo le proiezioni SWG, il partito avrebbe raggiunto il 24,1 % su scala regionale.

Al contempo, la Lega appare in difficoltà: il dato circolato è dell’8,7 %, in flessione rispetto alle precedenti elezioni regionali.

Forza Italia ha mostrato performance positive (intorno al 9 %) che confermano il suo ruolo nel “centro moderato” della coalizione

Le recriminazioni del centrosinistra

Per il centrosinistra, la débâcle nelle Marche è un brusco stop alle aspettative: la sinistra contava di poter strappare quella regione come segnale di rilancio nazionale. Ma l’azione è risultata frammentata, e la sinistra locale ha denunciato i presunti “squilibri” nella competizione.

Ricci ha lamentato che per ogni manifesto dei dem ve ne fossero dieci del centrodestra, e che l’uso del potere locale e delle risorse fosse sbilanciato.

Si profilano quindi riflessioni interne riguardo alle strategie, all’organizzazione sul territorio e alla capacità di costruire coalizioni più coerenti e attrattive.

Le sfide valdostane: autonomie, alleanze e identità locale

La vittoria autonomista in Valle d’Aosta segna una battuta d’arresto alla pressione nazionale del centrodestra, ma anche una sfida per l’Union Valdôtaine: dovrà stringere alleanze e trovare un equilibrio fra rappresentanza locale e relazioni con Roma.

In un contesto fragile, ogni intesa diventerà cruciale: sia verso il centrodestra nazionale (se si vuole condividere qualche sinergia) sia con soggetti locali e “progressisti” che cercano di non essere esclusi.

L’assetto che emergerà nella giunta regionale sarà indicativo del peso politico delle forze autonomiste in rapporto alle grandi coalizioni nazionali.

Elezioni regionali come anteprima delle politiche

Il voto del 2025 non si esaurisce con le Marche e la Valle d’Aosta: le prossime regioni al voto includono Calabria (5–6 ottobre), Toscana (12–13 ottobre), Campania, Puglia e Veneto (entro il 23 novembre).

In Calabria, il presidente uscente Roberto Occhiuto ha rassegnato le dimissioni in luglio dopo la sua iscrizione nel registro degli indagati per presunte vicende di corruzione; nonostante questo, ha annunciato la ricandidatura, generando un clima di controversia.

In Toscana, tradizionale roccaforte della sinistra, si preannuncia una battaglia serrata contro la crescita del centrodestra nei capoluoghi e nei territori rurali.

In Veneto, la fine del ciclo di Luca Zaia (tre mandati consecutivi) introduce un’incognita nel centrodestra: chi riuscirà a catturare il consenso che Zaia aveva consolidato?

I risultati che emergeranno da queste regioni saranno osservati con attenzione, poiché potranno indicare in quale direzione stia virando il corpo elettorale nazionale. Se il centrodestra manterrà o allargherà il suo dominio territoriale, le politiche 2027 potranno partire da una base molto più solida.

Il richiamo alle politiche 2027

Non è un caso che molti analisti guardino a queste regionali come a un prologo delle politiche nazionali di fine legislatura. Le vittorie locali consentono di consolidare strutture elettorali, candidature e narrative che possono essere trasferite alle urne parlamentari.

Il governo nazionale, guidato da Meloni, ha in queste elezioni un banco di prova: confermare e ampliare la propria presa territoriale consente di rafforzare l’egemonia politica, di ottenere consensi dal territorio e di consolidare amministrazioni alleate che possano fare da “retroterra” per le politiche del domani.

Al contrario, una contrazione anche minima in regioni tradizionalmente “rosse” o moderate sarebbe interpretata come un segnale di rallentamento, da parte degli oppositori.

Astensionismo e disincanto politico

Uno dei dati più inquietanti è il calo dell’affluenza: se le Marche segnano un -10 punti percentuali rispetto al 2020, in altre regioni non è da escludere un trend simile. Questo indica una scorza di disaffezione, una delegittimazione percepita del sistema politico o una saturazione per troppe tornate elettorali ravvicinate.

Il fenomeno dell’astensionismo costituisce una variabile critica: se i segmenti più “mobilizzabili” dell’elettorato si attivano in massa, possono determinare scostamenti significativi rispetto ai sondaggi. Ma se la partecipazione resta bassa, le coalizioni più radicate e più capaci di attivare i propri elettori avranno un vantaggio strutturale.

Le Marche: da “rossa” a “rossa-blu”

Storicamente le Marche erano considerate una zona tradizionalmente favorevole alle forze di sinistra e al Partito Comunista, e successivamente al Partito Democratico. Nel corso degli anni, tuttavia, i mutamenti socio-economici, la progressiva diminuzione del peso industriale, la crisi delle identità partigiane e la diffusione di nuovi temi (sicurezza, immigrazione, infrastrutture) hanno modificato il profilo elettorale.

Il centrodestra aveva già conquistato la regione nel 2020 con Acquaroli, e oggi consolida quella virata. Il dato odierno conferma che quel movimento non è episodico ma strutturale.

Valle d’Aosta: autonomia come bandiera

La Valle d’Aosta ha sempre avuto una connotazione politica peculiare, dove le identità linguistiche, montane e transfrontaliere si intrecciano con le ideologie nazionali. L’Union Valdôtaine è sin dagli esordi espressione di quel radicamento locale e della vocazione autonomista.

Negli anni recenti, la pressione dei partiti nazionali e l’“invasione” del centrodestra avevano messo in crisi l’egemonia autonomista. Oggi, l’affermazione dell’UV può essere letta come reazione culturale e strategica: riaffermazione dell’autonomia locale contro le spinte identitarie nazionali.

In quasi tutte le regioni italiane, il gioco delle coalizioni è diventato cruciale. Le alleanze non sono più semplici “contenitori di partiti”, ma strutture tattiche che devono mediare identità locali, candidati civici, visibilità nazionale e richieste territoriali.

Questo spiega perché in molte regioni le alleanze divergenti, i candidati “terzi” e le liste civiche possano spostare gli equilibri. Dove le coalizioni sono solide e ben strutturate, i partiti nazionali riescono a imporre discipline e linee. Dove invece le coalizioni sono frammentate, il risultato può essere molto più incerto.

Saranno strategiche le elezioni di Calabria e Toscana, non solo per il peso demografico ma anche per l’impatto simbolico. La capacità dei partiti nazionali di imporre candidati vincenti o di collaborare con espressioni locali determinerà il ritmo della campagna elettorale successiva.

Dentro il centrodestra, FdI mira a consolidarsi come partito egemone nelle coalizioni; Forza Italia, pur in calo in alcune regioni, giocherà il ruolo di ago della bilancia (in particolare nelle aree moderati). La Lega deve ricostruirsi rispetto alle flessioni.

Nel centrosinistra, emerge l’esigenza di un rilancio organico: superare la frammentazione, creare infrastrutture territoriali più robuste e farsi carico di candidati con identità e visibilità locale.

Le forze emergenti

Non va sottovalutato il potere delle liste civiche, dei movimenti locali e delle candidature autonome che intendono aggirare i vincoli dei partiti nazionali. In zone in cui il voto tradizionale si sfalda, queste formazioni possono cogliere l’opportunità dell’incertezza.

In territori “borderline”, dove la polarizzazione è più acuta, le forze intermedie possono decidere l’esito di una campagna.

I risultati regionali fungeranno da laboratorio per testare leadership emergenti, strategie comunicative, alleanze operative e “sovrapposizione” tra elettorato locale e nazionale. Le formazioni che sapranno capitalizzare le vittorie territoriali collegandole a una narrativa nazionale coerente entreranno meglio posizionate nella competizione parlamentare.

Questo, unito al trend di partecipazione e alla capacità di riconquistare i cittadini disaffezionati, potrà fare la differenza tra una semplice conferma di potere e una riformulazione del ciclo politico italiano.

Le elezioni regionali hanno già consegnato un primo quadro dai contorni chiari: la conferma del centrodestra nelle Marche, l’affermazione autonomista in Valle d’Aosta, il tema dell’astensionismo e la pressione sui prossimi scrutini regionali. Ma più che in un trionfo scontato, siamo in una fase di confronto aperto: tra identità nazionali e regionali, tra leadership consolidate e renitenti, tra strategie locali e ambizioni nazionali.

29 Settembre 2025
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